Il caso. Dalle fabbriche ai gran galà: Ingrao, Salvini e la trasmutazione genetica della sinistra

ingrao pietroCon la morte di Pietro Ingrao s’è aperta una mezza discussione a sinistra. Mezza, sia chiaro, perchè il novo corso di Renzi non è che sia poi tanto incline a tollerare dibattiti, provocazioni, critiche e autocritiche. La riflessione che nessuno della sinistra istituzionale ha avuto il coraggio di confessare pubblicare, ahiloro, l’ha fatta Matteo Salvini. Forse una banalità, sicuramente un attacco (l’ennesimo e ci sta nel convulso dibattito politico ai tempi dell’isteria dei clic), ma quella dell’ex comunista padano è l’analisi forse più lucida degli ultimi tempi sul destino della sinistra. Sì, perchè incensando e accodandosi ai miti Clinton e Blair (che comunque rappresentano roba di almeno dieci-quindici anni fa e non sono certo una novità) la sinistra ha tradito se stessa e perde appeal tant’è che in Francia i voti fuggono dai socialisti al Front National. All’Ansa, Salvini, a Sky Tg 24, ha ricordato così Ingrao: “Rappresentava la sinistra degli ultimi, io rispetto la sinistra operaia, delle fabbriche, degli ultimi, dei disabili. Oggi la pesudosinistra conosce più i banchieri che gli operai. Ora per una cena con Renzi bisogna pagare 1000 euro, ai tempi di Ingrao no”.

Del resto, questa chiave di lettura non è originalissima. Perchè che sia stata la sinistra a cambiare – così come pure la destra – non lo ha scoperto Salvini nè Giovanni Lindo Ferretti, contestatissimo ultimamente per le sue posizioni non allineate su temi caldissimi come l’immigrazione, e nemmeno Diego Fusaro, il marxista più avversato dalla sinistra democratica. D’altra parte se il Pd oggi guarda a Occidente e si crogiola all’ombra di Obama attaccando la Russia che manco i fanfaniani diccì, vuol dire che qualcosa è cambiato.

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Lev Jascin

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