“Il Tribunale del Mare aveva riconosciuto ad agosto che il caso dei marò esulasse dalle competenze della giurisdizione indiana. L’Italia ha visto riconosciute le proprie ragioni. Siamo fiduciosi che anche il Tribunale internazionale dell’Aja le riconoscerà. Ci sono tutte le condizioni perché Girone possa presto riabbracciare la sua famiglia”: il leitmotiv è sempre lo stesso. Anche nell’ultima intervista del ministro della Difesa Roberta Pinotti a “Il Mattino” torna il ritornello dell’imminente risoluzione del caso dei marò e del rientro di Girone in patria. Tutto ruota intorno all’indeterminatezza del ricorrente aggettivo “presto”.
Con un vertenza aperta con l’India dal febbraio 2012, i premier Monti, Letta e Renzi, e i ministri che si sono succeduti alla Difesa e agli Esteri non hanno mai mancato di alimentare le speranze di una rapida e positiva conclusione della contesa. A pochi giorni da una serie di scadenze roventi – discussione da parte del Tribunale arbitrale de L’Aja della richiesta di misure cautelari per i militari italiani, udienza della Corte Suprema indiana del 13 gennaio e scadenza del permesso per cure mediche di Latorre il 16 gennaio – rileggere le dichiarazioni degli esponenti del governo Renzi sulla vicenda fotografa i minimi margini di manovra e i piccoli progressi raggiunti (l’internazionalizzazione prima davanti al Tribunale di Amburgo, ora a l’Aja).
Queste ultime feste natalizie, infine, hanno reso evidente la violazione dei diritti umani sofferta dai due militari italiani. Il fuciliere barese Salvatore Girone ha trascorso il terzo Natale di fila in India, raggiunto dalla moglie Vania e dai due figli: una piccola gioia che non può mitigare la concreta privazione che Salvatore patisce ogni giorno, vedendo annichilito il ruolo di padre nei confronti dei due bambini, in un delicato momento di crescita, e costretto a limitarsi a quotidiani dialoghi digitali. Sono feste amare anche per Latorre: il militare tarantino è alle prese con cure specialistiche e vive queste settimane con l’incertezza legata al suo permesso. Scade il 16 gennaio e nessuno può assicurargli che sarà rinnovato. (da Il Tempo)