Grecia. Campi di prigionia per cittadini evasori fiscali: Atene come la Londra di Dickens

Greece RiotsLa notizia rimbalzava in rete già da un paio di giorni, ma visto l’alto tasso di bufale circolanti sul web pochi ci hanno fatto caso, anche perché distratti dalla tele-novela presidenziale. Poi, oggi, ecco che viene ripresa e pubblicata dal sito internet del Corriere della Sera.

Nella martoriata Grecia, divenuta ormai una colonia di Bruxelles e soprattutto un laboratorio per le più ciniche manovre della speculazione internazionale (leggasi trojka Bce-Ue-Fmi), il governo Samaras ha approntato una legge, entrata in vigore a febbraio, che sancisce il carcere per gli evasori fiscali. Bene, verrebbe da dire. Così magari mettono i galera gli armatori e i finanzieri senza scrupoli, che da mesi portano via i capitali da Atene e non pagano milioni di euro alle esangui casse statali elleniche. Poi, leggendo più attentamente, si scopre che finiranno dietro le sbarre non i grandi evasori (quelli chissà se li prenderanno mai…), bensì gli «insolventi», cioè coloro che non riusciranno a pagare tasse, bollette, multe.

Infatti basterà un debito con lo Stato di 5 mila euro per finire in una specie di campo di concentramento che le autorità greche stanno allestendo a poca distanza da Atene. «Per non mettere i debitori a contatto con i delinquenti comuni», dice – bontà sua – il viceministro della Giustizia Kostas Karagkounis. Sei mesi per 5 mila euro di debito, un anno per 10 mila euro e così via: man mano che aumenta il debito con il fisco ellenico crescono anche i mesi da trascorrere al fresco.

In un Paese in cui – a leggere le cronache che ormai raramente arrivano sui giornali italiani (evidentemente la Grecia non va più di moda) – sempre più cittadini non ce la fanno a pagare le bollette di luce e gas e la disoccupazione è ormai a livelli di guardia, è facile immaginare che ci saranno vere e proprie retate. Qualcuno crede che sia più che altro una provocazione e una maniera per terrorizzare i cittadini, spingendoli a pagare. Ma settimana scorsa Karagkounis ha confermato davanti al Parlamento che il progetto andrà avanti.

Se la minaccia verrà attuata si potrà dire a tutti gli effetti che uno dei Paesi dell’Europa unita, peraltro universalmente riconosciuto come culla della nostra civiltà, verrà proiettato indietro di due secoli e Atene diventerà come la Londra ottocentesca, miserabile e affamata, descritta nei romanzi di Charles Dickens. La Londra in cui i debitori (anche di poche sterline) finivano nel famigerato carcere di Marshalsea fino a quando non avessero restituito il debito. Una carcerazione che poteva anche durare molti anni, visto che in galera non potevano lavorare ed erano anzi costretti a pagarsi il vitto.

«Con grande magnanimità, tuttavia, la prigione di Marshalsea offriva un regime particolare: i reclusi potevano ospitarvi le proprie famiglie e, per chi poteva permetterselo, anche servizi di ristorazione, un emporio per acquisti e altri benefit fuori standard», ha scritto lo scorso anno Miro Renzaglia sul settimanale Gli Altri. «Addirittura, i più facoltosi potevano lasciare il carcere di giorno per dedicarsi alle proprie attività, e rientrarvi a sera per scontarvi la pena (una specie di semilibertà ante litteram). Gli altri e, come appare evidente, soprattutto i debitori, erano lasciati letteralmente marcire in celle sopraffollate, in condizioni disumane, ai limiti della sopravvivenza e, spessissimo, sotto questi limiti. Tanto che alcune fonti parlano di centinaia di detenuti morti letteralmente di fame. Ciò, fino all’anno 1842, quando il carcere fu chiuso e il reato di debito penalizzato altrimenti dalla detenzione».

Dickens ne parlò diffusamente nel romanzo La piccola Dorritt, pubblicato nel 1848. E sapeva molto bene di cosa scriveva, perché suo padre John era finito a Marshalsea per un debito di 40 sterline e 10 scellini, tra il febbraio e il maggio del 1828. Chiunque abbia letto un romanzo di Dickens si sarà trovato a pensare: «Wow, per fortuna che quei tempi sono passati e che adesso tutti i cittadini godono di veri diritti civili, uguali per tutti!». Contrordine compagni, è l’Europa che ce lo chiede. E ora le magnifiche sorti e progressive del mondo bancario occidentale prevedono un salto nel passato di duecento anni. A quando il ripristino della pena di morte e i bambini impiegati nelle miniere?

Giorgio Ballario

Giorgio Ballario su Barbadillo.it

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