Storia. L’insorgente anti-bavarese Andreas Hofer e gli italiani

Ha suscitato un certo scalpore, forse per la provenienza politica del Vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano Marco Galateo, di Fratelli d’Italia, la sua partecipazione alle celebrazioni hoferiane che si sono svolte ad Innsbruck

Andreas Hofer

Andreas Hofer (San Leonardo in Passiria 1767 – Mantova 1810), è stato il capo carismatico dell’insorgenza antibavarese e antifrancese che scoppiò in Tirolo tra il 1809 e il 1810. Il fenomeno delle “insorgenze” iniziò nel 1792 nella Contea di Nizza occupata dai francesi ed ebbe per protagonisti le milizie dei cosiddetti “Barbetti”, che agivano, principalmente, in nome della fedeltà a Casa Savoia. Le insorgenze successive ebbero cause scatenanti tra le più diverse. E’ importante sottolineare che, quasi in un paio di decenni, il sistema si era trasformato da rivoluzionario in autoritario – conservatore, quindi il nemico combattuto dai primi insorgenti era, nel 1809, sostanzialmente cambiato.

Ha suscitato un certo scalpore, forse per la provenienza politica del Vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano Marco Galateo, di Fratelli d’Italia, la sua partecipazione alle celebrazioni hoferiane che si sono svolte ad Innsbruck. Riteniamo abbia fatto bene. E’ finalmente ora di farla finita, una volta per tutte, del mito di Andreas Hofer antiitaliano, mito fatto circolare ad arte, per motivi di bassa politica, tra gli strati meno acculturati della popolazione sudtirolese.

Andreas Hofer guidò le popolazioni che nel 1809 si sollevarono contro i bavaresi, i quali avevano avuto questo territorio da Napoleone di cui erano stati alleati e che avevano ribattezzato “Baviera Meridionale”. La rivolta, che riuscì a mettere in seria difficoltà le forze occupanti, è stata presa ad esempio anche da Carl von Clausewitz, il fondatore della moderna scienza polemologica.

La storiografia italiana non si è mai molto occupata, perlomeno in profondità, della figura dell’oste passiriano ma, quasi tutte le volte che lo ha fatto, si è espressa con una certa simpatia nei confronti del capo degli insorgenti tirolesi. Del resto Andreas Hofer, che i trentini e gli altri italiani chiamavano General Barbon, parlava correntemente l’italiano e nella nostra lingua scriveva direttamente, poiché lo aveva studiato prima in Anaunia e poi a Ballino nelle Giudicarie, presso la famiglia Zanini, che gestiva un’osteria e dalla quale veniva considerato come un figlio. Chi avesse vaghezza di saperne di più potrà rivolgersi ad uno studio dello storico trentino Graziano Riccadonna, originario di Fiavè, comune giudicariese del quale Ballino è frazione, il quale ha scoperto o riscoperto tantissime importanti notizie sovente taciute da storici precedenti.

Il primo storico italiano ad aver scritto di Hofer è stato Carlo Botta, già ufficiale medico nell’armata napoleonica, il quale, in un’opera pubblicata nel 1824, così si esprimeva: “Andrea…era uomo di retta mente e d’incorrotta virtù. Vissuto sempre nelle solitudini dei tirolesi monti, ignorava il vizio e i suoi allettamenti…Allignano in questa sorte d’uomini due doti molto notabili, l’amore di Dio e l’amore della Patria, l’uno e l’altro risplendevano in Andrea. Per questo la tirolese gente aveva in lui posto singolare benevolenza e venerazione. Non era in lui ambizione; comandò richiesto, non richiedente. Di natura temperatissima, non fu mai veduto né nella guerra sdegnato, né nella pace increscioso…Le palle soldatesche ruppero in Mantova il patrio petto d’Andrea, lui non che intrepido, quieto in quell’estrema fine. Ostò ad Andrea l’età perversa: fu chiamato brigante, fu chiamato assassino. Certo, se le lodi sono stimolo a virtù, lacrimevole e disperabil cosa è il pensare al destino di Hofer”.

Parole di simpatia per Hofer vengono espresse anche da storici trentini di orientamento che potremmo definire “liberalnazionale”, come Raffaele Zotti nel 1863 e Francesco Ambrosi nel 1887. Taccio, poi, degli storici di parte clericale come il padre gesuita Antonio Bresciani, che lo descrive come un santo… A me danno fastidio sia il manicheismo di parte giacobina sia quello di parte reazionaria: bisogna avere il coraggio di dire che, pur portando avanti valori positivi e precisando che non tutti gli aspetti e gli ordinamenti dell’ Ancien Régime sarebbero stati da buttar via, Hofer difendeva, di quel mondo, non solo le cose buone che parecchi avrebbero rimpianto, ma pure quelle che, una volta sparite, non avrebbe rimpianto più nessuno.

Fu nel primo centenario dell’insurrezione hoferiana, ossia nel 1909, che alcuni studiosi trentini e altoatesini di lingua italiana (tra cui Pedrotti, Tolomei, Oberziner, Casini, Perini, Menestrina, ecc.) si accorsero che il mito di Hofer stava per essere strumentalizzato in senso antiitaliano, mentre a lui il concetto di nazione in senso moderno, nato con la rivoluzione francese e poi cresciuto fino ad esplodere nel 1848, era assolutamente estraneo, non sarebbe stato neppure in grado di capirlo.

Di Hofer hanno parlato bene anche diversi storici italiani, mi limiterò a citare Italo Caracciolo, Antonio Zieger, Ferruccio Bravi, ma ce ne sono stati pure altri.

Hofer fu abbandonato dall’Austria, che gli ingiunse di porre fine alla rivolta e rovinato da un suo fanatico collaboratore, il padre cappuccino Gioacchino Haspinger, che lo convinse a continuare la lotta oltre ogni ragionevole possibilità di vittoria. Haspinger incitava al massacro indiscriminato dei prigionieri bavaresi e francesi, mentre Hofer, che era di indole buona e per nulla sanguinario, portava i prigionieri al proprio campo e, dopo averli disarmati, gli chiedeva se volessero combattere al suo fianco. Quelli che rispondevano negativamente venivano lasciati liberi e, una volta tornati al proprio comando, spiattellavano ai loro superiori tutto ciò che avevano visto e sentito…

Napoleone doveva sposare la figlia dell’Imperatore d’Austria ed è molto probabile che lo scarso zelo con cui Vienna si adoperò per salvare la vita ad Andreas Hofer, facesse parte della già ricca dote che la principessa viennese portava all’Imperatore dei Francesi…

La città di Mantova, ove si svolgeva il processo, raccolse una certa somma per comperare, diciamo così, l’assoluzione dell’Hofer e la sua difesa venne assunta, gratuitamente, dal giovane avvocato Gioacchino Basevi (1778 – 1867), che sarà destinato a diventare uno dei più celebri giuristi del Regno Lombardo – Veneto. La sua arringa fu davvero magistrale e, se la sentenza di morte non fosse stata scritta in anticipo, sarebbe riuscita davvero a toccare il cuore dei giudici. Quando dissi queste cose durante una conferenza a Bolzano, uno del pubblico mi interruppe e, riciclando un vecchio luogo comune a mo’ di spiritosaggine, fece notare che il Basevi era israelita e quindi gli pareva strano che avesse difeso gratuitamente l’imputato. Qualcuno iniziò a sogghignare, ma poi il pubblico proruppe in una fragorosa risata quando ribattei, prontamente, che la stranezza non stava nel fatto che il Basevi fosse israelita, ma nel fatto che fosse avvocato…

Mi sembra Interessante riportare un’affermazione del succitato Caracciolo, il quale notava che la fucilazione dell’Hofer fosse avvenuta sugli spalti di Belfiore: “Pochi anni dopo, un altro cupo rullo di tamburi, un altro rito tragico: l’ara di Belfiore sta per essere consacrata: ed è sempre, checché sembri in apparenza, dalla stessa fonte che sgorga la tragedia”.

Storiografia a parte, giova menzionare qualche episodio curioso: il monumento ad Hofer di Merano venne inaugurato quando la città era già sotto amministrazione italiana, Waldimaro Fiorentino, indimenticabile amico, ha ricordato in un suo libro quando, nel 1921, il Re d’Italia Vittorio Emanuele III visitò, a San Leonardo in Passiria, il Maso della Rena, casa natale di Hofer, firmando il registro degli ospiti, mentre il compianto professor Alberto Perini ha inserito in un libro che è la più completa storia in lingua italiana di Vipiteno, la fotografia di un reparto della Milizia che presenta gli onori militari al monumento agli insorgenti tirolesi; si era nel 1929, anniversario zerato dell’insurrezione tirolese. Negli ultimi decenni, sovente, le celebrazioni hoferiane hanno assunto un disgustoso sapore antiitaliano e chi ha in mente la blasfema pagliacciata della corona di spine portata in corteo ad Innsbruck, sa bene a cosa mi riferisco…

Dopo la fine dell’insurrezione, l’attuale Alto Adige venne diviso tra tre entità statali: la parte meridionale della provincia venne incorporata nel Regno d’Italia, Dipartimento dell’Alto Adige (prima apparizione di questo toponimo che, essendo napoleonico non può essere fascista, come afferma qualcuno, più in malafede che ignorante, sempre ammesso che i toponimi possano possedere la tessera di un qualsivoglia partito…), Toblacco, come veniva allora chiamata Dobbiaco, entrò a far parte del Dipartimento della Piave, sempre nel Regno d’Italia, mentre San Candido entrava a far parte delle Province Illiriche, considerate territorio metropolitano francese. Il resto della provincia fu annesso al  Regno di Baviera.

I nuovi padroni bavaresi perseguitarono senza pietà tutti coloro che avevano partecipato alla rivolta hoferiana. Chi si chiamava Hofer, poi, non campava più, anche se non era parente, neppure alla lontana, del prode passiriano. Ho conosciuto, in Trentino, famiglie Hofer od Hoffer i cui antenati erano emigrati dal Regno di Baviera al Regno d’Italia per starsene finalmente un po’ in pace. Le autorità italiane, invece, erano più di manica larga, risulta anche dalle ricerche prima citate del prof. Riccadonna: quando poterono chiusero un occhio, talvolta uno e mezzo, talaltra anche tutti e due. Risulta che alcuni insorgenti riuscirono ad avere anche posti pubblici, cosa praticamente impossibile nel Regno di Baviera.

Hofer araldo del pangermanesimo (chiedete cosa ne penserebbero i mercenari Sassoni finiti sotto una tremenda frana scatenata dagli insorgenti alla Sachsenklemme, la Strozza dei Sassoni, località in alta Val d’Isarco…) è una sporca menzogna creata da chi vuole piegare la storia ad interessi politici. Per ciò che mi riguarda, circa la figura di Hofer sono della stessa opinione di Carlo Botta e mi fa piacere che il Vicepresidente italiano della Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige l’abbia onorata.

ACHILLE RAGAZZONI

Achille Ragazzoni

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