Politica. Perché Renzi sbaglia nel combattere la corruzione con l’inasprimento delle pene

corruzione-italiaPensare di risolvere l’emergenza-corruzione, riesplosa clamorosamente a Roma, con l’innalzamento delle pene – come ha annunciato Matteo Renzi – significa scegliere la politica dei “pannicelli caldi”, dei palliativi, rispetto a questioni che toccano certamente il livello giudiziario, ma che chiamano in causa – a ben vedere – problemi etici, gestionali e politici.

Sui temi etici purtroppo non c’è governo che tenga. Dopo che, per decenni, si è scelta, a destra e a sinistra, la “santificazione del Paese reale”, è tempo di prendere atto che la cosiddetta “società civile” non è meglio di quella politica, accomunate come sono entrambe nell’immagine di un’Italia in cui è sempre la legge del più furbo a dominare e la logica del possesso a fare tendenza. Più che di legislatori ci sarebbe bisogno di precettori. Ma non è facile trovarne.

Scendendo dai massimi sistemi a più prosaiche questioni “gestionali” è tempo di cominciare a dire basta all’uso corrente degli appalti senza gara, al proliferare di cooperative a cui “esternalizzare” i servizi sociali, all’espandersi delle cosiddette società “in house”, “ipotesi eccezionali” – come ha rimarcato la Corte dei Conti – che sono invece diventate di uso comune.

Anche lì bisogna essere chiari, sfatando l’illusione, come per il richiamo alla “società civile”, che la sussidiarietà sia meglio dell’intervento pubblico. Alla sussidiarietà, in linea di principio, abbiamo creduto ed ancora crediamo. Ma questa sussidiarietà “all’italiana”, intreccio perverso di finta solidarietà e di cooperative colluse con la mafia, di politica corrotta e di burocrazia corruttibile, non ci piace. E perciò va combattuta, attraverso un’opera sistematica di monitoraggio, in sede di appalti e poi – come si dice – in corso d’opera.

Quella di Roma è infatti la classica punta d’iceberg di un fenomeno largamente diffuso da Nord a Sud, un fenomeno, quello della finta solidarietà, che andrebbe analizzato con la dovuta attenzione. A cominciare dalla gestione dei Campi Rom e di quelli di prima accoglienza, per i quali sarebbe più che opportuno costituire un’apposita Commissione parlamentare d’indagine, in grado di fotografarne la realtà nel suo complesso, di richiamare le amministrazioni comunali alle proprie responsabilità, di valutare costi e reali benefici, per chi ne usufruisce e per i bilanci pubblici.

C’è poi un problema di fondo: quello della politica, del suo peso, della sua “tenuta”. A forza di tagliarne i “costi” il risultato è che la politica sempre più debole, non garantita nel suo ruolo e nella sua autonomia , si trova ad essere in balia di lobbies, di “poteri forti”, pronti a sostenerla (e a corromperla) in modo più o meno occulto.

L’autonomia dei “rappresentanti del popolo”, oggi espressione dei partiti, è sempre più messa sotto scacco da poteri extraparlamentari ed extrapolitici. Il denaro “pubblico” (i costi della cosiddetta “casta”) è sostituito da quello privato, frutto della corruzione, rendendo ancor più manifesto ciò che un grande polemista francese, Charles Maurras, individuava come le leve del comando in “regime di democrazia”, il Denaro: “Niente denaro, niente opinione espressa. Il denaro è il genitore e il padre di ogni potere democratico, di ogni potere eletto, di ogni potere tenuto nella dipendenza dell’opinione”.

Occorre allora, anche in questo ambito, individuare gli strumenti per rendere più trasparente il sistema politico e più efficiente il quadro istituzionale, favorendo un generale ripensamento della rappresentanza e del bilanciamento dei poteri. Evitando però, nel contempo, di credere che il problema sia, oggi, solo quello dei “tagli alla politica”, mentre ad essere “tagliati” dovrebbero essere la corruzione e gli sprechi, dei politici, ma non solo.

La questione, insomma, è un tantinello più complicata di quanto non si creda. Non basta perciò una conferenza stampa e l’ennesimo annuncio spot del Presidente del Consiglio sull’inasprimento delle pene per sconfiggere la corruzione. C’è bisogno di ben altro. Soprattutto bisogna volerlo.

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Mario Bozzi Sentieri

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