Tabula rasa. La fine del Museo della Civiltà Romana

Da due anni Roma non ha più un museo della Civiltà Romana visto che i «lavori di adeguamento degli impianti» che hanno spinto gli ispettori a sprangarne le porte non sono ancora iniziati perché mai appaltati e ormai neanche più coperti da stanziamenti. Nulla trapela dalla Sovrintendenza circa la sorte di collezioni e archivi rinchiusi in un edificio che fa parte di un preziosissimo patrimonio immobiliare. Che fa gola a molti… Pubblichiamo un estratto dall’inchiesta di Emanuele Mastrangelo pubblicata sul mensile “Storia in Rete” n. 121-122 in edicola in questi giorni

Roma, famosa località marittima, avrà presto il suo acquario comunale. Pazienza se invece non ha più da due anni un museo della Civiltà Romana. Già, perché il Museo della Civiltà Romana dell’EUR è chiuso dal gennaio del 2014 per «lavori di messa a norma degli impianti». Una chiusura destinata a protrarsi alle calende greche: infatti la gara d’appalto lanciata il 31 marzo 2014 per 2 milioni 150 mila euro è impantanata a causa di svariati ricorsi al TAR. E così sono trascorsi già quasi due anni da quando il Museo, assieme al Planetario che al suo interno è ospite dal 2004, è sbarrato. E chissà quanti anni ancora passeranno prima che si possa prevedere la sua riapertura, visto che la gara d’appalto prevede una durata dei lavori di 480 giorni (oltre alla progettazione preliminare, non inclusa) a cui la Sovrintendenza ha aggiunto – in risposta il 26 maggio 2014 a un’interrogazione in Consiglio comunale – almeno altri sei mesi per il collaudo degli impianti e ancor più tempo (non quantificato) per le pratiche dei Vigili del Fuoco… Nel frattempo Roma non ha e continuerà a non avere più un suo museo della Civiltà Romana. […]

Il Museo affonda le sue radici nelle varie mostre della Romanità che si sono tenute durante le celebrazioni per il cinquantesimo dell’Unità […] Fin da principio il criterio della «ricostruzione del passato» era ben presente negli organizzatori, che impostarono le mostre della Romanità col criterio con cui in quegli anni si realizzavano le Esposizioni Universali. Solo che anziché mostrare le nazioni viventi se ne mostrava una scomparsa, attraverso la rievocazione e la ricostruzione di ciò che era andato distrutto coi secoli. Negli anni successivi, e in particolare sotto il Fascismo le raccolte delle mostre realizzate per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia furono ampliate e riordinate. […] Con la mostra per il Bimillenario di Augusto l’intera collezione viene costituita solo con copie, modellini, ricostruzioni. I pezzi originali vengono esclusi, poiché lo scopo dell’esposizione era didattica – «di studio» si diceva allora – non estetica, anche se la perfezione raggiunta dalle copie era tale che anche visitatori qualificatissimi sentivano timore di toccare quelle copie. Tuttavia l’intenzione di Giglioli non era realizzare semplici scenografie effimere da Cinecittà, ma un’installazione permanente.

L’articolo integrale è sul numero 121-122 di Storia in Rete

La mostra, in 12 mesi, venne visitata da oltre 700 mila persone – un record anche oggi – e il successo consentì a Giglioli di proporre a Mussolini la realizzazione della tanto agognata esposizione permanente della Civiltà Romana nel nuovo quartiere dell’E42. […] Poi, la guerra, la disfatta, l’EUR in rovina. Finalmente nel 1952 il Museo della Civiltà Romana aprì i battenti. Viene completato nel dopoguerra anche il pezzo forse più pregevole – e di sicuro il più famoso – del museo: il plastico di Roma al tempo di Costantino in scala 1:250 realizzato con un lavoro ultratrentennale dall’architetto Italo Gismondi (1887-1974). Iniziata nel 1935, l’opera verrà completata solo nel 1971 e diventerà una delle icone del turismo romano, rappresentata su migliaia di poster e cartoline. Il Museo riceverà in donazione anche un’altra collezione di grande pregio, quella dei calchi della Colonna Traiana al Foro Romano: 125 pezzi fatti realizzare a metà Ottocento da Napoleone III e donati a papa Pio IX. […]

Eppure, proprio l’apertura negli anni Cinquanta segna il canto del cigno del Museo. Scrive Anna Pasqualini, ordinaria di Antichità romane all’Universita di Tor Vergata: «Da allora il museo ha sofferto di un lento ma inesorabile declino». Il museo didattico, in Italia, non tira. Succubi dell’idea stessa del museo-raccolta d’antiquariato i visitatori italiani snobbano quel capolavoro di didattica e disprezzano le sue «copie in gesso». Quelli stranieri non vi arrivano se non in minima parte, vista l’eccentricità del Museo rispetto al centro storico di Roma e il fatto che l’architettura del Novecento non è ancora considerata come uno dei tesori artistici della capitale. […] «Il museo è vittima di una certa disattenzione – continua la Pasqualini – la cui origine va probabilmente imputata a una politica culturale, se non programmata, almeno perseguita nei fatti, miope e sospettosa nei confronti di un campo di studi troppo coltivato prima e ora mal sopportato». Già dopo l’apertura il museo aveva dovuto fare i conti coi problemi: le termiti, all’inizio, che avevano attaccato le strutture in legno. Poi man mano l’incuria. […] E se le sale divennero «sorde e grigie», veramente ridotte a una raccolta di copie in gesso con qualche punto più interessante dove ancora si potevano ammirare le ricostruzioni a grandezza naturale delle macchine da guerra romane o i plastici delle battaglie e delle grandi architetture di Roma, finì nel dimenticatoio anche l’altra parte del Museo, quella meno famosa ma non meno importante: l’archivio. Giglioli infatti non aveva concepito il progetto solo come esibizione per il vasto pubblico, ma anche come centro di studi accademici.

Col nuovo millennio per il Museo della Civiltà Romana arriva il declino inesorabile. Nessuno vuole compromettersi coll’ingombrante eredità del Fascismo, e così nel 2004 gli spazi una volta dedicati al salone d’onore e le sale vicine (per le mostre temporanee) è stato occupato dal Planetario. Un riuscitissimo tentativo di far apparire ancora più cadaverico il Museo, accostandolo al vivace – ancorché decontestualizzato – centro di divulgazione astronomica, che per giunta staccava molti più biglietti […]. Nel 2005 si lancia anche come ballon d’essai l’ipotesi di smantellare del tutto la creatura di Giglioli e spostarla al Foro Boario, da dove era partita 80 anni prima. Fu un grido d’allarme lanciato su «Il Messaggero» dallo storico Andrea Giardina che tutt’ora definisce il Museo un «gioiello mondiale» abbandonato e dimenticato. Lo spostamento del Museo, tuttavia, per fortuna restò lettera morta, ma l’istituzione rimaneva uno scatolone vuoto […]. Fino all’orrendo capitolo della chiusura alla vigilia del Giubileo di Augusto: il 28 gennaio 2014 infatti, il Museo è stato chiuso. Un’ispezione del ministero del Lavoro aveva riscontrato che gli adeguamenti richiesti in un sopralluogo dell’ottobre precedente non erano stati eseguiti. Eppure solo pochi anni prima si era già iniziato a discutere dell’impianto antincendio […] Cosa ne sia stato è un mistero, visto che a quattro anni di distanza l’adeguamento del sistema antincendio è ora l’oggetto principale del bando di concorso emesso dalla Sovrintendenza Capitolina nel marzo del 2014 e oggetto, more solito, di contestazioni e ricorsi al TAR. […]

Sui dettagli della gestione degli ultimi 10 anni, durante i quali si sono succedute le amministrazioni Veltroni, Alemanno e Marino è il buio. La Soprintendenza capitolina risponde ufficialmente che il sovrintendente Claudio Parisi Presicce «non aggiungerebbe molto alle dichiarazioni» rilasciate al «Corriere della Sera» lo scorso 20 ottobre e dunque non rilascia altre interviste. […] Impossibile dunque conoscere lo stato delle collezioni del Museo, impossibile sapere se i suoi plastici sono stati già dispersi in altre sedi o se i reperti conservati nei suoi giganteschi scantinati (si parla di oltre 600 casse) vengono attualmente messi a disposizione per la digitalizzazione del Google Art Project, come annunciato dall’ex sindaco Ignazio Marino la scorsa estate dopo un incontro a Londra coi vertici dell’azienda. Di sicuro uno dei plastici – quello dello Stadio di Domiziano – è stato già spostato nella sede museale alle spalle di Piazza Navona e comunque è lo stesso Sovrintendente a dichiarare in risposta a un’altra interrogazione sempre presentata dalla Belviso, il 2 aprile scorso, che è stato effettuato «il trasferimento di una serie di reperti e di attrezzature tecniche in altre sedi». Ma di più non è dato sapere. Anche l’ex direttrice, contattata per telefono e poi via email (come espressamente richiesto, perché le domande potessero essere valutate prima di concedere qualunque intervista), non ha voluto rilasciare dichiarazioni. […]

Il destino del Museo della Civiltà Romana è dunque nella mente degli Dei. I fondi stanziati nel 2014 sono stati ritirati […] mentre l’ancora incompiuto, gigantesco e contestatissimo progetto dell’archistar Massimiliano Fuksas detto «la nuvola» sta cannibalizzando i veri capolavori architettonici per arrivare alla sua conclusione. «EUR SpA vende l’Archivio di Stato e tre musei per salvare la Nuvola di Fuksas» – titola il «Corriere della Sera» del 15 maggio 2015, a firma di Ernesto Menicucci) – «Saranno ceduti all’INAIL per 297,5 milioni. Nell’operazione Pigorini, Arti e tradizioni popolari, Alto medioevo: serviranno per chiudere il cantiere infinito del centro congressi». Ai tre musei si aggiunge anche l’edificio dell’Archivio Centrale dello Stato.

Il discutibile progetto della «nuvola», infatti, si è gonfiato nel corso degli anni e ha contribuito al buco di bilancio dell’EUR SpA, l’azienda pubblica che si occupa della gestione e della valorizzazione del patrimonio immobiliare del quartiere EUR di Roma, che ha deciso di vendere il «vecchio» per completare il «nuovo» […] Anche quella della vendita del patrimonio dell’Ente EUR è un’operazione che sembra sotto una cappa di segretezza inquietante, come scrive il deputato Fabio Rampelli sulla propria pagina facebook: «ho chiesto l’accesso agli atti al MEF sull’EUR e il ministro Padoan mi ha risposto che essendo parlamentare ho lo strumento del sindacato ispettivo. Che però rimane senza risposta. È evidente che i ministri hanno scelto scientificamente di ignorare le interrogazioni». Per fortuna tuttavia la vendita del Museo della Civiltà Romana non è per ora stata inclusa nel pacchetto. Motivo? L’edificio che ospita il Museo della Civiltà Romana infatti è appartenente all’Ente EUR ma è dato in comodato d’uso al Comune di Roma. Questo almeno finché il Campidoglio non dovesse decidere di materializzare lo spettro di uno spostamento e smantellamento di un’istituzione destinata a restare comunque chiusa almeno per altri tre-quattro anni, restituendo così l’edificio all’EUR SpA. Anche nell’Italia delle mille contraddizioni e delle centomila inefficienze, che a Roma sia chiuso e resti chiuso proprio il Museo della Civiltà Romana è davvero una cosa che grida vendetta. Eppure, tutto intorno, è solo silenzio…

mastrangelo@storiainrete.com

(crediti immagine in evidenza: http://greater-than-or-equal-to.com)

@barbadilloit

Emanuele Mastrangelo

Emanuele Mastrangelo su Barbadillo.it

Exit mobile version