Politica/2. Plebiscito per Salvini al congresso. Tutti pazzi per l’altro “Matteo”

Matteo_Salvini_foto_AdoniaAppena acclamato al congresso federale celebrato a Padova, Matteo Salvini ha tutt’altro che voglia di godersi in serenità il plebiscito che l’ha confermato leader della Lega Nord almeno fino al 2016. Due messaggi arrivano dall’assise: «Il centrodestra non esiste più. È una categoria dello spirito. E poi come facciamo a rimetterci insieme con chi in Europa sta con la Merkel e in Italia appoggia le controriforme di Renzi?». E due: «Oggi lanciamo una rivoluzione fiscale che in ottobre spero porti in piazza milioni di italiani: proporremo un’aliquota fiscale secca al 20% uguale per tutti, dal nord al sud, per ricchi e poveri. La nostra scommessa è quella di far pagare di meno a chi oggi paga troppo e di costringere a pagare chi oggi non lo fa».

Sfida aperta da una parte al “redento” Berlusconi dopo l’assoluzione piena al processo Ruby e attacco ad Angelino Alfano, il “popolare” all’italiana. E dall’altra parte sfida al renzismo con la scelta di intraprendere una battaglia sul reddito degli italiani, poco o nulla stimolato dagli 80 euro del governo Renzi, con la “rivolta fiscale” minacciata a settembre. Su questi due fronti il segretario leghista intende non solo occupare lo spazio vitale dell’opposizione ma dettare anche l’agenda politica alternativa, vera precondizione per tornare a parlare di coalizione di centrodestra.

“Centrodestra chi?”

Per il momento, come ha spiegato dal palco, Salvini pensa che Berlusconi non possa rappresentare un interlocutore credibile: «A casa sua nell’ultimo mese ci sono state due assoluzioni. Piersilvio parla bene di Renzi? Assolto. E lo stesso è successo al padre: la sentenza Ruby è stata ribaltata perché lui è accondiscendente con il presidente del Consiglio. Chi lo tratta bene, evidentemente riceve un premio ». Da queste parole si comprende perfettamente come Salvini non intenda normalizzare la Lega secondo gli umori tutti interni al “patto del Nazareno”: una sorta di do ut des tra il premier e l’ex Cavaliere giocato sull’asse giustizia (per il Cav)-riforme (come piacciono al rottamatore).

Più in generale, Salvini ha fatto capire come l’intera architettura della Seconda Repubblica è saltata da quando la normale logica dell’alternanza è stata “sospesa”: «Non esistono più né il centrodestra, né il centrosinistra. Esiste chi difende il territorio rispetto agli avvoltoi. E proprio al territorio noi ci rivolgiamo, non ad Alfano, a Berlusconi, a Casini e alla Meloni». Insomma, se Salvini dice “no” al rinfrancato ex premier che parla già di “ricomposizione”,  manifesta anche qualche perplessità sul fatto che a queste condizioni le primarie (sostenute da Giorgia Meloni che sostiene da qui la “rifondazione” del centrodestra) possano servire a dare sostanza politica: «Primarie? Se manca il progetto non mi interessano i nomi».

Tutti pazzi per Matteo

Insomma, nel giro di appena sette mesi un altro “Matteo” sta seducendo e conquistando fiducia tra l’opinione pubblica e la società politica. Un’ascesa “spericolata” questa dell’ex enfant prodige del Carroccio che è riuscito a catapultare di nuovo al centro della scena politico un partito considerato moribondo dopo gli scandali e la reggenza troppo morbida di Roberto Maroni.

Quali i segreti di questo successo? Prima di tutto Salvini ha saputo sfidare consuetudini, resistenze culturali e identitarie attorno alla quali si era consumato (in tutti i sensi) il sodalizio dell’ex “cerchio magico”: lo ha fatto giocando una mano azzardata a fianco di Marine Le Pen (per i leghisti intransigenti rappresentante di un partito nazionalista quindi vista come il diavolo) in Europa; lo ha fatto aprendo un vero e proprio cantiere in giro per l’Italia, portando la Lega a confronto con il disagio del Paese da Nord a Sud e investendo culturalmente con l’appoggio di studiosi, professori e centri studio; lo ha fatto avendo avuto il coraggio di voler rappresentare una forza attrattiva rispetto alle realtà non conformi e sovraniste “non rappresentate” che dal territorio reclamano un soggetto politico capace di fornire strumenti agili ma soprattutto ascolto.

L’utilizzo dei social da parte di Matteo Salvini è giudicato tra i più interattivi e innovativi del panorama politico

Ecco, la Lega di Salvini non solo è riuscita a monetizzare elettoralmente queste scelte tutt’altro che scontate, ma dall’assise di Padova ha rilanciato l’interesse a dialogare con chi pur non provenendo dalla storia del leghismo ha manifestato interesse verso la nuova avventura targata Salvini: lo si è visto con la partecipazione del movimento nazionale Patriae al congresso del Carroccio, con l’interesse di diversi settori intellettuali e giornalistici a ciò che sta avvenendo nell’ex partito di Bossi e con la volontà espressa dal segretario di dare supporto a chi, da Roma in giù, intenda opporsi all’impianto antisociale licenziato dal governo Renzi.

Leader che snobba i leader

Un segretario di rottura ma di successo, un po’ come Renzi questo Salvini. Perché, come Renzi, ha scelto di blindare il proprio campo attorno a poche parole d’ordine ma al passo coi tempi: niente più “riti” e fascinazione celtica-naif, ma ritorno al reale con una campagna politico-mediatica tutta giocata con un uso innovativo dei social (la pagina facebook di Matteo Salvini – tra diretta con gli elettori, cronaca politica, invettive, citazioni di De André e appuntamenti culinari – sta diventando oggetto di culto e di studio) e con un’interlocuzione che snobba volutamente il ceto politico per rivolgersi all’unico soggetto che secondo lui premia politicamente: il popolo. Il resto (ossia il risultato) è cronaca.

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Antonio Rapisarda

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