Il caso. Giulietto Chiesa e l’Estonia, quando la censura è nel giardino di casa

Giulietto Chiesa
Giulietto Chiesa

In molti angoli del mondo capita ancora che un giornalista venga arrestato ed espulso senza alcun motivo apparente. Solo che a Giulietto Chiesa non è successo in Corea del Nord, o nella Russia dello “zar Putin”, e nemmeno nell’Ungheria di Orban. È accaduto in Estonia, piccolo ma fiero membro della Nato nonché dell’Unione Europea e dell’eurozona.

L’episodio si è consumato in poche ore, grazie alla prontezza dell’ambasciatore italiano a Tallinn. E tuttavia lascia un po’ di stupore la scarsa eco che la vicenda ha avuto nel nostro Paese: poco spazio sui giornali, nessuna reazione ufficiale dalla presidenza del Consiglio né dalla Mogherini. Un fatto tanto più sorprendente poiché parliamo di un ex europarlamentare, oltre che di una firma nota.

È opportuno sapere che a tutt’oggi, nell’occidentalizzata ed euroentusiasta Estonia, vive una minoranza di paria a cui non è riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni politiche né quello alla proprietà: sono gli abitanti di lingua russa, rimasti nel Paese dopo lo scioglimento dell’Urss.

Una comunità contraddistinta da un “passaporto grigio” che etichetta come apolidi poco meno di 100mila persone (su un totale di 1 milione e 300mila residenti nel Paese baltico). Ben poche voci si spendono per loro a livello internazionale, oltre a quella di Giulietto Chiesa (candidato anche in Lettonia).

Forse non ha tutti i torti l’ambiguo Erdogan quando invita l’Unione Europea a “occuparsi dei fatti propri”. Se succedesse più spesso, a Bruxelles scoprirebbero che le discriminazioni etniche e gli attacchi alla libertà di stampa esistono anche nel giardino delle meraviglie sotto casa.

@barbadilloit

Andrea Cascioli

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