Davanti a questo il ministro ha scelto di dimettersi, non senza lanciare un’accusa chiara: «Ho deciso di lasciare un ministero e di lasciare un governo perché la mia dignità vale più di tutto questo ed è stata offesa da chi sa che non ho fatto nulla e avrebbe dovuto spiegare perché era suo dovere prima morale e poi politico. Non posso restare in un governo che non ha difeso la mia onorabilità». Una scelta che arriva in un momento molto delicato per l’esecutivo di Letta e Alfano.
Il Governo, infatti, è più debole non tanto per le dimissioni della De Girolamo in sé (l’esponente è data in uscita dal Nuovo centrodestra in direzione “grande rientro” in Forza Italia) ma perché con queste il “rimpasto” dovrà avvenire per forza. In bilico ci sono non solo la già offuscata figura del Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, ma anche altri dicasteri importanti come quello del Lavoro (con il ministro Giovannini malvisto da Matteo Renzi dopo che questo ha messo in discussione il “Jobs Act” del segretario Pd) e dell’Economia (dopo le numerose gaffe del ministro
Davanti a un segretario del Pd che non intende investire se stesso all’interno di un governo che considera estraneo al suo progetto, il rebus per Letta si fa complicao: fare il “bis” di se stesso senza il Pd e con le magre figure dei ministri tecnici non è operazione semplice. A maggior ragione quando le “larghe intese” in questo momento sono animate da due personaggi che fatalmente stanno fuori il suo governo: Renzi e Berlusconi…