L’intervista. L’eurodeputato Gollnish, Front National: “Difendiamo la Francia e la sovranità”

Gollnish-Le PenBruno Gollnish è nipote dello scrittore e ministro degli esteri francese Èmile Flourens. Professore universitario, ha insegnato lingua e letteratura giapponese fino al 2005 all’università Jean Moulin di Lione. Politico di lungo corso nel Consiglio regionale del Rhône-Alpes, europarlamentare, vicepresidente del Front National, si è candidato alla presidenza del partito, ma ha perso il congresso a favore di Marine Le Pen, l’“eroina” del nuovo corso.

Gollnish, non le chiedo di addentrarsi in valutazioni tutte interne al Front, riguardo la politica di Marine e quella di suo papà, il “vecchio leone” Jean-Marie, che fondò il partito nel 1972. Tuttavia …

“Ripensiamo a Charles De Gaulle. È stato accusato al tempo stesso di essere fascista e bolscevico. Noi stiamo solo difendendo l’interesse superiore della Francia. Ne è stata fatta di strada, vero? Avevamo previsto cosa sarebbe successo, ma eravamo completamente soli. Credo che per noi il vero ‘sdoganamento’ sia avvenuto con il secondo posto di Jean-Marie alle spalle di Jacques Chirac nelle elezioni presidenziali del 2002”.

Marine ha fatto un cambiamento di marchio che ha comportato un certo allontanamento dalla storica immagine del partito. Oggi lei preferisce parlare della “vague Bleu Marine”, letteralmente l’onda blu marina, giocando col proprio nome.

“Il vero problema è capire se la diagnosi è giusta. Se hai un tumore e ti curi con un farmaco per l’influenza, muori: è quello che sta accadendo all’economia francese”.

Qual è la Francia del Front National?

“Una Francia nuovamente sovrana. Che controlla la sua moneta, il suo bilancio, le sue frontiere. Che faccia un po’ di sano protezionismo e possa decidere liberamente il sostegno a un settore produttivo strategico. Basta con la libera circolazione delle persone, che vuol dire immigrazione a basso costo utilizzata per impoverire le buste paga dei francesi. Basta con la libera circolazione delle merci, che vuol dire concorrenza sleale e delocalizzazione produttiva. Stop con la libera circolazione dei capitali che significa aprire le porte alla speculazione”.

Tutto ciò sarà possibile?

“E perché no? Perché dobbiamo per forza prendere per buono questo sistema, apparentemente incontestabile? Perché non possiamo immaginarne uno diverso? Veniamo da un secolo caratterizzato da due totalitarismi, il nazismo e il comunismo, e ora ne viviamo altri due, il mondialismo e l’islamismo. La dittatura del libero mercato, peraltro finto, e della religione. Mi dispiace, non ci sto”.

In “L’Islam e gli Stati Uniti. Un’alleanza contro l’Europa”, Alexandre Del Valle prende atto con rammarico della graduale distruzione dell’identità culturale francese ed europea. Secondo lui questa distruzione è anche frutto dell’ americanizzazione mentale del Vecchio Mondo che ha fondato l’odio provato da molti immigrati musulmani in Europa, nonché la diffusione dell’islamismo nel paese ospitante.

“La civiltà materialista ed edonista non può durare a lungo, perché la progressiva distruzione delle caratteristiche naturali, come la famiglia, e l’eliminazione di ogni spirito di cittadini e della morale, necessaria per la coesione sociale e la sopravvivenza delle nazioni, portano inevitabilmente all’autodistruzione e al suicidio collettivo. Inoltre, il vuoto demografico e spirituale attira necessariamente nuove persone e nuove credenze. Ed è proprio nel funzionamento del vuoto spirituale dell’Occidente che vuole insinuarsi il progetto islamico. O noi convertiamo loro, o loro ci convertono. È quello che ci ha segnalato padre Charles de Foucauld, prima di essere assassinato da un tuareg musulmano. Si potrebbe dire oggi: o noi torniamo alla religione dei nostri padri oppure saranno loro a convertirci. L’Europa di oggi è vulnerabile, vittima della cultura nichilista e thanatocratica dominante in Occidente. Una civiltà sterile è, per definizione, una civiltà della morte, che sta fuori dai sentieri della sana reazione nazionale, popolare e di salvezza sociale”.

La Russia di Putin?

“La Russia è una speranza per il mondo contro i nuovi totalitarismi. Pensiamo a un’unione pan-europea che includa proprio la Russia. Con Putin condividiamo valori come il patrimonio cristiano della civiltà europea. Come euroscettici guardiamo alla Russia anche per spezzare la consolidata alleanza dell’Ue con gli Stati Uniti. La presunta incapacità di Bruxelles di proiettarsi come potenza globale indipendentemente dalla Casa Bianca, la necessità che la Russia faccia da contrappeso allo strapotere americano sono difatti temi da considerare nella nuova geopolitica. Ha ragione il filosofo Alain de Benoist a sostenere che “è oggi la Russia la principale arma per contrastare l’egemonia americana”.

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Mario Bocchio

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