C’è chi dice “no” al ‘governissimo’ (Rodotà Il Fatto e Vendola) e chi dice “ni” (Meloni a Renzi)

vendola rodotaC’è chi dice no. Nel frastuono di plausi e peana che da ieri si alzano verso il “nuovo” capo dello Stato è difficile sentirli. Eppure, da posizioni diverse, con angolature non proprio armoniose e del tutto coerenti, un’opposizione all’opzione imposta da Giorgio Napolitano c’è.  Nemmeno se dovesse essere proprio Matteo Renzi – campione di nuovismo, e leader di fatto (perché unico) di ciò che è rimasto del Pd – l’incaricato di guidare questo governo di “salvezza nazionale” si piegherebbero.

Chi sono? A guidare il fronte del “no” è Stefano Rodotà, il grande sconfitto da Napolitano: «No a governo di larghe intese: è vittoria di Berlusconi». Secondo Rodotà non è possibile «mettere fra parentesi il fatto che la larga intesa si fa con il responsabile dello sfascio e della regressione culturale e politica di questo paese». Per il giurista, insomma, non basterebbe neppure l’investitura del giovane rottamatore per ripulire l’immagine dell’inciucio. Seguono, ovviamente, i grilliniPaolo Becchi, considerato l’ideologo del movimento, invita i parlamentari 5 Stelle a tenere la barra dritta e non andare nemmeno alle consultazioni: «È tutta una farsa,  non ha senso andare alle consultazioni – ha scritto in un tweet – per consultare cosa poi se hanno gia deciso». E poi chiude in bellezza: «Parliamo con Rodotà e lasciamo Napolitano al suo inciucio storico. È il M5S la nuova Resistenza».

Ma anche nel centrosinistra c’è chi non accetta l’ipotesi Napolitano, nemmeno se dovesse tirare fuori dal cilindro Renzi. Nichi Vendola ha spiegato infatti che Sel non voterà la fiducia a nessun governissimo, a nessun esecutivo «che veda la presenza del blocco berlusconiano al proprio interno». A dare man forte a questo nuovo fronte grillino-vendoliano è arrivato anche il Fatto Quotidiano che con il suo direttore Antonio Padellaro ha scritto a caratteri cubitali «diciamo no e non saremo soli».

Se c’è chi dice no, c’è poi chi dice “ni”. Nel senso che, se dovessero essere larghe intese, anche la destra, dopo anni, tornerà all’opposizione. Lo ha spiegato Giorgia Meloni dicendo che non si possono mettere insieme «persone e storie molto diverse tra loro», perché così «si rischia l’eterno compromesso al ribasso». Ma se dovesse essere Matteo Renzi a guidare il prossimo governo le cose potrebbero essere diverse dato che si realizzerebbe quel «salto generazionale» che potrebbe significare l’inizio di un governo di cambiamento.

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