Politica. Bondi elogia Renzi e il liberismo come “scelta d’amore” di un berlusconiano doc

bondiDopo l’addio del fedele portavoce Bonaiuti in direzione Alfano, ecco l’endoserment del “fedele” per eccellenza al premier. Sandro Bondi – con una lettera a La Stampa – ha ufficialmente consacrato Matteo Renzi come successore di Silvio Berlusconi: «La forza di Renzi nasce in fondo dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente». Non è un divorzio da Berlusconi il leader, come quello avvenuto qualche giorno fa con l’ex portavoce Paolo Bonaiuti, ma una presa di distanza garbata ma non per questo poco risoluta dalla sua creatura, Forza Italia 2.0.

Non solo, nella sua lettera Bondi arriva a indicare nella sinistra di Matteo Renzi la destra che secondo lui in Italia non c’è: «Renzi – scrive – rappresenta senza dubbio la prima vera cesura nella sinistra italiana rispetto alla sua tradizione comunista. Anzi, la sinistra di Renzi si colloca oltre la tradizionale socialdemocrazia europea, ed è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo Labour Party di Blair». Infine l’equazione che dimostra il trapasso: «Si potrebbe dire che Blair sta alla Thatcher così come Renzi sta a Berlusconi. Con la differenza però che Berlusconi non ha potuto portare a compimento una vera e propria rivoluzione liberale e una necessaria modernizzazione dell’Italia come ha fatto invece la Thatcher in Gran Bretagna, sia nella sfera economica che in quella dei diritti civili».

Certo, la “colpa” secondo Bondi è solo degli alleati: Fini, Casini, Bossi, Tremonti, «tutto fuorché liberali». Ma non si può non cogliere – dietro la prosa morbida del sodale – una bocciatura senza mezzi termini di vent’anni di centrodestra targato Berlusconi di cui Bondi stesso è stato cantore, strenuo difensore e, spesso, agnello sacrificale televisivo: «Anche in caso di successo di Berlusconi resta un gigantesco problema che riguarda l’identità politica del centrodestra in Italia, soprattutto dopo l’insediamento del governo Renzi».

Come interpretare, allora, una sconfessione così dura? Si potrebbe dire che già da tempo l’ex ministro e coordinatore di Forza Italia lamentava la deriva di Forza Italia: ma sarebbe riduttivo considerare lo sfogo come il lamento del peone. Letto in controluce, poi, l’appello di Bondi sembra confermare la tesi di Alesina e Giavazzi – “Il liberismo è di sinistra” – rilanciata dallo stesso Matteo Renzi al Foglio: «Dimostreremo che il liberismo è di sinistra». Ma anche questo non basta.

Per capire l’appello occorre entrare nella narrazione teleologica del personaggio: quello di Bondi è stato un berlusconismo visionario, dai tratti mistici. Quel berlusconismo, per intenderci, che don Gianni Baget Bozzo aveva indicato come una vera e propria via della salvezza dalla sinistra giacobina e materialista. Non a caso gran parte dei “folgorati” come Bondi arrivava dalla delusione derivata da un’altra “fede”, quella della chiesa comunista. Il ritorno alle origini, a una mitizzata Forza Italia, non ha dato però i frutti della risurrezione e – più prosaicamente – nemmeno gli effetti della minestra riscaldata. L’illuminazione, allora, è stata l’arrivo di “Matteo”: il discepolo che ha riconosciuto (riscattandolo) “Silvio”.

Quello di Bondi, insomma, vuole essere il tentativo estremo di riscrivere il finale di una storia, una sorta di vangelo apocrifo del berlusconismo. Non a caso chiede a Berlusconi di dire “chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà”. Insomma, «questa sfida riguarda soprattutto Berlusconi, perché il suo partito in  quanto comunità di valori e di solidarietà è quasi totalmente assente, riguarda il desiderio di Berlusconi di lasciare una memoria  positiva della sua persona e del suo impegno politico». Altro che tradimento, è l’ennesimo atto di amore.

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Antonio Rapisarda

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