Teatro. L’opera buffa “Barbatelle” contro la tirannide globalista

prima scena4Quando si parla con Giancarlo Cignozzi, a colpire l’attenzione sono tanti particolari apparentemente secondari. Eppure, è proprio da questi minuti segnali – una battuta che fa sorridere, una parola affettuosa e insieme ardente, uno sguardo acuto – che emerge la complessità del progetto dell’uomo che sussurra alle vigne. Già, perché è proprio quest’immagine, titolo del libro di Cignozzi pubblicato per Rizzoli nel 2011, a risultare la più adatta a descrivere l’incredibile storia dell’ormai noto viticoltore. Avvocato milanese, Cignozzi giunge a Montalcino negli anni ’70. Si tratta di un amore a prima vista. É in queste colline che la sua passione per l’enologia può coniugarsi all’amore per la musica e ad una creatività giocosa e istintiva.
Dopo una serie di successi imprenditoriali, ormai affermato nel settore, Cignozzi decide coraggiosamente di perseguire il proprio sogno: insinuare alcune epifanie del bagliore edenico lungo i vitigni dei morbidi declivi toscani. Lo fa occupandosi del restauro del podere de Il Paradiso di Frassina, risalente all’anno Mille e abbandonato da oltre cinquant’anni. Questo luogo, felice connubio di storia ed energia elementare, risuona della musica naturale: i racconti del vento, lo stormire delle foglie, il belare degli armenti e le canzoni degli uccelli si diffondono copiosamente nel paesaggio.

Cignozzi interviene su queste armonie, arricchendo la spontaneità naturale del genio creativo: seguendo metodologie già lungamente sperimentate in Oriente nei riguardi del mondo vegetale e, adattandole al nostro modello europeo, abbina la musica classica alla coltivazione del vino, crescendo le uve destinate al Brunello con musiche sacre e barocche diffuse da alcune casse acustiche. Bach, Mozart, Vivaldi e Scarlatti, ma anche Beethoven, Mahler e Wagner hanno iniziato ad accogliere il visitatore ricreando un’atmosfera affascinante. Cignozzi si è presto concentrato sulla musica di Mozart. Nelle sue composizioni vengono infatti sfruttate le fequenze di Fibonacci, matematico pisano del Medioevo, nonché grande botanico. Costui aveva scoperto nella natura la presenza di sequenze numeriche che rappresentano le strutture naturali. Mozart, colpito da tali “coincidenze significative”, aveva impiegato tali sequenze nella propria musica, creando un’onda benefica di profondità, discrezione, eleganza, ripetizione e geometria: un vero e proprio mantra, capace di condurre all’armonia.
Studiosi dell’Università di Firenze e di Pisa hanno collaborato al progetto di Cignozzi, che nel 2006 ha ottenuto il supporto della U.S. Bose Company, grazie all’interessamento personale del suo fondatore Amar Bose. Gli studi scientifici dedicati alle sperimentazioni biomusicali e ai positivi effetti esercitati dalla musica sulla struttura delle viti – che potrebbero limitare l’impiego ormai comune delle sostanze chimiche – proseguono e non mancheranno di riservare sorprese.
La creatività di Cignozzi non si è tuttavia limitata a questa nobile e impegnativa attività, ma si è espressa a livello più apertamente artistico nell’opera buffa Barbatelle ovvero Una di vino commedia. L’opera, basata su una storia, animata dalle uve (dette anche “barbatelle”), in forma di commedia, ideata dallo stesso Cignozzi e musicata dal famoso compositore e Premio Oscar Luis Bacalov, verrà rappresentata in prima mondiale assoluta il giorno 6 Giugno 2015, presso l’Auditorium Giuseppe Verdi, sotto il patrocinio dell’Expo di Milano e grazie alla Fondazione LAVERDI, che ne curerà l’esecuzione.
Il tema di Barbatelle è in perfetta sintonia con quello dell’Expo – ecosostenibilità nel mondo alimentare – e contiene un forte messaggio a favore dell’identità e della biodiversità delle uve autoctone contro lo strapotere globalizzante di alcune uve internazionali. Un’occasione globale importante, dunque, per riflettere sul rapporto fra ambiente, alimentazione e tradizioni culturali – senza scordare le ben note contraddizioni di una manifestazione targata McDonald’s.
Lo stile mozartiano riecheggia in una storia che richiama il nostro Risorgimento. Ad essere protagonisti dell’opera non sono tuttavia Cavour o Mazzini, bensì le uve stesse: la conflittualità fra le uve autoctone e il temibile impero bordolese rivela, al di sotto della pregevole filigrana immaginifica, un’attenzione ai temi del pluralismo ed alla difesa delle identità. Un’identità che nel vino si manifesta prepotentemente, come potenza elementare. Nel vorticare simposiaco che da sempre unisce musica e vino, nel simbolismo indissolubile che riporta i convivi di omerica e platonica memoria nell’hic et nunc del gesto conviviale, Dioniso non cede il passo ad alcuna logica di edonismo materialista e mercificazione reificante. «In realtà ogni piacere è spirituale; è lì che si trova la fonte inesauribile che sgorga sotto forma di desiderio che da nulla può essere soddisfatto» (Ernst Jünger).

Luca Siniscalco

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