Inchiesta Roma. Musumeci: “La destra, Borsellino e la politica che deve fare pulizia”

nellomusumeci“Nella storia della destra c’è la fiaccola accesa nel ricordo di Paolo Borsellino, un percorso ben distante dagli stralci emersi nell’inchiesta Mafia Capitale». Nello Musumeci, presidente della Commissione Antimafia del Parlamento siciliano, ci tiene a riportare la narrazione di un’intera storia all’interno dei binari. Per lui, che è stato il primo amministratore eletto con il Msi alla guida di un grande Ente, la Provincia di Catania, insistere sulla necessità del buongoverno rimane l’antidoto politico per eccellenza.

Musumeci, sentire l’espressione “mafia” associata in qualche modo alla parola “destra” fa una certa impressione.

«No, non fa impressione. Fa semplicemente schifo. Ma guai a minimizzare! La gente non sopporta l’istinto di autoconservazione: così la politica è diventata casta».

È netto sulla questione.

«Da tempo la mafia ha dismesso la coppola e ha sposato strategie imprenditoriali. In Sicilia stiamo scoperchiando, senza praticare l’antimafia vuota delle parole, tante pentole maleodoranti: rifiuti, società partecipate, flussi di denaro, business dell’immigrazione, appalti di ogni genere. Tutto terreno di caccia per le mafie».

Quale responsabilità attribuisce ad Alemanno e alla destra romana?

«Ho grande difficoltà a vedere Alemanno in questa veste e gli auguro di poter dimostrare la sua estraneità quanto prima. È stato un bravo ministro dell’Agricoltura. Da sindaco, forse, ha ritenuto di dare una possibilità ad alcuni degli ‘esclusi’ dal sistema. Evidentemente non tutti sono stati all’altezza e ne hanno approfittato. Perciò devono pagare due volte».

L’immagine della destra politica ne esce massacrata e Veneziani ha parlato di un totale fallimento delle esperienze di governo per gli ex An.

«Con Marcello non polemizzo mai: lui e Pietrangelo Buttafuoco sono nostri riferimenti culturali. Ma non concordo: appena eletto presidente della Provincia ho revocato un appalto miliardario che interessava il clan Santapaola, il più potente della Sicilia orientale. Risultato? I servizi hanno intercettato i mafiosi che stavano organizzando il mio omicidio. E negli anni a seguire abbiamo investito più di mille miliardi di lire e celebrato la media di un appalto a settimana, senza un avviso di garanzia o un sequestro di atti. Questa è stata la destra al governo dei territori, non solo la mia esperienza ma tante altre».

Dalle carte dell’inchiesta esce un spaccato degradante. E schizzi di fango arrivano anche in Sicilia.

«Io sono indignato e mi vergogno di questa degenerazione. Abbiamo approvato in commissione Antimafia un Codice Etico perché la politica non deve più delegare alla magistratura il compito di fare pulizia. Ho preteso che tra le norme vi fosse scritto che non si debbono ricevere finanziamenti, pure se regolari, da imprese che hanno avuto rapporti con l’Ufficio del politico cui si erogano quelle elargizioni. Quanto alle notizie su fatti accaduti in Sicilia, nessuno si faccia illusioni: chiederemo conto dei comportamenti individuali. E lo faremo prima che intervenga, ancora una volta, la magistratura».

Abbiamo parlato della destra, ma l’inchiesta come il Mose e l’Expo, tocca destra e sinistra.

«C’è una questione di fondo. Il sistema democratico impone che uno governi, l’altro controlli. Da tempo ormai chi governa tratta nel retrobottega con chi fa finta di fare opposizione. E quando i controlli spariscono, gli affari proliferano. Certo, nemmeno Marino, il sindaco di Roma, può tirarsi fuori: per questo non si può parlare di “mafia nera”, semmai di “mafia degli affari”».

Ultima domanda: non teme che in Sicilia ci possano essere scandali analoghi?

«Certamente la gestione dei rifiuti e delle discariche ha mostrato, al pari della formazione professionale e delle partecipate degli enti locali, più di un’affinità con i fatti romani. Ma la questione non è regionale: è in crisi il rapporto tra potere e consenso. Si compra il consenso per raggiungere il potere. In fondo, anche Renzi crea modelli di finanziamento coinvolgendo i manager da lui nominati nelle aziende di Stato. Le sembra normale?».

Come se ne esce?

«In un solo modo: la politica deve arrivare prima della magistratura, cacciando i ladri e i farabutti. E dobbiamo fare sentire la nostra voce, per difendere una storia e per dare una motivazione a migliaia di ragazzi che oggi hanno gli occhi lucidi …».

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Antonio Fiore

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