Focus. A Potenza la destra differente “cambia verso” alla città: De Luca sbaraglia il Pd

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Il neosindaco di Potenza Dario De Luca con la sua squadra. Tra di loro tanti i militanti del “Sentiero-Spina nel fianco”

Potenza “cambia verso”, ma nel verso che a Matteo Renzi non piacerà: a vincere al ballottaggio alle Amministrative, infatti, è stato il candidato della società civile sì ma di destra, ossia Dario De Luca. Un risultato storico, questo, per il capoluogo lucano gestito dal partito unico (sinistra democristiana e sinistra postcomunista) da decenni e che sembrava destinato all’ennesimo sindaco targato Pd dato che al primo turno Luigi Petrone – sostenuto dal centrosinistra, ossia dalla macchina da guerra capitanata dal capogruppo alla Camera del Pd Roberto Speranza – aveva sfiorato il 50%. E invece, una settimana dopo, è avvenuto l’impensabile: Dario De Luca, espressione di una coalizione formata da Fratelli d’Italia, Popolari e movimenti non conformi “Il Sentiero-Spina nel fianco” – ha sbaragliato pronostici e consuetudini e ha stravinto il confronto da outsider con il 58% (partiva dal 16% del primo turno).

IL PERCHE’ DI UN RISULTATO (STRAORDINARIO)

«Non abbiamo paura di nessuno. La vera rivoluzione la faremo noi», spiegava in chiusura di campagna elettorale De Luca. E così è stato. Un’affermazione figlia, come abbiamo raccontato su Barbadillo, di una campagna elettorale “radicata” nel tessuto di una città vittima da troppi anni di un sistema consociativo che ha strozzato ogni istanza di novità. Sistema, è il caso di dirlo, rispetto al quale anche il centrodestra “ufficiale” non sembrava porsi come avversario reale, come alternativa sostanziale ma – spesso e volentieri – come attore non protagonista dello stesso copione.

Non è un caso che la candidatura “civica” vincente sia stata altra anche rispetto al candidato di Forza Italia e del partito di Angelino Alfano, ossia degli spezzoni del centrodestra “classico”. De Luca e i suoi, insomma, hanno avuto il merito di aver compreso l’aspettativa crescente di una comunità frustrata e alla ricerca di una figura fuori dall’establishment. «Si tratta di una vittoria trasversale e di un messaggio di cambiamento» ha spiegato in nottata il neosindaco che, alla vigilia del ballottaggio, ha rifiutato significativamente l’apparentamento con gli altri partiti di centrodestra: segno che aveva capito come a lui e alla sua squadra era stato affidato il compito di liberare Potenza dal “monopartito”.

Una vittoria che vede però una mancata maggioranza in Consiglio comunale per il neosindaco (i seggi assegnati al primo turno sono in maggioranza del centrosinistra), eventualità che a caldo non sembra rovinare la festa a De Luca: «Non sono preoccupato dalla maggioranza che troverò in consiglio poiché sono convinto che con un buon programma si può portare la città fuori dal baratro».

IL RUOLO DEI MOVIMENTI IDENTITARI

«Primarie? Non se ne parla…». Così mesi fa i maggiorenti di Forza Italia avevano chiuso le porte alla richiesta di una selezione partecipata dello sfidante di destra alla corazzata Pd, come ci spiega Pio Belmonte, responsabile de “Il Sentiero”: «Una scelta dissennata che avrebbe significato l’ennesima resa incondizionata del centrodestra in Lucania». E invece come risposta i movimenti identitari potentini del “Sentiero” e “Spina nel fianco” assieme a Fratelli d’Italia (che qui a Potenza ha superato in termini di consensi Forza Italia e che è animato da una classe dirigente giovane e molto integrata in città) e ai Popolari hanno scelto allora di proseguire sulla strada di una candidatura che potesse rappresentare la discontinuità anche rispetto ai meccanismi incancreniti del centrodestra lucano.

Una spinta decisiva in tal senso è stata proprio quella dei movimenti identitari che sulla questione “civica” hanno tenuto il punto e che sono stati protagonisti, poi, di una campagna elettorale vivace che ha convinto il grosso dell’opinione pubblica – “liberata” al secondo turno dall’esercito di candidati al Consiglio comunale – a indirizzare il voto trasversalmente verso De Luca.

MODELLO POTENZA?

A Potenza, insomma, la scommessa è stata vinta su tutti i fronti, anche sul piano del metodo. Ricapitoliamo. Si parte con un candidato espressione della migliore società civile, spinto dall’entusiasmo di una comunità politica non conforme e da un partito che hanno rifiutato “l’imposizione” di una scelta unitaria. Questo candidato, poi, al primo turno riesce a piazzarsi sorprendentemente secondo battendo la concorrenza di Forza Italia e lo “sfidante ufficiale” di sinistra Falotico proprio grazie alla proposta di liberare la città dalle “lobby” che gestiscono da sempre la macchina burocratica ed economica del capoluogo.

Infine questa comunità riesce a interpretare e a incanalare la rabbia di una città verso un progetto animato da giovani espressione di realtà militanti da sempre impegnate a rappresentare una politica “differente”. Ed ecco che, rispetto al disastro quasi generalizzato del centrodestra in giro per l’Italia (se Perugia e Foggia sono due eccezioni positive, la conferma arriva dalla sconfitta emblematica della “speranza” di Forza Italia, Alessandro Cattaneo a Pavia), dal Sud arriva forse qualcosa di più di una vittoria. Arriva un modello.

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Antonio Rapisarda

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