La provocazione. La grottesca “lunga guerra” e il ruolo degli intellettuali nella crisi

gretaTipico dell’anima faustiana è l’indeterminatezza, somma di lontananza e profondità. Caratteristica emblematica della nostra epoca: ciò che non ha atto, ciò che risulta intangibile. Al confine fra Russia e Ucraina, o fra Palestina e Israele, con estrema difficoltà, si denota ancora qualcosa di vagamente e bestialmente umano, ossia di concreto, di classico. In Europa no. Così gli editorialisti cominciano a chiamare “la lunga guerra” la recessione cronica che ci attanaglia; è un corretto sforzo iconico. Si tenta, classicamente, di dare all’intangibile, al niente, una forma. Una guerra senza cannoni, senza soldati, di certo coi suoi morti, le sue generazioni spezzate e tuttavia non delimitabile: non c’è casus belli, non c’è dichiarazione di belligeranza, non ci sarà armistizio. Il debito è un concetto astratto, aritmetico, appunto, faustiano: lontano, indeterminato e senza tempo. Immaginare una guerra come una malattia senza cura non è stato semplice: ma lo abbiamo, infine, capito tutti. Epperò la partita di giro fra la schiavitù cinese e la gabbia dorata del debito, sia esso pubblico o privato, non possiede alcun riferimento attaccabile, nessuna roccaforte da conquistare; gli elettori vagano senza meta, i politici pure: dalla casta alla casbah, poco cambia.

Abbiamo dunque la diagnosi, mentre la cura resta dispersa su di un altro piano. E qui andrebbero rimproverati tutti quegli intellettuali, di destra e di sinistra, sistemici o non sistemici, che da trent’anni, ripetendo le stesse cose, la crescita, la corruzione, l’evasione, le tasse, la famiglia, i diritti civili, delegavano e svendevano, prima di tutto, la propria sovranità e poi i nostri ultimi appigli di concretezza. La cura sta su di un altro piano, dicevamo: quello di una classe intellettuale diversa. Nuova perché fatta dalla generazione che deve, obbligatoriamente, ripiombare dall’astratto al concreto, dal faustiano all’apollineo, al gran prezzo di sbucciarsi le palle saltando il filo spinato di un conflitto disvelato.

Putin e Orban parlano apertamente della fine della democrazia liberale così come l’abbiamo fino ad oggi conosciuta. In Europa di che si parla? Di revisione dei Trattati? Astrazione su astrazione. Reiterazione del reato. Servono fatti: scegliere una Fiume e prenderla in ostaggio. Chi farà tanto avrà creato una nuova classe dirigente capace di indicare, nomi, forme e confini.

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Giacomo Petrella

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