La polemica. L’elogio del conservatore al tempo delle superficiali categorie di Renzi

 

La sinistra che non cambia, diventa destra” – parole di Matteo Renzi, pronunciate in occasione dell’avvio della campagna per le prossime elezioni europee. Una brutta partenza, vista la rozzezza dell’incipit renziano, in evidente controtendenza con le ripetute dichiarazioni post ideologiche della nuova stagione del Pd. Gratta – gratta le armi politiche della sinistra sono sempre le stesse, soprattutto quanto è necessario demonizzare l’avversario, appioppandogli qualche definizione di comodo. Destra uguale becera conservazione: e giù gli applausi della solita piazza, con i soliti cuori militanti da riscaldare, con le solite parole d’ordine da ripetere (di qua il bene di là il male).

Lasciamo la risposta all’impareggiabile tormentone di Giorgio Gaber, tra minestrine (di destra), minestroni (di sinistra) e via cantando.

Proviamo piuttosto ad uscire dal cono d’ombra delle facili strumentalizzazioni, evitando che una parola alta e nobile qual è il termine “conservatori” venga snaturato da Renzi e dalla sua pattuglia di ignorantelli, convinti, tra un sorriso ed una battuta ad effetto, di avere in mano le chiavi della verità e del futuro.

Il tema non è di quelli da risolvere in poche righe. Un utile orientamento ci viene offerto da Marcello Veneziani, il quale, recensendo la recente antologia di Gennaro Malgieri, dedicata ai “Conservatori europei del Novecento” (I libri del Borghese, pagg. 265, Euro 18,00) ha fissato quattro buone ragioni per dirsi conservatori nel corrente anno 2014:

– acquisire la mentalità che c’è qualcosa di prezioso da conservare nel nostro passato (la nostra Storia, le nostre tradizioni, le glorie patrie) per riuscire a salvaguardare le nostre ricchezze, i beni artistici e culturali dell’Italia;

– “essere connessi” con la Storia da cui proveniamo e quindi con le generazioni che ci hanno preceduto per essere capaci di riproporre, nel futuro, il patto generazionale;

– scoprire la “gioia delle cose durevoli”, riuscendo a distinguere “nella provvisorietà di tutto alcuni orientamenti permanenti”;

– compensare i cambiamenti, bilanciando “la fretta con la lentezza, il globale con il locale, la tecnica con la cultura, l’artificiale con il naturale, la novità con la memoria, la mobilità con le radici”.

Abbiamo volato troppo alto ? Può darsi, ma è l’unico modo per non “infognarsi” nelle basse polemiche di certa politica-politicante, della quale l’ultima spiaggia renziana, invasa dai detriti della vecchia sinistra, è la degna erede. Su questi livelli va portata la sfida, ritrovando il senso di un’appartenenza a valori che – per dirla con un antico adagio – non sono né di ieri, né di oggi, ma di sempre. Bisogna solo intenderli correttamente e renderli comprensibili.

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Mario Bozzi Sentieri

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