E’ il 1971. Su testo di Baldazzi e Bardotti, Lucio Dalla canta un motivo oggi dimenticato. Affida il ritornello – “It a ca, It a ca, it a caaa” – a un coro formato per l’occasione da impiegati della Rca, la compagnia che incide il disco. I bolognesi riconoscono che quelle sillabe significano: “Sei a casa, sei a casa, sei a casaaa”. I non bolognesi pensano all’isola dell’Egeo. Logico, ma la canzone non è un omaggio a Ulisse, è una lamentela dei suoi marinai, che hanno infine capito: dopo i troiani, Ulisse ha raggirato loro.
Lettura materialista
Parlare di raggiro per Itaca. Il ritorno di Uberto Pasolini (regista di Still Life, un capolavoro) sarebbe ingiusto. Ma spiace che il film di Uberto Pasolini risenta così del materialismo di Edward Bond, scomparso novantenne meno di un anno fa. Questo Ulisse agisce così nel vuoto del sacro, mentre l’Ulisse omerico dialoga a ogni passo con gli Dei della Grecia. Invece qui (il film è stato girto a Corfù), se il mare è contro Ulisse, è per il maltempo, non per lo sfavore di Poseidone…
Vantaggioso esser sottovalutato
Simile a quella dell’Odissearesta invece una Penelope (Juliette Binoche) fresca di lifting. Credibile è invece la nutrice Euriclea di Angela Molina. Telemaco (Charlie Plummer) è interessato alle residue grazie materne ben più dei Proci. Teme infatti l’innamoramento di Alcinoo (Marwan Kenzari) più che l’avidità degli altri Proci. Ralph Fiennes, Ulisse statuario, ha un’astuta laconicità: essere sottovalutato dai rivali è il suo solo vantaggio su di loro. Vari attori di colore figurano nel cast, come servi o come Proci. Se Uberto Pasolini, come aveva rimosso gli Dei, avesse trasferito la vicenda a Zanzibar, sarebbe stato più coerente.
Itaca. Il ritorno di Uberto Pasolini, con Ralph Fiennes, Juliette Binoche, Charlie Plummer, Angela Molina, Marwan Kenzari, 116′
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