Esteri. Le affinità tra la destra sovranista italiana e il modello Chavez per il Sudamerica

chavez«Le privatizzazioni sono un piano neoliberale e imperialista. La sanità non può essere privatizzata perché è un diritto umano fondamentale, nè tanto meno l’istruzione, l’acqua e gli altri servizi pubblici. Essi non possono essere ceduti al capitale privato che nega alle genti i propri diritti. Ogni giorno che passa sono sempre più convinto, senza dubbio alcuno, come hanno detto molti intellettuali, che è necessario superare il capitalismo. Ma il capitalismo non può essere superato attraverso il capitalismo stesso; ciò deve avvenire attraverso il socialismo, il vero socialismo, con uguaglianza e giustizia. Sono anche convinto che è possibile farlo in democrazia, ma non il tipo di democrazia imposta da Washington».

 [Hugo Chávez, World Social Forum 31/01/2005 (Porto Alegre, Brasile)]

 

Qualche anno fa ero con alcuni militanti repubblicani irlandesi a Belfast dopo una giornata di scontri. Parlando di politica, espongo alcuni punti di riferimento ideali: giustizia sociale, autodeterminazione dei popoli, solidarietà, sovranità, diritti umani. Per poi passare ad alcune figure di riferimento: il comandante Massud, Bobby Sands, Ernesto Guevara, Yasser Arafat. E prima di arrivare agli italiani, sapendo come la pensavo politicamente, mi hanno chiesto: “E come fai a essere di destra? La destra fascista nel mondo è l’imperialismo, Bush, la Thatcher, le guerre di conquista, il capitalismo, il liberismo e l’oppressione dei popoli”. “Allora seguite il mio discorso, perché se questo è il fascismo anche io sono anti-fascista. Ma forse non conoscete gli arditi, l’esperienza di Fiume, il sindacalismo rivoluzionario, D’Annunzio, Corridoni, la Repubblica Sociale Italiana. E soprattutto quella destra di “sinistra”, che per un caso del destino ci ha fatti definire di destra”. Alla fine della nottata, anche loro si sono detti lontani dal marxismo e socialisti nazionali, identitari e, ridendo, di destra “all’italiana maniera” obviously.

Ecco, forse c’è un grande fraintendimento in atto. Dalla morte del leader delle camice rosse venezuelane Hugo Chavez c’è chi, a destra, lo ha apostrofato come “comunista”, “stalinista”, “populista”, “dittatore”.  Ci mancava poco che fosse anche espressa una sottile gioia nel parlare della sua morte.

Forse queste persone si sono limitate a guardare il commento di qualche giornalista politically correct  sul libro paga di Washington. Forse non hanno mai ascoltato un suo discorso. Forse non hanno mai approfondito il tema venezuelano e più in genere dell’America latina. Allora forse è arrivato il momento di raccontarlo Chavez, di raccontare un uomo, un’icona della lotta contro l’imperialismo yankee, ma soprattutto della lotta quotidiana per il suo popolo e per tutti i popoli che vogliono essere liberi e vivere a testa alta.

Prima di Hugo Chavez il Venezuela era un posto dove famiglie ricche, in accordo con le potenze straniere, amministravano le risorse del sottosuolo. Un posto dove l’analfabetismo trionfava. Gli ospedali e gli alloggi per i poveri un mero miraggio. La malnutrizione infantile ancora una piaga. E l’America latina, era il giardino di casa di Washington, dove gli statunitensi potevano fare il bello e il cattivo tempo, schierare flotte navali, sorvolare spazi aerei nazionali, ma soprattutto decidere qual era il presidente-dittatore di turno da imporre, dal Nicaragua al Cile, passando per Bolivia, Argentina, Brasile. Dopo poco più di dieci anni questa situazione è cambiata. Oggi c’è chi ha alzato la testa, chi ha deciso di lottare per la propria sovranità nazionale: Nicaragua, Bolivia, Ecuador, Argentina, Brasile. Con in testa, come capofila, il Venezuela di Hugo Chavez. Una nazione, una comunità di popolo, che lo ha sostenuto e che i media delle oligarchie, che lui avevo messo fuori gioco, cercavano di demonizzare. Senza riuscirci però. C’è chi lo chiama dittatore, ma a Caracas esiste una legge per “dimettere” il presidente, se il popolo lo vuole. C’è chi lo chiama populista, senza sapere che il popolo lo amava e ora lo piange perché lo consideravano un padre e perché oggi ci sono scuole, ospedali, case e malnutrizione e analfabetismo sono sconfitti. C’è chi lo chiama comunista, ma forse non ha mai sentito un suo discorso sul socialismo e sulla nuova dottrina da costruire “lontana dal marxismo, un dogma vecchio”. C’è chi lo ha temuto, perché ha fatto risvegliare interi popoli e ha creato un asse di popoli liberi e un’amicizia fortissima con la rivoluzione castrista cubana. C’è chi lo deve temere anche da morto, perché il suo processo di rivoluzione non si è fermato e andrà avanti. Con Chavez come bandiera e icona di un mondo che vuole decidere da solo il proprio percorso. E a chi, a destra, non capisce la vicinanza con un personaggio del genere, consiglio la visione di tre video*: capirete quanto quest’uomo non potesse essere un simbolo del vetero-comunismo, ma solo di un nuovo e sempre più forte progetto socialista e nazionale.

Hasta siempre Comandante Hugo Chavez!

 

*link ai video di Chavez

http://www.youtube.com/watch?v=nfRLODcaYdo

http://www.youtube.com/watch?v=n_AnyH1RzAU

http://www.youtube.com/watch?v=eCHrEBY-fyY

 

 

Gianfranco Zigoni

Gianfranco Zigoni su Barbadillo.it

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