Dopo quasi due mesi di inseguimento inutile ai grillini – con tanto di insulti e dirette streaming poco edificanti – Bersani e i suoi decidono, nel corso di una drammatica assemblea, di virare la rotta di 180° e di proporre per il Quirinale il candidato più gradito al centrodestra all’interno di una rosa di cinque nomi, Franco Marini. Il cambio repentino di rotta non va giù a una bella fetta del partito, anche – ma non solo – per le modalità con cui è stata messa in opera. L’assemblea – e ancor di più ciò che accadeva fuori dall’assemblea – aveva fatto intuire ciò che sarebbe successo il giorno dopo in Parlamento, ma la realtà ha superato la fantasia: il centrodestra ha votato compatto Marini, mentre il centrosinistra si è spaccato con Vendola e i suoi che hanno votato per Rodotà e il Pd che si è rilevato pieno zeppo di franchi tiratori (alcuni dichiarati, vedi i “renziani”) per “ammazzare” la candidatura votata a maggioranza dall’assemblea della sera prima.
Lo schiaffone arriva duro, tocca correre ai ripari: basta inseguire Grillo e dunque no a Rodotà – altro candidato col dna di centrosinistra – basta inseguire Berlusconi, nonostante Marini sia uno dei fondatori del Pd; meglio fare un nome che compatti il partito: Romano Prodi, l’uomo dell’Ulivo, dell’Unione e che ha dato i natali al Partito Democratico. Scelta approvata per acclamazione in assemblea e puntualmente impallinata nuovamente all’atto del voto segreto da circa 100 rappresentanti del partito di Bersani.
A quel punto, la coalizione maggioritaria non aveva più nomi possibili, li avrebbe bruciati tutti..Erano rimaste due sole alternative: convergere su Rodotà, in netto ritardo e comunque col rischio di bruciare anche lui e di aprire un nuovo fronte con Grillo e la sua comprovata inattendibilità come partner di un eventuale maggioranza; provare a convincere Napolitano a farsi rieleggere per mettere una toppa a questo enorme pasticcio. E’ andata in porto la seconda opzione, col paradosso che nel corso dell’ultima votazione abbiamo avuto un ballottaggio tra due comunisti storici e autentici – Napolitano e Rodotà – e un solo vero vincitore, l’anticomunista per definizione, colui che votò contro Napolitano 7 anni fa e che oggi può brindare a suon di sondaggi trionfanti di aver tritato il suo principale avversario politico: Silvio Berlusconi.
Risultato: oggi il Pdl è nettamente il primo partito nei sondaggi e il PD – per dirla à laBersani – è un “non partito”…