“Voglio dire subito che a me la signora Maggioni piace. (…) Perché mi sta bene la nuova presidente? Prima di tutto, perché rappresenta una anomalia nell’ambiente cattocomunista di viale Mazzini. Siamo di fronte ad una ragazza di destra. Lei non lo ammetterà mai. Però una giornalista che segue la seconda guerra nel Golfo da embedded, ossia aggregata alle forze armate americane, con tutti i limiti di quella condizione, non può essere di sinistra. Altrimenti avrebbe seguito il conflitto da un hotel di Bagdad, come tanti giornalisti”: così Giampaolo Pansa, editorialista e scrittore, su Libero, ha descritto Monica Maggioni neopresidente della Rai, inquadrandola in un mood professionale che ama il polemos e il conflitto.
La missione della Maggioni
Di sicuro il primo segnale – l’arrivo in ufficio alle 7 – offre la misura di un approccio alla gestione dell’istituzione culturale televisiva differente rispetto alle mollezze del passato. L’aver assistito ad un seminario di una potente lobby o l’essere nominata con il doppio placet di Renzi e Berlusconi, in un’Italia allo sfascio, conta poco o relativamente. La differenza la farà se indosserà l’elmetto, come una vera giornalista di guerra, per rendere efficiente una Ferrari dell’italianità, da troppo tempo in marcia a soli due cilindri…
