Tv. Giannini vs Floris: il monopolio elitista del talk salvato dalle scosse di Scalfari e Landini

Giannini contro Floris. Repubblica contro Luiss. Due prodotti differenti, un risultatofloris ginnini del tutto simile. Da un lato la tv di stato creata nella redazione di Repubblica, dall’altro il professionismo chic della sinistra liberal cresciuta a Popper e Parioli. Su Rai 3, dunque, va in onda chi, per storia e cultura, dovrebbe opporsi al rottamatore Renzi, finendo, poi, col tirarne la corsa per ovvie ragioni tattiche; su La 7, va in scena colui che più di tutti dovrebbe interpretare l’antropologia vincente del renzismo laburista, divenendone, invece, fermo oppositore per ragioni più o meno personali. Il risultato è un monopolio sinistro del talk, dentro al quale si fa fatica a ritrovare un qualche contenuto di concretezza, differente dal solito chiacchiericcio da Seconda Repubblica. Così, a Ballarò, tocca riascoltare la parlata pedante, pensosa e saggia di Romano Prodi, grottesco leader di una Ue che “doveva essere diversa” (sic!). E’, a farla breve, il conformismo elitista, l’ospite che spadroneggia nel duopolio del talk politico. Floris, all’esordio, non se la cava affatto meglio: a Paolo Mieli (Rcs) e Luigi Abete (Bnl), mancano giusto sigaro e tuba per sembrare collegati direttamente dalla City londinese di qualche decennio fa. Paternalismo e zero soluzioni; Ballarò e DiMartedì decidono così di non farsi male, lasciando a Formigli il ruolo del ‘giovane’ scapestrato. Tralasciamo poi, per carità patria, gli ospiti politici di entrambe le trasmissioni.

Uniche note d’interesse a spezzare il cartellone da oligopolio dell’informazione sotto sale: l’intervista volante di Eugenio Scalfari e la violenza concettuale di Landini. Il primo, grande vecchio saggio odiato dalla nuova Repubblica, prende a pugni tutti, con il consueto stile di chi si pone al servizio delle proprie idee, giuste o sbagliate che siano; smonta l’amore fra Renzi e Berlusconi con due battute, lasciando negli occhi di Floris l’invidia per una generazione di uomini scorretti che non tornerà. Il secondo, capo popolo metalmeccanico, assomiglia ad un vichingo medioevale invitato ad una tavola di vegani: resta educato e pacato quanto riesce, ma quando gli elitisti propongono ulteriori dosi di flessiblità, sgranando gli occhi verso Giannini, manda tutti, fantozzianamente, a quel paese, riportando dati, cifre e fatti di un paese che, flessibile o meno, il lavoro non lo crea più. Ecco, pezzi di vecchia sinistra morente: non restano altri contenuti di realtà nel magico mondo del talk show politico.

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Giacomo Petrella

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