L’intervista. Arpino: “L’Irak? La ‘grande America’ deve dimostrare la propria influenza”

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Tom Hanks (a sinistra) in una scena del film “La Guerra di Charlie Wilson”, dedicato al senatore americano che investì milioni di dollari nelle forniture d’armi ai guerriglieri afghani in funzione anti URSS

Questa volta niente miliardari texani e nessuna operazione Cyclone. Il tutto sembra accadere in termini piuttosto modesti, con il riciclo di armi anzianotte e surplus dei quali, con sollievo, abbiamo trovato un’ottima occasione per cominciare a liberare i nostri magazzini” replica Mario Arpino* ad un nostro accostamento tra Matteo Renzi e Charlie Wilson, ve lo ricordate? Tom Hanks ne indossò i panni in una celebre pellicola del 2007 che ricostruiva i dettagli e lo sviluppo di quella che passò alla storia come  “Operazione Cyclone”. Ma l’analisi di Arpino non risparmia anche gli USA, per la loro politica estera “ondivaga, contradditoria e spesso inconcludente“.

Armi ai Peshmerga: Renzi indossa i panni di Charlie Wilson?

No, credo proprio di no. Questa volta niente miliardari texani e nessuna operazione “Cyclone”. Il tutto sembra accadere in termini piuttosto modesti, con il riciclo di armi anzianotte e surplus dei quali, con sollievo, abbiamo trovato un’ottima occasione per cominciare a liberare i nostri magazzini. Una fornitura da “spending review”, insomma, che forse non è esattamente ciò di cui hanno bisogno i bravi Peshmerga. Ma tutto fa. Specialmente se, in semestre italiano, ciò ci consente di affermare che stiamo ottemperando tra i primi ai deliberata del vertice dell’Unione europea, da noi lodevolmente convocato a ferragosto. Atto doveroso, s’intende, ma che non è niente male anche come trovata pubblicitaria. Senz’altro meno spettacolare della secchiata d’acqua in testa, ma comunque redditizio e a basso costo. Ora, finalmente, siamo anche noi tra quelli che “fanno qualcosa”.

C’è il rischio concreto che la guerriglia curda, un domani, possa rivolgere le armi contro l’Occidente stesso?

I Curdi hanno i loro obiettivi, che possono anche non coincidere con quelli occidentali, ma è un rischio che è difficile intravedere. Per loro, la lotta al c.d, Stato Islamico è anche la lotta per preservare e se possibile ampliare le autonomie rispetto a Baghdad del Governo Regionale curdo, con il quale persino la Turchia di Erdogan – che non è più da considerarsi Occidente – intrattiene rapporti politici e commerciali. Se, come auspichiamo, la loro azione contro l’Isis contribuirà al successo, acquisiranno dei diritti che sarà difficile disconoscere.

Obama invia consiglieri in Irak. Primo passo verso un nuovo attacco militare USA?

La politica estera di Obama continua ad essere ondivaga, contradditoria e spesso inconcludente. Anche la grande America, come la piccola Italia, ha bisogno di dimostrare al mondo che “fa qualcosa”. Il guaio è che non sa bene cosa, e continua ad inseguire gli eventi. Giusto difendere i propri cittadini a Erbil, e con essi i propri interessi energetici. Ma non dimentichiamo che molti dei guai in cui nel tempo sono incorsi gli Usa sono cominciati proprio con l’invio di “consiglieri”…. Quello che è certo, è che per fermare l’Isis non sarà sufficiente qualche raid dalla portaerei o qualche Predator armato.

Secondo la sua esperienza l’Isis potrebbe contare su fiancheggiatori esterni? Se si, quale sarebbe il vantaggio per uno stato mediorientale nel finanziare il Califfato islamico?

Il tutto va riguardato nel più ampio quadro della secolare lotta tra sciiti (solo il 10 per cento dei musulmani) ed i sunniti (90 per cento). L’Iran è considerato minaccia regionale. L’Isis, pur nella sua efferatezza, da alcuni può essere considerato come temporaneamente strumentale a questa lotta intestina. Da alcuni, infatti, l’offensiva estremista è salutata come una sorta di “primavera irachena”. Tra questi, il vicepresidente sunnita Tariq al-Hascemi, condannato a morte e poi accolto e ospitato con tutti gli onori prima a Doha, poi a Riyadh ed ora, come esiliato, in Turchia. Idem per l’associazione degli ulema iracheni (capi religiosi sunniti), che opera da Amman.

*Ufficiale pilota dell’AM, già Capo di Stato Maggiore della Difesa, analista di Affari Internazionali

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Marco Petrelli

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