Il commento. Il miracolo di Mattarella? Farci sentire la mancanza di Carmelo Bene

Carmelo BeneIncenso e suorine hanno partorito il primo miracolo: tutto ciò che in questi giorni di giubilo di Stato sembra ruotare attorno a Sergio Mattarella, che adesso è il presidente della repubblica, riporta in vita Carmelo Bene. C’è troppa puzza di Dio. Di moralismo, di regolette, di piccolismo, di Italietta, di Europina, di mondicino. Di quel complesso etico-comportamentale totalizzante che abbiamo smesso di chiamare borghesia (la lotta di classe non c’è più dato che manco le classi esistono più, così dicono) e che si esprime, oggi, nel linguaggio simil-orwelliano di twitter. C’è puzza di paura e di individualismo carogna. C’è il terrore e c’è chi si sacrifica. C’è quella puttana, vecchia-laida-ingorda della consolazione e c’è l’alfabetizzazione, sempre più precaria e incompleta che viene scambiata per cultura. Ci sono superstizioni da beghine contrabbandate come statura morale. L’olezzo paralizzante della sacrestia di periferia, i profumi da quattro soldi delle bigotte che sanno bene come il gira il mondo: fate come dico, mai come faccio.

No, non c’entra la persona Sergio Mattarella, niente contro l’istituto del Presidente della Repubblica. Almeno non adesso, almeno non ancora, almeno per evitarsi un’incriminazione gratuita per vilipendio, almeno per non passare da incolti, da incivili tra gente pavida che ha paura di trasformare la sua vita in un capolavoro, che ha la fobia del buio e che accende le luci della ragione senza rendersi conto che è il linguaggio, condizionato e addomesticato per benino, a illuderli di avere un pensiero.

Chi intende la gioventù come stato dello spirito e non riferimento anagrafico non può che sentirsi truffato dal signor Matteo Renzi. L’afflato che accompagna quello che (lui auspica sarà) il “suo” ventennio (in senso blairiano del termine, chiaramente) puzza troppo di Dio. Di un Dio che non esiste se non nel linguaggio di chi invidia e fa di Facebook una ragione di vita. Del Dio di quelle donnette di tanti anni fa che affidarono alla propaganda Dc la loro femminilità, del Dio dell’ipocrisia di chi impone agli altri la legge Merlin, per evitare che gli insidino Salomè.

Sputare sulla libertà, bisogna. Aveva ragione Bene. Se la libertà non esiste ma è un continuo condizionamento, se la libertà è una pressione, una macchina continua che stritola l’amore, gli amori, la vita, gli entusiasmi. Un continuo frenarsi, un continuo “si, ma…”, se è la dittatura del grazioso e del carino, se è la religione del politicamente corretto. Se è un continuo terrore del califfo di turno, del precariato e degli indici di Borsa. E sui loro tribuni, soprattutto. Aveva di nuovo ragione Bene. Perchè sono quelli che credono di essere pupari di un gioco, intimo e perverso, un’orgia delle pulsioni, che affonda lo spirito impedendogli di superarsi. Così come dovrebbe essere.

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Alcides Ghiggia

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