Il caso. “Sedia vuota” al congresso Cgil? Segna la crisi identità della sinistra “prima” di Renzi

Vince nei sondaggi, sta al governo, guiderà il semestre europeo eppure è in piena crisi di identità la sinistra italiana. O meglio, la sinistra “prima” di Matteo Renzi. Lo dimostrano due episodi apparentemente scollegati. Il primo è l’affronto della “sedia vuota” del premier al congresso della Cgil: un’assenza che significa come anche dal punto di vista formale e simbolico Matteo Renzi non abbia alcuna intenzione di fare corvée a chicchessia a sinistra. Dopo i «professoroni» che hanno contestato la «deriva autoritaria» sulle riforme costituzionali e che il premier ha liquidato sottolineando anche l’incoerenza del dominus di questi (quel Ro-do-tà che sosteneva la necessità di superare il Senato), Renzi ha sostanzialmente chiuso, almeno per il momento, la vicenda della concertazione spiegando come la riforma del lavoro si farà anche senza i sindacati (e senza Confindustria).

Il secondo episodio è “l’affronto” che il tele tribuno Michele Santoro ha subito da Beppe Grillo dopo che il leader del Movimento 5 Stelle è stato criticato in trasmissione da un operaio simpatizzante del Pd che commentava polemicamente la visita del comico alla Lucchini. Gesto che Grillo non ha perdonato rilanciando proprio Santoro nella rubrica-gogna “Il giornalista del giorno”. Il conduttore – che conosce perfettamente il meccanismo del dito puntato – non l’ha per nulla presa bene ed è arrivato addirittura a minacciare la convocazione di una piazza contro la piazza grillina. Qui si è aperta una falla che difficilmente si rimarginerà e che dimostra come anche dentro l’isola di Servizio Pubblico la concordia sia finita: non a caso si parla di un divorzio di Marco Travaglio, il giornalista più vicino ai grillini, da Santoro, ossia dal punto riferimento indispensabile per la sinistra televisiva in questi ultimi vent’anni.

Insomma, in tutte e due casi la sinistra lato sensu – da quella politica a quella sindacale fino a quella culturale – sembra disorientata rispetto a una nuova stagione della quale evidentemente non riesce a definire i contorni e lo stesso campo base. Se dal punto di vista politico nei circoli e nei think tank di sinistra dissimulano real politik sperando nell’effetto adda passà ‘a nuttata  (ossia che Renzi sia, crocianamente, l’ennesima “parentesi della storia”), la crisi è letteralmente esplosa nel cosiddetto potere periferico che rivela, in realtà, quanto sia percepita come preoccupante l’anomalia di Renzi e Grillo.

Il problema allora – parafrasando Gaber – è in qualche modo il cosiddetto “Berlusconi in me”. Un fatto di “codici” o presunti tali (come ha dimostrato la polemica sul bikini e il lato b di Paola Bacchiddu), di agenda economica (l’allergia al rito della concertazione) e di demonizzazione del nemico: tutto un armamentario che per anni è stato associato al berlusconismo ma che – a un’analisi meno grossolana – è facilmente spalmabile al grosso della cultura e della proposta del centrosinistra o, per lo meno, si è alimentato come un fiume carsico al suo interno.  Davanti a questo, adesso che il “dopo Berlusconi”, nonostante Berlusconi, è iniziato la sinistra “prima” di Renzi e Grillo sembra spiazzata. Non se l’aspettava che l’accerchiamento avvenisse dentro il proprio schieramento.

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Antonio Rapisarda

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