Il caso. Antimafia senza presidente. La Bindi non molla nemmeno alla Scopelliti

bindi:scopellitiLa commissione parlamentare Antimafia è ancora senza il suo presidente. I componenti della bicamerale sono stati scelti dopo sette mesi dall’inizio della legislatura e adesso per far partire i lavori manca solo la nomina dell’uomo simbolo. Oggi, martedì 22 ottobre, l’ennesimo voto: sembra facile, ma non lo è affatto. Il Partito democratico vorrebbe avere per sé lo scranno più alto, ma gli altri non stanno mica a guardare e provano di continuo a far saltare il piatto. Anche perché il nome che i dem propongono è indigesto per molti: Rosy Bindi.

La democratica vuole diventare a tutti i costi la donna alla guida: in tempi di larghe intese, il Pd ha dovuto cedere ai suoi alleati i tre ministeri fondamentali per il contrasto delle attività mafiose – Interno, Giustizia, Difesa – e la commissione bicamerale è l’unica possibilità che il partito ha per dire la sua. Il loro è, da un lato, un ragionamento politico legittimo; ma, dall’altro, rappresenta un voler ottenere una vittoria a tutti i costi imponendo un nome sul quale è difficile che gli altri partiti possano convergere. La loro diventa una battaglia che fa tanto “vecchia scuola”, quando si pensava più alla poltrona del capo-corrente di turno che all’efficacia di quella nomina. La Bindi, insomma, potrebbe anche essere il nome perfetto per quel ruolo, ma, vista l’indisponibilità di Pdl e Scelta Civica a votare un nome così tanto imponente, perché il Pd non prova a cambiare strategia? Semplice: il Pd non può proprio sacrificare un agnello di tale stazza con il congresso alle porte.

Eppure un bel nome alternativo per la presidenza della commissione Antimafia ci sarebbe. Rosanna Scopelliti è arrivata in parlamento a febbraio con il Pdl e da sempre si occupa di mafia e legalità: è calabrese, figlia del giudice Scopelliti ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1991 quando lei aveva otto anni. Da allora convive con l’incubo mafioso e combatte contro la criminalità organizzata. L’antimafia ce l’ha in casa e, anche se è molto lontana dai “professionisti” dei quali parlava Leonardo Sciascia, conosce gli ingranaggi di un cancro che vorrebbe far morire l’Italia. Con “Ammazzateci tutti” (associazione che ha guidato fino all’ingresso in Transatlantico) è scesa in piazza e ha detto che la mafia fa schifo; non si è mai tirata indietro in passato ed oggi c’è chi è pronto a scommettere che a capo di quella commissione ci starebbe benissimo.

Il peccato originale che le impedisce l’ascesa è l’essere stata eletta nel Pdl: gli azzurri questa volta non sono presi in considerazione perché “la torta” va tagliata così e c’è poco da fare. L’ultima speranza è rappresentata dai parlamentari di Scelta Civica che potrebbero lasciarsi fascinare dall’opzione-Scopelliti perché vorrebbero farsi guidare volentieri da una giovane donna con una storia così. Ma il Pd nicchia, e tanto: la Bindi è il candidato di bandiera e almeno fino a quando non sarà lei a dire “no, grazie” i ragazzi di Guglielmo Epifani continueranno sulla loro strada. E poco importa se un’alternativa ci può essere: la politica è la politica, anche quando un colosso da prima repubblica si “scontra” con un giovane deputato classe 1983.

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Michele Chicco

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