Tibet. Il Dalai Lama: “Non avrò successori”. Finisce una tradizione

ImprimirQuando morirà, il Dalai Lama, autorità suprema dei buddisti tibetani, non vuole che i suoi seguaci di votino un successore. «L’istituzione del “Dalai Lama” ha fatto il suo tempo», ha raccontato al tedesco Die Welt l’uomo ormai 79enne, che nel 1989 aveva vinto il premio Nobel per la pace.

Una doccia fredda per molti tra fedeli e non. «Così finiscono quasi cinque secoli di tradizione Dalai Lama e questo accade volontariamente. Le persone che pensano politicamente devono quindi rendersi conto che l’istituzione del Dalai Lama, dopo quasi 450 anni, dovrebbe aver fatto il suo tempo».

Sulla questione della sua successione ritiene che: «Il buddismo tibetano non dipende da un solo individuo. Abbiamo una buona organizzazione della quale fanno parte monaci e studiosi altamente qualificati».

Da quasi tredici anni, infatti, il movimento tibetano in esilio ha un meccanismo per il quale le decisioni più importanti vengono assunte dalla leadership politica. «Negli ultimi cinquant’anni abbiamo costruito, passo dopo passo, una forte comunità qui in India», ha sottolineato il quattordicesimo Dalai Lama, al secolo Tenzin Gyatso.

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