Esteri. Il successo di Pegida a Dresda? Identitarismo tedesco più “no islam”

Una manifestazione di Pegida
Una manifestazione di Pegida

Tutto ritorna a Dresda. La città sfigurata, la città sventrata, annichilita. Il luogo dove, il 13 febbraio del 1945, l’identità europea subì un colpo al cuore, annientata dai bombardamenti angloamericani, per poi venire ricostruita, sulle macerie della propria storia. E’ proprio da Dresda che l’identità europea torna a farsi sentire, dove il ruggito della vecchia Europa esplode nell’assordante silenzio dell’anonima realtà liberalprogressista costruita artificialmente dagli asettici uffici UE di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte o nei palazzi della finanza.

Il successo alle comunali di Pegida

Nelle elezioni amministrative della città, che si sono tenute nei giorni scorsi, il 10% dei consensi è infatti andato alla semisconosciuta candidata sindaco Tatjana Festerling, dell’esordiente movimento Pegida, un movimento di popolo nato per contrastare l’”islamizzazione” dell’Europa e rivendicare l’identità tedesca, che evidentemente non ha risentito degli scandali che hanno colpito il leader e fondatore Lutz Bachmann.

In una Dresda che ha visto la sconfitta della Cdu della Merkel e la vittoria dei liberaldemocratici, però, la notizia è un’altra. Perché, a prescindere da qualunque sia l’opinione su Pegida, movimento a tratti rozzo e ancora immaturo, per la Germania questo è un passo significativo.

Già, perché la Germania, Paese colpito dalla brutalità della storia e, in particolar modo, dal dramma del nazionalsocialismo, fino a non molto tempo fa non era ovviamente semplice definirsi identitari. Ma oggi qualcosa è cambiato. Oggi i tedeschi, che pure mai hanno abbandonato, quantomeno nella Germania più profonda, quella dei Paesi e delle realtà provinciali, il proprio senso di appartenenza e le proprie tradizioni, stanno riprendendo coscienza della propria essenza.

Che non è quella asettica dei grattacieli di Francoforte o dell’architettura ultramoderna di Berlino. E’ un’essenza molto più antica, che risale a tempi passati. Dici Germania e subito pensi ad atmosfere medioevali, a boccali di birra e vestiti tradizionali, a stendardi con leoni, orsi e aquile. E’ il volk teutonico che riprende coscienza di se, dopo essere stato stordito da settant’anni di propaganda anti identitaria.

Certo, un 10% alle elezioni amministrative non può cambiare il corso della storia, ma è il segnale che, anche nel Paese che più di tutti è stato ridimensionato rispetto al vecchio ordine mondiale, un Paese che era addirittura stato diviso come un trofeo di caccia tra le due superpotenze post belliche, si ricomincia a desiderare la propria identità, la propria essenza, la propria sovranità. E’ l’Europa che chiama, è il leone ferito che rialza la testa. E’ un segnale di speranza quello che si eleva dalle rovine di Dresda. Rovine che, settant’anni dopo, sono ancora fumanti.

@barbadilloit

Cristiano Puglisi

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