Politica. Dall’Ungheria alla Francia i partiti euroscettici triplicano la rappresentanza

front-mediumLa botta c’è stata, e anche bella forte. Ubriacati dal trionfo del Pd di Renzi, in queste ore i media italiani stanno vivisezionando la situazione nazionale alla luce dei risultati delle Europee, ma se guardiamo al di là del nostro ombelico (tradizionale limite degli italiani) ci si può accorgere che dalle urne è uscita un’Europa cambiata.

I partiti euroscettici – che in molti casi più che scettici sono proprio contro “questa” Unione europea e la moneta unica – hanno triplicato voti e seggi; il fronte socialista guidato dal kapò Schulz è uscito dalle urne sonoramente battuto e anche il fronte popolar-conservatore (cioè l’altra faccia della stessa medaglia) è stato ridimensionato, anche se alla fine è risultato al primo posto. Per dare governabilità alla Commissione europea, ora le due coalizioni principali dovranno trovare una “larga intesa” (leggasi inciucione in salsa belga), magari tirando dentro anche i liberal-democratici del gruppo Alde.

 

Curioso notare come alcuni dei principali “peccati” politici rinfacciati proprio all’Italia dai politici dell’Europa settentrionale – cioè la scarsa alternanza, l’incapacità di realizzare il bipolarismo e una certa propensione all’inciucio – siano invece l’esatto metodo con il quale sono state sinora governate le istituzioni comunitarie, perfetta sintesi del Manuale Cencelli eurocratico per spartirsi i posti in base all’appartenenza politica e geografica.

Il vento di protesta che si è levato da gran parte dell’Europa con tutta probabilità non servirà a scalfire le strutture di potere di Bruxelles, ma se non altro il messaggio è arrivato forte e chiaro: Front National primo partito di Francia, L’Ukip di Nigel Farage primo partito in Gran Bretagna, in Grecia vince Syriza di Tsipras e Alba Dorata sfiora il 10% e manda due parlamentari in Europa. E ancora, nella Germania della Merkel si fanno strada gli euroscettici di Alternative für Deutschland, i Piraten e ottiene un seggio persino il movimento di destra radicale Npd; in Ungheria il partito del discusso premier Orbàn supera il 50% e i nazionalisti sfiorano il 15%; in Olanda la destra populista di Wilders è in calo ma alla fine manda in Parlamento lo stesso numero di deputati di democratici e cristiano-democratici; in Svezia i Democratici svedesi (nazionalisti euroscettici) prendono due seggi.

E se in Spagna il voto europeo avrà soprattutto riflessi interni (i partiti indipendentisti, Esquerra Republicana e Convegencia i Uniò, in Catalogna superano ormai il 50% e gli “alternativi indignati” di Podemos ottengono l’8% nazionale e 5 seggi), il paradosso è tutto italiano. Cioè di uno dei Paesi più massacrati dalle politiche di austerità di Bruxelles che premia sì alcuni euroscettici (M5S e Lega Nord in primis, ma anche l’Altra Europa per Tsipras) ma in sostanza si affida mani e piedi al partito governativo ed europeista ad oltranza, cioè il Pd di Renzi. Che diventa, oltretutto, prima forza continentale di orientamento di centrosinistra. Della serie: facciamoci sempre riconoscere.

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Giorgio Ballario

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