L’intervista. Arpino: “Romersa vide l’atomica nazista a Ruggen e conobbe von Braun”

romersa3Oggi vi portiamo a visitare un mondo sconosciuto, spesso offuscato da tesi complottiste di storici in erba e dalle dichiarazioni roboanti di improvvisati “cacciatori” di tesori. E’ il mondo delle Wunderwaffe, le armi miracolose con le quali il Terzo Reich, dal 1944, avrebbe dovuto ribaltare le sorti di un conflitto ormai segnato. Fantascienza? Lo pensava anche Mussolini che, poco convinto dal mito delle “super armi”, inviò alla base missilistica di Peenemunde un giornalista del Corriere della Sera, Luigi Romersa, per un reportage.

Ciò che Romersa vide e provò durante quel viaggio fu affidato, dopo il 1945, ad un ciclo di saggi e alla memoria del generale dell’ Aeronautica Militare Mario Arpino*, oggi apprezzata firma di politica internazionale.

Generale, chi era Luigi Romersa?

Luigi Romersa, per gli amici “Gigi”, è stato probabilmente l’ultimo reporter (giornalista e fotografo) a narrarci dal vero fatti, uomini ed eventi della seconda guerra mondiale. Ha iniziato la sua carriera nel 1937 a Parma, prima ancora di laurearsi in Giurisprudenza. E non ha mai smesso fino a novant’anni, nel 2007, anno in cui è venuto a mancare. Collaboratore nei primi tempi della Gazzetta di Parma, è stato corrispondente di guerra dell’Ente Stampa, del Messaggero e del Corriere della Sera. Nei cinque anni del periodo bellico, il suo lavoro lo ha portato in contatto con i principali personaggi militari e civili dell’epoca, alcuni dei quali gli hanno poi affidato memorie e confidenze. Dopo la guerra ha continuato a girare il mondo, come inviato del settimanale Il Tempo e collaboratore de Il Giornale di Montanelli, del Secolo d’Italia e di altri quotidiani. Ha seguito in prima persona grandi eventi come la crisi di Suez, la guerra dei Sei Giorni al seguito delle truppe di Dayan, le rivoluzioni in Egitto, in Argentina, in Venezuela, in Guatemala e nel Congo, ai tempi di Kindu. Dopo il premio Marzotto, il Massai ed il Saint Vincent, nel 1998 ha vinto anche il premio Guidarello per il “giornalismo d’autore”.

Per quanto tempo avete lavorato insieme?

Non abbiamo mai lavorato assieme, ma, sebbene avesse vent’anni più di me, voleva che ci dessimo del tu e ci siamo frequentati per diverso tempo. Anche attraverso lunghe telefonate, quando, negli ultimi mesi, non usciva più di casa. Eravamo buoni amici. Non tutti lo erano, aveva anche dei detrattori, e l’aver fatto parte dell’Ufficio stampa di Mussolini nel periodo di Salò è una “colpa” che nelle amicizie non lo ha mai agevolato. Era un appassionato di cose aeronautiche, e forse è stato anche questo – oltre che una certa affinità nell’osservare le cose del mondo – che ci ha mantenuto in familiare contatto. Aveva scritto molto, visto ancora di più, disponeva di un’ingente quantità di materiale inedito. Ma negli ultimi anni il suo cruccio era quello di aver tramandato troppo poco ai posteri. Da qui la decisione, maturata un po’ tardivamente, di lasciare testimonianza in alcuni libri – quattro, per l’esattezza – di ciò che aveva visto e vissuto. Anche questi, scritti quando il tempo cominciava ormai a stringere – non sempre sono stati oggetto di critica benevola da parte dei soliti detrattori. Tra le osservazioni più rimarcate, vi è una certa carenza nella citazione documentale delle fonti. Ma si tratta pur sempre di Storia, ricordata “dall’interno” da uno che c’era. Così, quando mi ha chiesto di scrivere la prefazione della serie, l’ho fatto molto volentieri”.

E’ vero che fu testimone di lanci di V-2 a Peenemunde?

Mi raccontava di aver visto non solo i lanci delle V-2, ma tante altre cose allora inedite come l’assemblaggio del bireattore Me-262 Schwalbe (rondine), del razzo antiaereo X-4 Schmettrerling (farfalla), delle bombe volanti V-1 (dotate di pulsoreattore), dalle quali hanno avuto origine in moderni missili da crociera tipo cruise, del missile-intercettore Natter (pilotato dalla famosa Hanna Reitsch, che Gigi aveva anche intervistato). E, ancora, aveva potuto vedere il bireattore da bombardamento e ricognizione lontana Arado 234-B, operativo in due esemplari anche in Italia (aeroporto di Osoppo), il caccia a reazione leggero monomotore He-168, prodotto in quantità, ma ormai fuori tempo massimo, e il Me-163, intercettore a razzo caro agli aviatori italiani, in quanto oggetto di una prima fase di addestramento da parte di alcuni piloti del 1° Gruppo Caccia “Asso di Bastoni” del maggiore Adriano Visconti. Aveva avuto modo di intervistare anche il capitano Schriver, il pilota tedesco destinato a collaudare una sorta di disco volante che, tuttavia, era stato distrutto da un bombardamento prima del primo volo. Anche Schriver, poi, andò negli Usa e ci rimase, come von Braun”.

Cosa gli raccontò Goebbels nell’intervista sulle Wunderwaffen?

“Gigi raccontava che nell’ottobre 1944 Mussolini lo aveva incaricato di recarsi in Germania per “saperne di più” su quelle armi segrete con le quali Hitler contava, seppure in extremis, di invertire le sorti della guerra. Si presentò a destinazione con credenziali del Duce che gli permisero di accedere a Goebbels, il quale si limitò ad autorizzarlo a visitare Peenemunde ed altre località, accompagnato da ufficiali tedeschi. Non mi ha mai parlato di una vera e propria intervista”.

E quale idea si era fatto Romersa del progetto e anche del Ministero della Propaganda del Reich?

“Non me ne ha parlato, né sul libro sulle “armi segrete” si dilunga su questo”.

I nazisti avevano l’atomica?

“Pare proprio di sì, il progetto veniva chiamato “bomba disgregatrice”. Romersa raccontava che nel corso della visita venne portato in un bunker nell’isola baltica di Ruggen, da dove – protetto da scafandro – aveva potuto osservare l’effetto distruttivo (in un raggio di oltre due chilometri) dell’ordigno sperimentato. Spiegava che, prima che la zona venisse occupata dai russi, le esplosioni erano state due, o forse tre. I materiali, in ogni caso, furono portati in salvo, pare, in Baviera. Secondo Romersa, all’arrivo degli americani le bombe già sperimentate e ora in fase finale di assemblaggio erano due. “Strana coincidenza – mi diceva – solo tre mesi dopo ci sono stati gli scoppi di Hiroshima e Nagasaki….”.

Romersa e Werner von Braun rimasero in ottimi rapporti anche dopo la guerra, vero?

“Si, si sono incontrati spesso – e su questo c’è buona documentazione fotografica – fino alla scomparsa prematura dello scienziato”.

Von Braun parlò mai a Luigi della missione Oltre Mare Sud? La storia della base antartica è invenzione o realtà?

“Non me ne ha mai parlato, quindi credo proprio di no. Di certo, ha visitato Camp Century (Groenlandia), base americana costruita sotto il ghiaccio. So però che, nei suoi giri del mondo, in un viaggio ha toccato anche il continente antartico, ospite, se ho ben capito, della US Navy. La base tedesca, ormai sembra comprovato, non è mai esistita se non nella fantasia di alcuni. Però, i rifugiati nazisti in Argentina c’erano ed erano veri…”

*Già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare e della Difesa, giornalista pubblicista, è membro del Comitato direttivo dello IAI (Istituto Affari Internazionali)

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