Germania. Alternative fuer Deutschland svolta a destra: liberali fuori dal partito

L'alternativa a destra della Cdu in Germania
L’alternativa a destra della Cdu in Germania

Anche in Germania si consolida, a destra della Cdu, un’area politica sensibile a temi identitari e populisti. Nell’ambito di un generale sentimento europeo, anche nella patria tutta rigore, europeismo e austerità di Angela Merkel le cose cominciano a cambiare. Sembra infatti prendere forma, pur se ancora in maniera embrionale, un movimento coeso di forze fortemente euroscettiche e fortemente patriottiche.

Cambio ai vertici di Alternative fur Deutschland

I primi segnali si erano avuti con il successo del movimento identitario Pegida alle elezioni amministrative del mese scorso. Un ulteriore spinta però la si è avuta nei giorni scorsi, quando l’assemblea del movimento euroscettico ma fondamentalmente liberale Alternative fur Deutschland, tenutasi a Essen, non ha confermato al vertice della segreteria politica l’economista Bernd Lucke. Del resto, non poteva essere altrimenti, dato che il 52enne docente universitario, che aveva contribuito alla formazione del movimento nel 2013, non si era neppure presentato al congresso. 

Il nuovo segretario Frauke Petry e l’emorragia di iscritti

L’unica candidata, poi vincitrice, era infatti la 40enne imprenditrice Frauke Petry, membro dell’assemblea parlamentare della Sassonia, accusati a dalla corrente liberale dell’AfD, il cui leader era proprio Lucke, di flirtare pericolosamente con gli identitari di Pegida.

E, in effetti, le posizioni della Petry sono molto rigide sia sull’immigrazione che in merito a i rapporti con l’Europa, tanto che dopo il voto nel partito si è aperta una spaccatura tra i “falchi” della Petry e le “colombe” liberali al seguito di Lucke. La stessa neosegretaria è stata costretta ad ammettere di aver perso, dopo il cambio al vertice, circa 2mila dei 21mila tesserati ad AfD.

Numeri che ora potrebbero confluire nel nuovo contenitore liberale che Lucke si appresta a fondare con altri quattro europarlamentari ai quali la nuova segretaria ha immediatamente chiesto di dimettersi, pur riconoscendo che difficilmente questo avverrà. I cinque infatti hanno deciso di confluire nel gruppo misto dell’emiciclo di Bruxelles.

Una manifestazione di Pegida

La svolta della Petry, pur se non apprezzata dai seguaci di Lucke, che l’hanno accusata di essere “contraria a tutto”, potrebbe però realmente raccogliere il consenso di Pegida, il movimento di piazza nato per contrastare l’immigrazione che ora sembra guardare con interesse a quanto avviene in AfD. Se al momento una fusione tra i due movimenti sembra infatti ancora lontana, le prospettive per un dialogo che possa andare oltre i canoni del liberalismo moderato sembrano esserci.

Nella Germania della Merkel, il Paese che alla cerimonia inaugurale delle olimpiadi di Sochi aveva inviato i propri atleti in tenuta arcobaleno, il Paese cardine dell’Unione Europea di rigoroso stampo occidentalista e liberaldemocratico, qualcosa inizia a incrinarsi. La voglia di gridare la propria identità, nascosta per decenni a forza a causa della drammatica eredità del secondo conflitto mondiale, sembra ora crescere sempre di più. E’ la Germania dei borghi, dei piccoli centri, della piccola e media imprenditoria quella che sostiene questo grido.

Un grido che dovrebbe essere ascoltato con grande interesse da chi individua proprio nella Germania il motivo principale dei guai dell’Europa, dimenticando che questo grande Paese non è rappresentato solo dalla cancelleria o dal socialdemocratico Martin Schulz, guardiani della volontà dell’estabilishment. Esistono altri tedeschi, tedeschi che non vogliono più vedere le proprie tradizioni cancellate in nome del politicamente corretto. Che non vogliono correre il rischio di veder scomparire parte del proprio tessuto imprenditoriale in nome di folli accordi di vassallaggio con gli Stati Uniti, come il discusso Ttip.

Più che all’ambigua e titubante Grecia di Tsipras, è a questa parte di Germania che deve guardare l’Europa che spera in una svolta. Perchè la storia del continente europeo, che piaccia o meno, deve passare anche da Berlino.

@barbadilloit

Cristiano Puglisi

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