Meno male, i seri critici marxisti anti-dannunziani sono più o meno mummificati. Invece Gabriele d’Annunzio è sempre più vivificato e al centro di ricerche spesso con un contenuto: il Gabriele nazionale appare come un emblema della gioia di vivere. I suoi inni alla vita, le sue invenzioni linguistiche, le sue golosità raccontano, un’altra volta, un uomo ghiotto di vita e pure di cannelloni, di frittate e di frutta di ogni genere; cioè lo stesso uomo raccontato nel recente libro di Maddalena Santeroni e Donatella Miliani, “La cuoca di D’Annunzio” (Utet Edizioni, 160 pagine,14 euro). “Suor Albina / che fa la galantina/ e fa la gelatina/ e fa la patatina/ e fa la minestrina/ e il petto d’Agatina/ tutto alla Buccarina,/ con l’arte sua divina.” Così il poeta scriveva alla sua cuoca, alla sua collaboratrice chiamata gaiamente “suor ghiottizia” o “suor intingola”. Alla fedele Albina, una vera sovrana tra le pentole e le ricette, il vate consegnava desideri gastronomici con versi e battute linguistiche, confermando così il suo gusto per il buon mangiare, “Ieri, entrando in me, quel pollo ridiventava angelo, spiegava le ali, e si metteva a cantare le tue lodi…”
C’è aria fresca intorno alla storia dannunziana. Un’aria respirata grazie alla seconda edizione di “D’Annunzio e i giardini di Pan” che, dal 10 maggio sino al 31 ottobre, a Gardone di Riviera, mette in mostra cimeli del poeta, installazioni a lui dedicate, e promuove una serie di conferenze. In questa occasione, prima di tutto, c’è un atto di omaggio al poeta creatore di mode, al creatore dell’estetismo italiano, alla passione dannunziana per l’Oriente.
Ma che cos’è la voglia dannunziana di accostare l’Occidente all’Oriente? O la sua ricerca estetica con la quale accostava antichi elefanti di porcellana cinese a tele cinquecentesche? La risposta in poche parole: eclettismo dannunziano o anche sperimentalismo novecentesco. Negli occhi dei visitatori del Vittoriale rimane impressa la stanza con i budda mescolati con le statue di santi cristiani. D’Annunzio spiegava che la sua missione era proprio quella di incontrare, avvicinare, provare a tener insieme cose o idee differenti, “Quanto mi piace che la natura abbia privilegiato me per adunare mescolare trasmettere sublimare in un attimo le più remote e diverse e prodighe peregrine ed esquisite essenze dello spirito.”
Se gli studenti continuano a immergersi nella lettura delle poesie dannunziane; se ai diciottenni, che vanno a discutere D’Annunzio agli esami di Stato, piace “La pioggia nel pineto” con l’atmosfera panica della famosa lirica, tutto ciò vuole dire che D’Annunzio sa conquistare le nuove generazioni proprio mediante l’esperienza artistica intensa come gioia per la vita e golosità per le umane sensazioni.