La polemica. Napolitano e l’antipolitica sintomo del degrado del sistema

napolitano-wiredHo seguito in TV i passi salienti del discorso del 10 dicembre del Presidente della Repubblica. Alla doverosa e scontata preoccupazione per il degrado morale e sociale della nazione (confermato, se ve ne fosse bisogno, dai recenti fatti di corruzione a Roma) è seguita un’aspra rampogna di Giorgio Napolitano nei confronti dell’antipolitica definita testualmente come “patologia eversiva”. E’ da notare l’uso non casuale della terminologia medica.

La cosiddetta antipolitica sarebbe, dunque, una malattia che mina il sistema democratico? Se apro la Treccani alla voce antipolitica leggo quanto segue: “Con questo termine si intende comunemente un sentimento di avversione spontaneo e generalizzato contro la politica che può avere diverse manifestazioni: dall’astensionismo elettorale alla delegittimazione della classe politica, al successo di movimenti neopopulisti grazie al ricorso a formule e slogan che accentuano un senso di rifiuto della politica tradizionale.”

La cosiddetta antipolitica, a ben vedere, non può semplicisticamente ridursi alla protesta (come nel caso dell’astensionismo), ma è anche una domanda di partecipazione (come nel caso del consenso dato a movimenti populisti). E’ soprattutto, in tutte le sue varie manifestazioni, una domanda di pulizia nei confronti di una classe politica avvertita sempre più lontana dai bisogni della gente, sempre più chiusa nella difesa di privilegi di casta e fin troppo permeabile alla corruzione e alla criminalità. Come scriveva Marcello Veneziani, la politica ha abbandonato i sogni e non ha saputo rispondere ai bisogni della gente. Non ha saputo ricomporre gli egoismi nella “polis”. Vai a vedere che nella politica, in questa politica, c’è una dimensione di vera antipolitica! In nessun caso, però, l’antipolitica può assumere la funzione di causa del degrado, ne è piuttosto il sintomo, la spia prima che un’incontrollabile esplosione o sommovimenti anarcoidi spazzino via il sistema di democrazia rappresentativa. Il medico sa che la debolezza di un corpo minato dalla febbre è l’effetto e non la causa della malattia! Perché, dunque, il Presidente se la prende con tanto malcelato astio con la cosiddetta antipolitica? La sua è forse una difesa d’ufficio di questo sistema democratico nato dalla Resistenza? Forse non vuole ammetterne il fallimento? Valga anche per il Presidente della Repubblica, che si è improvvisato medico, il consiglio immortale del Vangelo: Medice, cura te ipsum!

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Sandro Marano

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