Destre. Salvatore Tatarella si congeda dall’Europarlamento con i versi di Archiloco

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Salvatore Tatarella al centro, circondato dai giovani nel Parlamento Europeo

Salvatore Tatarella, europarlamentare dal 1994 (eletto la prima volta con il Msi-An, l’ultima con il Pdl, lasciato poi per Fli), non si candida nella prossima tornata elettorale. Dopo cinquant’anni di attività politica, si ritira dalle competizioni. E’ stato protagonista di uno dei più importanti successi per la destra, la conquista del comune di Cerignola, città di Di Vittorio, nel 1993 con le bandiere del Movimento Sociale Italia: Salvatore Tatarella divenne sindaco sbaragliando gli avversari postcomunisti e centris. Era l’annata dei sindaci tricolori che incarnarono il primo modello di destra di governo; Alleanza Nazionale fu fondata quasi due anni dopo. Tatarella è stato anche consigliere regionale e deputato. E’ avvocato cassazionista e giornalista. Proseguirà l’impegno politico e culturale con la Fondazione “Giuseppe Tatarella”, attivissima a Bari con convegnistica di alto livello, e con il magazine “Puglia d’Oggi”.

Ecco la lettera di commiato, nella quale Tatarella, politico meridionale di carattere, traccia un sintetico bilancio di un impegno sempre in prima linea, tra vittorie e sconfitte, ma sempre con il coraggio di difendere cavallerescamente le proprie convinzioni.

“Cari Elettori,

come qualcuno avrà letto o sentito, non sarò candidato alle elezioni europee. Lascio il Parlamento Europeo, dopo esserne stato membro per quindici anni, e questo segna il mio ritiro definitivo dalle competizioni elettorali. In mezzo secolo di attività politica, d’altronde, ne ho vissute tante, dalle più alle meno importanti e decisive, a volte vincendo e, qualche volta, perdendo. Per usare un’espressione un po’ frusta, vado a casa, ma con la gioia di poter, almeno in parte, restituire alla mia famiglia il solidale appoggio e la grandissima forza che ne ho sempre tratto.

Non amo i sentimentalismi, ma ogni commiato ha sempre un suo retrogusto di malinconia. Vorrei, però, che questo mio saluto facesse eccezione. Perché non abbandono l’impegno politico: le passioni non si lasciano mai. Ho iniziato ad interessarmi di politica, quando ancora ero un ginnasiale e non penso di dover smettere ora, solo perché i pochi capelli rimasti vagano fra il grigio e il bianco. Lo so, sono tempi in cui si confonde la politica fatta per vocazione con quella fatta per profitto e, in effetti, in tutti questi anni mi sono sentito sempre un privilegiato. Non certo, perché membro di una casta di favoriti, ma per aver avuto il privilegio di vivere testimoniando le mie idee e intrecciando i miei sogni e il mio impegno con i tanti che conoscevo e i tantissimi, che non ho mai visto. Il privilegio di aver avuto grandi maestri e di veder sbocciare nei più giovani il mio stesso ideale. La politica non è la vituperata caricatura che se ne disegna oggi; quando è autentica, è l’inverarsi di un verso bellissimo di una poetessa polacca, con cui Benedetta Tobagi ha intitolato il suo bel libro sul padre: “Senti come mi batte forte il tuo cuore”. Il cuore di tanti ha pulsato in me quando mi battevo per ciò in cui credevo; il mio batte e continuerà a battere in tanti, che seguono e seguiranno lo stesso cammino.

Un cammino di libertà: fra gli errori che ho fatto, ho evitato il peggiore, che è quello di credere che gli altri abbiano torto “a prescindere”, che l’avversario sia un nemico da schiacciare e non la preziosa controparte, che ti costringe, proprio come nei processi, a dare il meglio di te. Non ho nascosto, per obbligo di militanza, quel che non andava nel mio campo e questo, forse, mi ha precluso qualche strada.

Non me ne dolgo. Consegno il testimone a chi vorrà raccoglierlo, affidandogli le ansie, le speranze, le gioie e le delusioni, che hanno accompagnato questa lunghissima e bella avventura: la notte in cui la mia città natale mi regalò il più inaspettato e fantastico dei trionfi e quella in cui la stessa città mi inflisse la più cocente delle sconfitte; le elezioni che videro scrivere il mio nome sulle schede per ben centotrentacinquemila volte e quelle in cui la vittoria mi sfuggì per poco più di cento voti.

Posso, in conclusione, confermare, per averlo provato nella mia vita, quanto siano giusti i versi che Archiloco scrisse oltre duemila e cinquecento anni fa:

“Non ti vantare davanti a tutti, se vinci;

vinto, non gemere prostrato nella tua casa.

Gioisci delle gioie e soffri dei dolori non troppo.

Apprendi la regola che governa gli uomini.”

 Grazie a tutti, di cuore”.

 @barbadilloit

 

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