• Home
  • Il Clan
  • Privacy Policy
  • Contatti
martedì 20 Aprile 2021
No Result
View All Result
Barbadillo
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Barbadillo
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Barbadillo
Home Politica

Il punto. Il partito della nazione di Renzi? Un progetto di ristrutturazione neoliberista

by Onofrio Romano
28 Ottobre 2014
in Politica
0

renzi1È imbarazzante confutare la narrazione del “partito della nazione” come chiave d’inquadramento della fase presente. Sia perché essa discende in linea retta dalla tradizione più nobile del movimento operaio, sia per l’autorevolezza di chi la propone per l’oggi. Eppure – lo dico subito, senza mezzi termini –, ritengo che essa vada liquidata al più presto come costruzione “ideologica” (nello specifico senso marxiano), ergo funzionale al mantenimento di assetti regressivi.

Come ogni ideologia, la narrazione del partito della nazione pone in primo piano elementi di realtà, dietro i quali si cela una falsificazione. I fatti che ne giustificano la riesumazione sono sostanzialmente due: uno di carattere quantitativo – il 40% al Pd –, l’altro di carattere qualitativo – la valanga di voti si deposita su un soggetto pienamente inquadrato nel solco europeo, non populista, fedele alle istituzioni democratiche, non anti­sistemico. È possibile, ciò ammesso, che “questo” Pd funga da fantomatico partito della nazione, ossia che, nel turbine della crisi, la “parte” democrat prenda le redini dell’interesse generale e faccia quel che c’è da fare? È a questo punto che il riconoscimento di “ciò che è” cede a un immaginario “dover essere”.

Ci convinciamo, vale a dire, che quel che c’è da fare (e che questo Pd si appresta a fare) corrisponda esattamente a quel che, da anni, noi pensiamo si debba fare. Ossia, rigettare il dogma liberale, farla finita con l’austerità di bilancio, rimettere nelle mani dello Stato la programmazione dello sviluppo, rilanciare le politiche sociali, riqualificare e rivalorizzare il lavoro, ridare forza ai corpi intermedi e ai processi partecipativi eccetera. Insomma, noi pensiamo che Renzi, con la sua energia e il suo carisma, abbia dissodato il terreno e che ora finalmente realizzerà non il suo, ma il nostro progetto di sempre. Renzi ci mette il corpo e noi ci mettiamo la testa. Inutile dire che questa è una favolosa illusione. La testa, Renzi ce l’ha già e non ne ammette altre. L’ideologia del partito della nazione, mettendo avanti i due dati di realtà sopra enunciati, “occulta” la banale realtà: Renzi sta realizzando né più né meno che un progetto di ristrutturazione neoliberista, perfettamente allineato ai dettami erogati a suo tempo dalla Trilateral Commission, fidando sul fatto che questa ristrutturazione, avviata ovunque a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, in Italia si è realizzata poco e male. È impegnato cioè nell’impiantare in loco lo stesso modello già ampiamente fallito altrove. È impegnato ad aggravare la crisi. Per giustificare questa macroscopica svista sul progetto generale, ci consoliamo additando singoli provvedimenti – gli ottanta euro, su tutti – che appartengono alla vena populista di Renzi (dimenticando, tra l’altro, che il populismo è un lubrificante fondamentale dell’assetto neoliberale, non certo il suo antidoto – al netto di ogni considerazione di merito).

Si tratta, in realtà, di una vecchia scommessa: occorre sempre favorire i processi di modernizzazione, en général e a prescindere dalla loro qualità, poiché se smuoviamo le cose arriverà immancabilmente il nostro turno, ossia la “rivoluzione socialista!”. Sono ben note, in questo senso, le pagine di Marx circa il ruolo rigeneratore giocato dalla borghesia nei confronti degli assetti feudali. Essa non è che una stazione intermedia verso il sol dell’avvenire. Questa forma di provvidenzialismo percorre tutto il pensiero del movimento operaio e giustifica da sempre l’alleanza tattica con – diciamo così – la “borghesia”. La storia dell’ultimo secolo dovrebbe averci ampiamente insegnato che purtroppo non funziona così. La borghesia ha dimostrato di avere a disposizione un infinito repertorio di variazioni sul tema della “rivoluzione passiva” e il nostro turno non arriva mai. L’effetto reale della credenza provvidenzialista è quello di rigettarci in una sorta di “spirale del silenzio”: i nostri argomenti spariscono dalla scena pubblica. Nascosti nella vergogna, vengono sempre rimandati a un futuro indefinito, nel quale – si immagina – le condizioni per la loro rappresentazione si faranno mature. Guardando più specificamente alla questione del partito, noi pensiamo che un soggetto al 40% confrontato a una crisi di tali dimensioni abbia per ciò stesso bisogno di strutturarsi sul territorio, di aderire esattamente all’immagine che noi abbiamo del partito come comunità concreta di persone che decidono dei destini generali attraverso la discussione collettiva. Niente di più opinabile: il partito di Renzi funziona benissimo così com’è. Non ha bisogno di attingere ad altri modelli. Non ha bisogno della moltiplicazione dei luoghi di elaborazione e di decisione collettiva. Tutt’al contrario: mira a evacuare quei luoghi o a renderli del tutto irrilevanti. Ha bisogno di un centro che comunichi direttamente con l’elettorato. Ma l’immagine del partito della nazione è incongrua soprattutto per un altro motivo. Nella sua formulazione originaria, la traiettoria logica che lo abita procede dalla “parte” verso il tutto. Il perseguimento dell’interesse proprio di una comunità politica finisce, in un determinato frangente storico, per coincidere con i bisogni e l’interesse della comunità nazionale tutta. Ciò che viene elaborato nella comunità­ partito fa da guida al paese. Ebbene, occorre prendere consapevolezza che l’assetto venutosi a configurare, soprattutto in virtù (o in vizio) dell’evento fondativo delle primarie, produce la totale inversione della dinamica immaginata: oggi è il tutto che determina la parte.

La narrazione del partito della nazione potrebbe avere un fondamento se la parte godesse effettivamente di una sua autonomia sovrana, di una libertà di elaborazione, a partire dalla quale condurre la sua lotta per l’egemonia. Non è evidentemente così in era renziana. Quel che abbiamo di fronte è una sorta di commissariamento strutturale e permanente della dimensione comunitaria interna da parte delle forze esterne (che non sono un’astrazione, bensì l’espressione degli interessi vigenti e incistati nella comunità nazionale e – sempre di più – internazionale). Ogni elaborazione sovrana interna alla comunità viene immediatamente squalificata dall’esterno. Renzi, infatti, trae la sua legittimazione al di fuori del partito (nella sfera della generica “opinione pubblica”), e gioca continuamente questa legittimazione contro le determinazioni interne, disinnescando all’origine l’autonomia della comunità ­partito.

Il problema vero è che alla lunga non si dà più nemmeno contrasto visibile tra interno ed esterno: la comunità ­partito interpreta sempre più la sua autonomia come adattamento alla “linea” decisa nella sfera – tutt’altro che neutra e spontanea – dell’opinione pubblica. È lo stesso meccanismo di perdita dell’autonomia delle singolarità che si verifica nei sistemi complessi e apparentemente aperti (su cui è disponibile ormai un’ampia letteratura). Questo spiega il repentino cambio di paradigma che l’intera comunità politica del Pd (nonché il suo gruppo parlamentare) ha operato nel passaggio da Bersani a Renzi. Come si può sperare, date queste condizioni, che la parte guidi il tutto? È esattamente il contrario: il tutto guida e determina la parte. Non siamo di fronte a un partito della nazione, ma a una nazionalizzazione del partito. L’autonomia del Politico è un lontano ricordo. (da ideecontroluce.it)

*sociologo dell’Università di Bari

@barbadilloit

 

Onofrio Romano

Onofrio Romano

Onofrio Romano su Barbadillo.it

Related Posts

L’eredità culturale e politica della Rivista di studi corporativi

L’eredità culturale e politica della Rivista di studi corporativi

19 Aprile 2021
Non basta il Recovery plan per ricostruire l’Italia

Non basta il Recovery plan per ricostruire l’Italia

13 Aprile 2021

Marco Valle: “I prossimi banchi di prova per le destre (oltre gli elogi del Corsera): dalla svolta green alle comunali”

Mentre il Covid ci immobilizza, si muove la Grande Politica

Ken Loach: “Con l’economia dei lavoretti siamo tornati al caporalato”

Il sottosegretario Sileri teme nuovi limiti dall’Ue per AstraZeneca

Covid, Zaia vuole misure più morbide: “Oltre quella sanitaria, c’è devastazione sociale”

Il caso. La sinistra vuole la patrimoniale

Serie Tv. Arsenio Lupin derubato da Netflix, l’appropriazione culturale a senso unico

Più letti

  • L’intervista.  Goikoetxea: “Il fallo su Maradona? La mia croce”

    L’intervista. Goikoetxea: “Il fallo su Maradona? La mia croce”

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Addio a Le Pen in Europa e a stop al progetto Sud, la Lega si ricolloca?

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Alain de Benoist: “Elezioni Usa: non c’è stata nessuna onda democratica pro Biden”

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • La monarchia inglese ha superato tutto, reggerà anche le recite di Meghan

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Destre. (di M. Veneziani). Meloni vola ma le manca classe dirigente

    0 shares
    Share 0 Tweet 0

Seguici su Facebook

Siti amici

  • 10 righe dai libri
  • Appennini di Gian Luca Diamanti
  • Arianna Editrice
  • Associazione Eumeswil Firenze
  • Calcio e statistiche
  • Diretta.it
  • Eclettica edizioni
  • Finanza Sexy
  • Hamelin Prog – Progressive Rock Magazine
  • Il blog di Roberto Perrone
  • Il diario del gigante Paolo Isotta
  • L'eminente dignità del provvisorio
  • linkiesta
  • melascrivo
  • Polémia
  • Rivista Visio
  • SilviaValerio.it
  • Storia in rete
Facebook Twitter Instagram

“All’orizzonte di quell’oceano ci sarebbe stata sempre un’altra isola, per riparsi durante un tifone, o per riposarsi e amare”.
Hugo Pratt

Barbadillo è un laboratorio di idee nel mare del web che, a differenza d’altri, non naviga a vista. Aspira ad essere un hub non conformista, un approdo libero nel quale raccogliere pensieri e parole e dove donne e uomini in marcia possono fermarsi a discutere insieme di politica, ecologia, musica, film, calcio, calci, pugni e rivoluzione.

Ultimi articoli

“La Valle Oscura”, un’occasione persa per la critica alla Silicon Valley

“La Valle Oscura”, un’occasione persa per la critica alla Silicon Valley

20 Aprile 2021
Berto Sour. Pandemia e (fuorviante) demonizzazione della rivolta popolare

Berto Sour. Pandemia e (fuorviante) demonizzazione della rivolta popolare

20 Aprile 2021
Neville (ex McUnited): “La Super League? Mi disgusta. Una scelta di avarizia”

Neville (ex McUnited): “La Super League? Mi disgusta. Una scelta di avarizia”

19 Aprile 2021

Ultimi commenti

  • Guidobono su Neville (ex McUnited): “La Super League? Mi disgusta. Una scelta di avarizia”
  • Marco su Arriva la SuperLega, ovvero se i grandi club se ne vanno col pallone (e col malloppo)
  • Gallarò su L’eredità culturale e politica della Rivista di studi corporativi
  • Guidobono su Arriva la SuperLega, ovvero se i grandi club se ne vanno col pallone (e col malloppo)
  • Guidobono su L’automobile e noi, storia (breve) dell’evoluzione di un rapporto
  • Guidobono su 150 anni fa nasceva Guglielmo Ferrero (il geniale genero di Cesare Lombroso)
  • Enrico Nistri su Georges Bernanos, un uomo libero tra male e grazia divina

with by amdotcom

No Result
View All Result
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Se continui nella navigazione acconsenti all'uso dei cookie.OkLeggi di più