Destre/3. Cercasi nuovo leader con le “idee a posto”

tric«Cercasi leader per il centrodestra», scrive Maurizio Belpietro su Libero. Sì, ma con le “idee a posto”, aggiungiamo. Perché oltre a “chi” occorre capire “per fare cosa”. Ma andiamo con ordine. Dopo l’ufficializzazione dei risultati che hanno sancito il boom di Matteo Renzi, il titolo dell’editoriale del direttore sintetizza a pieno il punto della questione: la sconfitta dei partiti del centrodestra è figlia non della libertà vigilata di Silvio Berlusconi ma di una piattaforma debole nonché di un atteggiamento ambiguo del leader di Forza Italia e del suo ex delfino Alfano nei confronti dell’attuale premier. Non solo. Secondo Belpietro è giunto il momento di ripensare anche il profilo stesso della coalizione nel momento in cui «così come sono, se cioè non cambiano registro, né Forza Italia né l’Ncd, ma neppure Fratelli d’Italia e la Lega, saranno nei prossimi anni un’alternativa a Renzi».

Di fatto anche da uno dei giornali più vicini all’ex premier si inizia a invocare apertis verbis un processo – la ricerca di un nuovo leader oltre il Cavaliere e di nuova proposta politica – che il grosso della dirigenza di Forza Italia (tranne forse Raffaele Fitto e qualcun altro) non osa nemmeno pronunciare, stretta com’è da un vincolo di subordinazione dettato da una pessima legge elettorale (il Porcellum) che ha contribuito a depotenziare il maggior partito della coalizione via via di dibattito, di polemisti di livello (Tremonti su tutti) e di volti nuovi rappresentativi (lo stesso Berlusconi ha ammesso che né l’investitura di Giovanni Toti né i club “Forza Silvio” hanno portato i risultati sperati, a dire il vero non ci voleva l’ammissione del leader per comprenderlo).

In tempi non sospetti, dopo il febbraio del 2013 all’indomani delle elezioni Politiche, avevamo spiegato su Barbadillo con gli interventi di Angelo Mellone e di tanti altri analisti che il problema del ricambio non era frutto di una fascinazione per il nuovismo rappresentato dal “rottamatore” ma una necessità dettata dall’emergere di nuove entità (la generazione Leopolda, piaccia o no, è a Palazzo Chigi e Grillo ha portato il 25% di sconosciuti in Parlamento) nonché soprattutto da temi (sovranità, critica al monetarismo, contrasto all’impianto burocratico dell’Ue e crisi del mercato del lavoro) rispetto ai quali la cosiddetta “rivoluzione liberale” risulta datata (così come le “rifondazioni” tante auspicate dalle destre post-Fiuggi).

Argomenti, questi, che la classe dirigente di Forza Italia ha volutamente ignorato confinando nell’effetto “Silvio” ma consegnando in realtà se stessa a una lunga via crucis che ha portato all’umiliazione di domenica, quando il Pd non ha solo più che duplicato i voti di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra ma ne ha sedotto l’elettorato e rubato parte del programma. Discorso a parte per Fratelli d’Italia e Lega Nord che hanno cercato di marcare un nuovo perimetro nel metodo e nel merito (e, non a caso, sono cresciuti elettoralmente) ma che non riescono ancora a spostare davvero il baricentro della coalizione sui temi sociali e sulla meritocrazia come dinamica della selezione politica.

Eppure ancora ieri si sentivano, da parte di diversi esponenti di tutti i partiti che abbiamo citato, espressioni del tipo «il blocco del centrodestra continuare a mantenersi al 30%». Una lettura distorta e scorretta dei dati come spiega anche Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: «La somma dei partiti è puramente virtuale. Uno schieramento spezzettato non è la stessa cosa di uno schieramento unito». E assieme a questo l’editorialista racconta come siano da sfatare alcuni luoghi comuni (dall’infallibilità di Berlusconi al terrore del dissenso fino all’inutilità delle primarie) che «rischiano di portare lo schieramento berlusconiano alla dissoluzione». L’ultimo di questi tabù da abbattere lo pronuncia Flavio Tosi, sindaco di Verona della Lega appena premiato con migliaia di consensi alle Europee: «È impensabile che Berlusconi si possa contrapporre a Renzi, che ha 39 anni. È un problema generazionale», ha spiegato riproponendo se stesso come candidato alle primarie di centrodestra.

Insomma, a poche ore dal disastro elettorale sembra affiorare una riflessione sulla necessità oggettiva di un rinnovamento altrettanto dirompente nella destra italiana come quello che ha permesso al Pd di convincere quasi un italiano su due. Ma tutto ciò – primarie, nuova leadership, volti nuovi – rischia di non acquisire senso se si non investe seriamente nel campo dell’ideazione e della professionalizzazione dell’offerta. Lo ha spiegato Edoardo Sylos Labini, responsabile del neonato dipartimento Cultura di Forza Italia: «Bisogna puntare sul rinnovamento partendo dalle professionalità. Basta con gli yesmen».

Anche su questo punto il nostro quotidiano è stato attento ben prima che i risultati rendessero ancora più evidente lo iato che si aperto tra società reale e società politica della destra: proponemmo di utilizzare le cospicue disponibilità della Fondazione Alleanza Nazionale per la creazione di un’accademia nazionale della politica che potesse rappresentare una scuola di eccellenza per la formazione di analisti, studiosi, amministratori e, perché no, luogo di promozione per artisti e maestranze. Alla luce di tutto quello che è successo, anzi che non è successo, ci sentiamo di rilanciare sommessamente ma con ancora più convinzione questa proposta. Un leader nuovo sì, ma con le “idee a posto”.

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@rapisardant

Antonio Rapisarda

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