Politica. No al ddl Cirinnà: appunti minimi per orientarsi nel dibattito sulle unioni civili

RLDWhi6QRisultati contraddittori sul piano logico e poveri sul piano sostanziale, che denunciano l’incapacità di affrontare il tema sistematicamente: nel dibattito sul ddl Cirinnà si sceglie di mescolare e porre sullo stesso piano concetti differenti, invece di distinguere e approfondire.

Il corpo è mio

Chi parla del diritto alle unioni civili omosessuali invoca libertà e autodeterminazione, domandando retoricamente: “che male fa agli altri?” o “quale diritto altrui lede?”.
Queste argomentazioni si basano così sulla libertà individuale di disporre del proprio corpo e di resistere alle interferenze altrui. Ma coloro che muovono da questo assunto, come possono domandare contemporaneamente quella disposizione del “corpo degli altri” che di fatto comportano la fecondazione eterologa e l’adozione da parte di coppie omosessuali?

Il corpo altrui in affitto

La fecondazione eterologa questo è: disporre del corpo altrui. Anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo nel riconoscere come “legittima” la fecondazione eterologa, ammette tuttavia che esistono enormi rischi quanto allo sfruttamento economico che ne potrebbe derivare. Corpo degli altri è anche quello del figlio nato con una doppia identità, biologica e anagrafica. Uno sdoppiamento da non confondere, come qualcuno fa artatamente, con quello seguente all’adozione: un istituto diretto a bambini già esistenti, non ai nascituri. Ancora, quanti da un lato invocano l’argomento dell’egoismo nel negare le adozioni agli omosessuali, dall’altro lato sono spesso favorevoli a fecondazione eterologa e utero in affitto: ma non sarebbero anche questi episodi di egoismo a scapito degli orfani? Si confondono piani differenti per fini strumentali.

Il corpo altrui adottato

L’istituto dell’adozione nasce per garantire il maggiore e pieno sviluppo al minore orfano. La legge prevede canoni rigidi per ridurre ogni possibile rischio in capo al minore. Si pensa quindi male delle coppie omosessuali? Aggiungiamo noi: forse che la legge pensa male dei single? No, ma neppure a loro è concesso di adottare dei bambini. Dire no all’adozione per le coppie omosessuali non significa  automaticamente dire che le coppie eterosessuali vadano sempre bene in quanto tali, e viceversa: significa invece riconoscere la delicatezza dell’adozione, introducendo dei criteri necessari, ma non sufficienti. La degenerazione retorica arriva invece alla demonizzazione della famiglia “tradizionale”, con l’elenco di episodi spiacevoli che accadono in seno alle famiglie eterosessuali. Come a dire: le famiglie tradizionali sono un inferno e quindi non sono meglio di quanto sarebbero le famiglie omosessuali. Anche qui, confondendo piani differenti per fini strumentali.

Capire è distinguere

Il tentativo di equiparare eccezione e norma, per intendere comune ciò che tale non è,
è un’operazione che dovrebbe offendere anzitutto gli omosessuali, a favore dei quali è invece spesso condotto. L’unico modo ragionevole di affrontare le questioni è quello della critica, vale a dire del discernimento e della distinzione. Equiparare due situazioni oggettivamente differenti, soprattutto in tema di diritti, significa non tutelarne correttamente una o entrambe. Riconoscere le cose per quello che sono, dunque distinguerle e differenziarle, è invece l’unico modo serio di rispettare le peculiarità in quanto tali. Accomunare tutto è superficialità e barbarie. Impariamolo, soprattutto per orientarci nello sterile e ideologico dibattito pubblico italiano.

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Andrea Tremaglia

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