Anniversari. Mishima precursore della ricerca di identità del Giappone moderno

yukio_mishimaQuarantacinque anni fa, poco dopo le 10 del mattino nel luminoso e freddo mattino del 25 novembre 1970, il telefono suonò nella casa del popolare cantante enka [genere musicale giapponese ndt] Hideo Murata, a Tokio. In linea era lo scrittore Yukio Mishima, un uomo che nel breve spazio dei suoi 45 anni, aveva vissuto una vita molto più piena di quanto sembrasse possibile per un uomo.

Sfortunatamente, Murata non era a casa per rispondere, ma ne sarebbe stato entusiasta. Mishima era uno degli uomini più in vista del Giappone, non solo perché si intratteneva con tutta l’elite letteraria, ma anche con politici, generali, editori e celebrità straniere. Aveva scritto 80 opere, 25 romanzi, recitato al cinema, aveva diretto spettacoli teatrali e prodotto i suoi stessi film. Aveva anche diretto un’orchestra e pilotato un F-106.

Quando dissero a Mishima che il cantante stava a più di 350 chilometri di distanza, nella prefettura di Gifu, non si fermò e chiese il numero per rintracciare Murata. Mishima telefonò in Gifu ma ancora non riuscì. Il grande autore aveva visto Murata solo due volte, una per circa mezz’ora, quattro anni e mezzo prima, e poi un’altra volta due anni dopo. Perché dunque Mishima chiamava? Mishima a quanto pare si era appassionato alla canzone “Battle of Souls” di Murata e quella mattina il cantante era stato incluso in una lista di artisti che sarebbero apparsi al “Kohaku Uta Gassen”, una gara musicale molto popolare che si teneva ogni anno, organizzata dalla NHK, che va in onda alla vigilia di Capodanno. Murata era stato scelto per il decimo anno e Mishima lo stava chiamando per fargli le congratulazioni.

La chiamata in sé non era inusuale, ma era il giorno che non era ordinario. La telefonata di Mishima stava per essere l’ultima azione da civile dello scrittore. Con un salto logico apparentemente impossibile, meno di un’ora dopo, Mishima e quattro membri del suo esercito privato, la Società degli Scudi [in giapponese: Tate No Kai ndt], avrebbero legato e imbavagliato il generale dell’esercito dell’Est nel suo quartier generale, prima di chiamare un’assemblea dei membri dell’Esercito di Autodifesa di fronte all’edificio, per ascoltare una chiamata alle armi. Era iniziato il “caso Mishima”, l’indimenticabile “JFK moment” del dopoguerra giapponese.

Dopo due ore dal suo tentativo di chiamare Murata, Mishima stava in piedi in uniforme militare ad un balcone del quartier generale, e arringava 1000 soldati sulla necessità di revocare la costituzione pacifisa, prima di essere zittito in un mare di fischi.

Poi, insieme a quello che probabilmente era il suo amante, Masakatsu Morita, mise in atto un doloroso rituale suicida e fu decapitato. La testa di Mishima, che indossava ancora la fascia con scritto “Sette vite per la Nazione”, sarebbe rimasta sul tappeto rosso e fotografata da un fotografo di Asahi per la prima pagina dell’edizione serale, l’edizione serale più venduta nella storia della nazione.

Nei 45 anni successivi, sono state scritte innumerevoli pagine riguardo il Caso Mishima, con gli scrittori che hanno cercato ragioni letterarie, psico sessuali e narcisistiche riguardo la motivazione per cui Mishima è morto quella mattima. Come in “Rashomon”, il famoso romanzo periodico di Akira Kurosawa – nel quale un episodio è raccontato attraverso gli occhi di testimoni diversi, producendo versioni radicalmente diverse fra loro di uno stesso evento – il caso Mishima che avvenne il 25 novembre 1970, sarebbe stato reinterpretato da vari punti di vista per dargli senso.

Nel giorno della sua morte, a partire dai più potenti, tutti in Giappone iniziarono a sentirne l’influenza. Mishima aveva programmato l’assalto in modo che accadesse la stessa mattina dell’apertura ufficiale del Parlamento, con l’imperatore stesso in attesa e con il primo ministro che stava facendo un discorso importante sull’agenda di governo e sull’anno successivo.

Il contenuto del discorso sarebbe risultato quindi completamente insignificante per l’eclatante impatto mediatico delle azioni di Mishima. Quando la notizia arrivò in Parlamento, il segretario generale del partito Liberal Democratio, al governo, Kakuei Tanaka (che due anni dopo sarebbe diventato primo ministro), mormorò “che stupidità!”. Tanaka viveva vicino al patrigno di Mishima, Yasushi Sugimara, e aveva contatti personali con lo scrittore.

Yasuhiro Nakasone, ministro della difesa e anche futuro primo ministro, ebbe notizia del rapimento del generale mentre si vestiva. Era uno dei più importanti promotori della riforma costituzionale e aveva avuto relazioni strette con Mishima. Quella mattina, temendo che la sua carriera politica fosse in pericolo e sperando di risolvere in fretta la situazione, Nakasone ordinò al capo del suo vice di arrestare Mishima e i suoi complici. Però il suo vice rifiutò dicendo che era una questione della polizia.

Le reazioni nel mondo letterario nel frattempo furono molto varie. “La mia prospettiva è molto differenta da quella di Mishima, non posso capirla e non posso darle un senso”, disse Kozon Fukuda, che era stato collega di Mishima una decade prima, in un gruppo di letterati di nome “Potted Tree Group”. “Non so cosa sia successo ora e probabilmente non lo capirò mai.”

Al contrario Fusao Hauashi, un simpatizzante politico di Mishima in un articolo dal titolo “Elogio” [Eulogy], pubblicato nel 1971, scrisse “Sono fermamente convinto che la morte di Mishima e del suo giovane discepolo sia stato un importante sacrificio umano, il primo e il più grande tentativo di fermare la distruzione del Giappone, di risvegliare dal letargo “l’uomo spiritualmente vecchio” che, sedendo soddisfatto sulla montagna degli inganni riguardo la “Costituzione pacifista” e il “superpotere economico” ha causato il collasso della nazione fino al bordo della distruzione e ha trasformato la bellissima (o quella che dovrebbe essere bellissima) nazione giapponese in una fossa di “animali economici” e “free rider”.

Nel giorno della sua morte, un vecchio amico, Atsuko Yuasa, andò a casa di Mishima ed entrò nel suo studio. Vide pacchetti aperti di cracker al riso e noccioline, quattro o cinque sigarette Peace spente nell’acqua e un ritaglio di giornale che Mishima aveva probabilmente riletto il giorno prima.

In un’intervista ad Asahi del 22 settembre, venne chiesto a Mishima “Qual è la motivazione che ti guida”. Lui rispose “Essere cresciuto durante la guerra ed essermi sentito dire a 20 anni che tutto fino a quel momento era stato un errore. E’ tutto.”

Un ricordo pubblico di Mishima venne organizzato al Tempio Honganji a Tsukiji il 24 Gennaio 1971 e richiamò una folla di 10 mila persone. Uomini di mezz’età lanciatono banconote da 1000 e 5000 Yen sull’altare. Svolazzarono nel vento e vennero restituite dai monaci, mentre le donne con in braccio i figli avevano le lacrime agli occhi.

Sull’altare venne posato un drappo nero, con la foto di Mishima circondata da crisantemi nel mezzo. Nel tempio, di mattina presto, era stato celebrato un servizio privato, guidato dallo scrittore Yasunari Kawabata come oratore, che si dispiacque per aver vinto il premio Nobel al posto di colui che un tempo era il suo protetto.

Successivamente, per molti anni lo spettro dell’estremismo di destra aleggiò attorno all’eredità di Mishima. Qualcuno mandò crisantemi alla casa di Mishima il 25 di ogni mese e statue di Mishima e Morita iniziarono ad apparire dal gennaio 1971.

Presto iniziarono a comparire resoconti di liceali suicidatisi ispirandosi a Mishima. Le ceneri di Mishima vennero rubate nel 1971 e recuperate a Dicembre. Il mondo letterario, incerto su come rispondere agli eventi, rimase alla larga dai funerali, ma presenziò in forze alla cerimonia del primo anniversario.

Nel 1975, mentre quattro militanti di destra, inclusi alcuni ex membri della Società degli Scudi ed estimatori di Mishima, fecero irruzione negli uffici della “Japanese Business Federaion” e presero 12 ostaggi, fu la vedova di Mishima, Yoko, che intervenne personalmente per parlare con loro per chiedere il rilascio.

Negli anni 80, ovunque si vivesse nel mondo, non si doveva cercare molto Mishima, era abbastanza difficile da evitare. Le foto di lui in posa con i muscoli prominenti, con la spada in alto, la bandana in testa e lo sguardo di ferro sono rimaste nell’immaginario comune per sempre. Siccome fu uno dei primi scrittori capace di influenzare i media e mettere in scena la propria immagine, nell’età della celebrità, è stato lo scrittore giapponese di cui tutti in Occidente hanno sentito parlare, anche se non sempre per le migliori ragioni.

Dalla metà degli anni 90, le cose iniziarono a cambiare. Mishima è stato gradualmente soppiantato da Haruki Murakami, come scrittore giapponese di cui tutti sono a conoscenza in Occidente. Curiosamente, il romanzo di Murakami “A wild sheep chase” inizia il giorno dell’azione di Mishima, quasi a significare che il Giappone di Murakami iniziasse il giorno della morte di Mishima. Mentre i romanzi di Murakami sono pieni di misteri ed enigmi, il caso Mishima incombe come il grande enigma del Giappone moderno.

E non solo del Giappone. L’influenza di Mishima si manifesta nei posti più impensati. Per esempio, il capo dei Serbi Bosniaci durante la guerra di Bosnia – Radovan Karadzic, attualmente incrcerato in Olanda con 11 capi di accusa, fra cui genocidio e crimini contro l’umanità – è un grande fan di Mishima. Fatto che spinse Taro Miwa ad indagare su come l’apprezzamento di Mishima da parte Karadzic possa essere connessa con gli sviluppi della storia moderna della Serbia.

Il famoso poeta Mutsuo Takahashi, un collaboratore di Mishima negli anni ’60, pensa che Mishima possa esemplificare la condizione della gioventù giapponese odierna: disaffezionata, disperatamente in cerca di un’identità e propensa a fantasticare. “Mishima ha anticipato il debole senso di identità dei giovani di oggi. Si può dire che ha offerto la sua vita per loro” disse nel 2011.

La ricercatrice Susan Napier, vede forti legami fra Mishima e Hayao Miyazaki, il regista di anime [cartoni giapponesi spesso ispirati ai fumetti manga ndt]. “Mishima e Miyazaki, curiosamente, sono simili nella loro disillusione nei confronti del Giappone moderno e in generale della modernità”, sostiene Napier. “Entrambi offrono una visione estetica come critica o come compensazione della desolazione della condizione moderna”.

Nel Giappone di oggi il dibattito sul bisogno di una riforma costituzionale è in cima all’agenda di molti importanti politici conservatori giapponesi. Ancora timorosi di essere macchiati dall’essergli associati, pochi osano parlare di Mishima, che esponeva le stesse argomentazioni che usano loro adesso.

Alcuni, però, non hanno paura di parlarne. Il famoso personaggio Tv e regista Takeshi “Beat” Kitano, per esempio, ha notato che nessuno ha descritto il pantano in cui si trova il Giappone moderno meglio della “Dichiarazione di protesta” di Mishima, opuscolo distribuito nel giorno della sua morte.

Mishima una volta disse alla moglie “anche se non sono capito oggi, va bene, perché sarò capito dal Giappone nei prossimi 50 o 100 anni”.
Ma anche ora, 45 anni dopo la sua morte, l’analisi della vita e dei fini di Mishima è ancora poco condivisa. E’ stato osservato che molti che amano gli scritti di Mishima, cercano di vedere nella sua azione una critica sociale, mentre i detrattori vedono solo narcisismo e idealismo.

La diversità di opinioni su Mishima è parzialmente dovuta al fatto che il suo stesso comportamento era completamente schizofrenico. Per esempio, meno di un mese prima della sua azione dimostrativa, il 29 ottobre 1970, Mishima cenò con il capo del Seibu Department store e gli disse che “La letteratura è impotente. Alla fine devi agire”.

La settimana prima della sua morte invece, esternò un’opinione diversa. “Per me, finire questo (il “Mare della Fertilità”), è come se fosse la fine del mondo”, scrisse il 18 novembre 1970 al suo antico mentore Fumio Kiyomizu. “Una volta scrissi del tempio di Bayon in Cambogia, nel romanzo “La Terrazza del Re Lebbroso”, ma questo romanzo è lui stesso il mio Bayon”

In base alle persone con cui parlava, Mishima passava dal dichiarare che il lavoro della sua vita non significava nulla per lui oppure al contrario che era il suo mondo.
Che la letteratura di Mishima continui a ispirare è fuori discussione. L’interpretazione del suo atto finale, invece – e lo scopo politico che c’era dietro – è ancora soggetta a opinioni molto differenti e controverse, come nel 1970.

*Tratto da japantimes.co.jp. Traduzione libera.

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Damian Flanagan*

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