Decennale. Marzio Tricoli, orgoglio passione carisma. A destra senza compromessi

marzio tricoli

“Mamma, oggi è il più bel giorno della mia vita”. Era il marzo del 1978: le Brigate rosse sequestravano Aldo Moro, Cosa nostra apriva la seconda guerra di mafia trucidando uomini e speranze. Lui, Marzio, compiuti i 14 anni, rigirava tra le mani quel cartoncino su cui spiccavano i colori verde, bianco e rosso: si era iscritto al Fronte della gioventù.

La parola d’ordine della borghesia palermitana era “compromesso”: vivi e lascia vivere. Marzio, appena adolescente, scopriva invece la sua prima comunità ideale, la gioia del senso di appartenenza, l’orgoglio di una bandiera, allora sì ancora unica e indivisibile, senza Fratelli né fratellastri. La passione della militanza, la libertà di poter sognare un mondo in cui non ci sia bisogno di turarsi il naso.

Orgoglio, passione. E coraggio. Consumava le scarpe tra il suo liceo Vittorio Emanuele II e gli altri istituti . Lui, poco più che una matricola alle superiori, andava a dare man forte e voce a quella minoranza silenziosa che cercava un punto d’appoggio per rivoltare il mondo. Con quello stesso coraggio e quella grinta che lo spingevano a imbracciare la palla ovale piuttosto che quella rotonda, e gli consentivano di superare i momenti più difficili del corso allievi ufficiali, coronare il sogno di diventare ufficiale paracadutista. E che un giorno avrebbe salvato la vita ai suoi figli e a sua moglie.

Orgoglio, passione, coraggio. E carisma. Quella dote innata, sintesi di simpatia umana, determinazione e slancio ideale che avrebbe calamitato intorno a sé un gruppo di giovani entusiasti, artefici insieme a lui di una straordinaria cavalcata politica, di elezione in elezione, in un crescendo di consensi e credibilità: 6.622 voti nel 1996, 8.400 nel 2001. Nessuno sembrava poterlo fermare. Sembrava.

Orgoglio, passione, coraggio, carisma. E ironia. “Si ricorda di me, Presidente?” sussurrava sornione il giovanissimo assessore al bilancio della Regione Sicilia Marzio Tricoli all’ex governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi in visita a Palazzo dei Normanni nella veste di Presidente della Repubblica. “Certo, rispose Ciampi, come sta Tricoli?”: “Come vuole che stia? Come uno che ha 5mila miliardi di debito sulle spalle” rispose Marzio, facendo scomparire gli occhi sotto le folte ciglia di un Presidente molto divertito.

Ma lì avremmo scoperto un’altro talento del giovane erede: perché se la natura ne aveva fatto un predestinato, che già nei tratti somatici portava più di noi fratelli l’eredità fisica e politica di Pippo Tricoli, Marzio ci aveva aggiunto un talento tutto suo: uno straordinario e modernissimo pragmatismo. Poteva stare ore e ore ad ascoltare gli altri, tutti prodighi di idee e progetti. Ma senza soluzioni. Poi, all’improvviso, Marzio interrompeva tutti con un secco: “facciamolo!”. “Come?” gli chiedevano gli altri. Lui rispondeva sempre allo stesso modo: “tu non ti preoccupare”. E la cosa si faceva. A 32 anni era stato chiamato a governare le disastrate casse della Regione siciliana… un compito enorme. “Tu, che al liceo sei pure stato rimandato in matematica?“ non smettevo di prenderlo in giro io. Come il signor Wolf di Quentin Tarantino, quello di “risolvo i problemi”, eccolo dribblare le banche e guardare oltreoceano, alla Chase Manhattan Bank per contrarre un mutuo che avrebbe fatto risparmiare non pochi miliardi al bilancio regionale. La circonvallazione è nel caos per i lavori al sottopasso del Motel Agip? Ed eccolo alzare il telefono e chiamare in causa il Genio militare per progettare in pochi giorni un ponte mobile che avrebbe scongiurato anni di ingorghi e code snervanti. Se nel frattempo una caldaia a gas non avesse fatto saltare i suoi piani.

Aveva appena 38 anni quando la sua carriera si è bruscamente interrotta. Ma all’eredità paterna, alla sua concretezza postideologica fondata su rocciose convinzioni ideali, aveva aggiunto la ciliegina della sua maturità politica: una propensione al dialogo, al confronto con gli avversari, che gli aveva permesso in quei primi, ultimi mesi del 2003 di conquistare il consenso politico per una sua candidatura alla presidenza della provincia di Palermo. E chissà dove sarebbe arrivato.

Di certo la sua fede e la sua umanità lo hanno portato ad affrontare la morte con coraggio e serenità cristiana. Per tenere a battesimo il suo primo giornalino, “Il Fanalino” aveva scelto una recensione del film “Neverending story”, tratto dal romanzo di Michael Ende. Era il 1984. E come recita il titolo, se oggi stiamo qui a parlare ancora di lui vuol dire che davvero quella storia non è mai finita.

Fabio Tricoli

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