Storia. Cento anni fa nasceva Gianni Lancia. E arriva la nuova Ypsilon

Fu il creatore di una delle auto italiane più belle di tutti i tempi, la Lancia Aurelia B24 spider

Gianni LanciaGianni Lancia

Quest’anno, tra i soliti centenari di nascite e morti, certamente verrà ricordato in pompa magna, per ovvie ragioni, l’assassinio di Giacomo Matteotti, mentre sarà probabilmente passato sotto silenzio (come la defunzione di Lenin!) quello della nascita di Gianni Lancia, il 16 ottobre 1924, che fu il creatore di una delle auto italiane più belle di tutti i tempi, la Lancia Aurelia B24 spider. Quando il 15 gennaio 1955, a Bruxelles si inaugura il primo Salone dell’anno, una B24 – carrozzata da Pininfarina, color grigio chiaro con interni rossi, motore 6V a 60° di 2451 cm³ – è al suo posto, per la delizia dei visitatori. Un’auto affascinante, dono e canto del cigno del trentenne, geniale Gianni, che lascerà l’azienza paterna, le corse, Torino, l’Italia, proprio alla fine di quell’anno, per la morte di Alberto Ascari, il ritiro dalle corse, i dissidi familiari a causa dell’indebitamento dell’azienza, svenatasi per l’ossessione per la F1 di Gianni. Aurelia poi immortalata da ‘Il sorpasso’, un film del 1962, diretto da Dino Risi, uno degli affreschi cinematografici più rappresentativi dell’Italia del boom economico, con Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Jean-Louis Trintignant. Per non dire della straordinaria Lancia D50 di F1, signorilmente ceduta a don Enzo per rivincere un mondiale…

Un altro Gianni, anch’egli torinese e precocemente orfano, come lui erede di una grande fabbrica d’autovetture e veicoli, gli è quasi coetaneo, eppur diverso. Gianni Lancia ama e conosce le auto, la meccanica, i motori. È un ingegnere appassionato. Assai corpulento come il padre, pure lui ama la buona tavola, è di carattere riservato. Avrà per seconda moglie un’attrice francese bella ed assai nota al tempo, Jacqueline Sassard. L’‘altro’ Gianni ha la fortuna di avere in Fiat le spalle coperte da Vittorio Valletta, il grande manager che manca in casa Lancia, essendo la madre, Adele Miglietti (1896-1989), Amministratore Unico dal 1937, alla morte per infarto del marito – a 55 anni- il geniale Vincenzo (il creatore delle Lambda, Astura, Aprilia), certamente ben intenzionata, energica, solida, ma diffidente verso i dirigenti alla Valletta, preferendo dei tecnici che non si occupassero della gestione globale, in un settore ed in un’epoca ancora molto prevenuta verso le donne imprenditrici. “Il giorno dopo il funerale di Vincenzo, Adele, già sua segretaria, era dietro la scrivania per seguire i lavori dell’officina e assicurare la continuità di gestione”, scrissero. Pur essendo più giovane di tre anni, Gianni Lancia esaurisce la sua parabola di industriale quando Gianni Agnelli è ancor lontano dall’iniziare la propria. Scrivevo su queste colonne nel giugno 2019: ‘Nel ’50 c’erano a Torino delle automobili col marchio Lancia e il figlio del grande Monsù Censin…’.   

Perdonate se ora mi cito e poi plagio… en cachette:

Nel giugno 2014, a causa dello scarso gradimento registrato nei Paesi europei dai modelli Lancia di origine Chrysler (Flavia, Thema, Voyager), nell’ottica della riorganizzazione del Gruppo FCA, Sergio Marchionne comunicò l’intenzione di ritirare dai mercati tutti i modelli Lancia, con la sola eccezione della citycar Ypsilon. Che sarebbe rimasta disponibile sul solo mercato italiano sino alla sua ‘naturale estinzione’. Addio ad una lunga storia di autovetture di gran classe, tecnica sopraffina, passione per l’innovazione, un emblema dell’industria italiana d’eccellenza, una prestigiosa tradizione sportiva apprezzata nel mondo: tutto alle ortiche. Addio per sempre alle foto pubblicitarie dei nuovi modelli al Parco del Valentino, davanti al Castello, presso il Po, con la verde collina torinese per fondale… 

Pochi giorni dopo, quasi in modo simbolico, il 4 luglio 2014, ‘Quattroruote’ pubblicava un necrologio, a firma del direttore Gian Luca Pellegrini:  ‘Lutto nel mondo dell’auto. Addio a Gianni Lancia’: 

‘Così come è vissuto, perlomeno da un certo punto in avanti, Gianni Lancia se ne è andato: in silenzio. Un breve necrologio, apparso ieri a Torino e firmato dalla moglie Jacqueline Sassard, dai figli e dai nipoti, ha comunicato (a funerali avvenuti, a testimonianza di una rigida ricerca del riserbo) la scomparsa, avvenuta a 90 anni, dell’ultimo Lancia ad aver condotto l’azienda di famiglia. In azienda c’era entrato nel 1947, dopo la morte del padre Vincenzo nel 1937: aveva soli 23 anni, era appena uscito dalla facoltà di Pisa. Nel 1955 Gianni Lancia è costretto a lasciare l’azienda, sommersa dai debiti, e pure l’Italia dopo la morte di Alberto Ascari. L’ingegnere vola in Brasile, che diventerà la seconda patria, per poi stabilirsi in Costa Azzurra con la seconda moglie, l’attrice francese Jacqueline Sassard. Da allora, scompare dalle cronache industriali, mondane, sociali italiane, rifiutando sempre di parlare della “sua” Lancia. Rifiutando ogni contatto, ogni intervista, ogni fotografia. Ora riposa nel cimitero di Fobello (nell’alto vercellese), luogo d’origine della famiglia Lancia, accanto al padre Vincenzo’.  

Il 13 maggio 1950 ebbe inizio il Campionato Mondiale di F1 di Automobilismo con il GP di Gran Bretagna, sul circuito di Silverstone. Vincitore del campionato conduttori sarà il torinese Nino Farina su Alfa Romeo. Ai Mondiali di sci alpino ad Aspen (Colorado) il toscano Zeno Colò vince due medaglie d’oro ed una d’argento. L’indice della produzione supera quell’anno il livello del 1938: si considera conclusa (almeno ufficialmente) la fase della ricostruzione postbellica italiana. Il Giubileo indetto da Pio XII, con il suo messaggio di riconciliazione e speranza, fu un trionfo, con oltre un milione e mezzo di pellegrini e contribuì a far conoscere le bellezze italiane, favorendo il primo boom turistico. La guerra non è dimenticata, le tensioni sociali permangono acute, eppure il balsamo del tempo ne attenua i profili più aspri e dolorosi. Con la pace gli italiani scoprono altresì la speranza di una vita più comoda e le auto contribuiscono ad alimentare aspirazioni e sogni. Il lento ristabilimento della normalità economica schiude l’ambizione dell’automobile per tutti, prima del conflitto riservata al ceto borghese o professionale. 

Le tre grandi Case italiane (Fiat, Lancia, Alfa Romeo) comprendono presto che si deve accelerare il passaggio dai modelli d’anteguerra ad altri più moderni ed economici. Nascono così – tutte presentate nello stesso anno 1950 – la Fiat 1400/1900, L’Alfa Romeo 1900, la Lancia Aurelia. Auto solide, ancora per il ceto abbiente, raffinate, che brillano talora anche nelle competizioni sportive. Che, come prima del ’40, tornano ad entusiasmare masse di appassionati.  

Gianni Lancia, si è sposato molto giovane, nel ’50, con Maria Luisa Magliola (1928 – 2011) che gli darà due rampolli, Vincenzo e Mariele. Ma presto il matrimonio entrerà in crisi.

Dalla cessione al Gruppo Pesenti (Italcementi), sottoscritta nel gennaio 1956, nessuno dei componenti della famiglia Lancia volle più avere nulla a che fare con l’azienda: nemmeno, in occasione degli anniversari. Si dice che quando le sorelle Anna Maria ed Eleonora dovettero prima comprare al fratello la sua parte, quindi cedere le loro quote azionarie, si adeguarono malvolentieri. Ma dei loro dissapori col fratello, della loro contrarietà a costruire il costoso grattacielo per gli uffici in Borgo San Paolo (base dell’arrivo di Pesenti), nulla si seppe. Lo stile Lancia, anche allora, non conobbe sbavature. La vita alle due donne destinò momenti tragici. Peraltro, l’ing. Carlo Pesenti (1907-’84) aveva posto la condizione preliminare dell’uscita di Gianni dall’impresa. Dovrà a sua volta cedere una Lancia di nuovo indebitatissima e senza progetti nei cassetti ad Agnelli (che lo detesta), alla Fiat, nel ’69 per una Lira simbolica per azione.

Gianni Lancia con GinoValenzano, pilota, 1953. Courtesy Nigel Trow

Durante la guerraGianni Lancia, d’accordo con la madre, si occupa dei progetti futuri della Casa, fondata nel 1906. Nel 1948, rompe gli indugi: convinto che il semplice aggiornamento dell’Aprilia/Ardea non sia sufficiente al rilancio aziendale decide il varo di un modello completamente nuovo. Il motore disegnato, da Francesco De Virgilio, sarà prodotto dalla Casa dal 1950 al 1970, tecnicamente all’avanguardia, caratterizzato da una architettura con 6 cilindri disposti a V. La finalità essenziale era di annullare le vibrazioni dei motori V4 (montati su Aprilia ed Ardea). Il motore definitivo sarà a 60° (il che garantisce un’ottima equilibratura del 6 cilindri e  che sarà il primo al mondo per una vettura di serie), la cilindrata portata a cmc. 1754,90.

Al Salone dell’automobile di Torino, il 4 maggio 1950, viene esposta la capostipite di tutte  le Aurelia, la berlina B10, caratterizzata da una linea sobria ed elegante, ispirata a quella di una Aprilia carrozzata da Pininfarina. La caratteristica mascherina anteriore “a scudetto” viene mantenuta, ammodernata. Anche la coda è all’insegna della rotondità, con un raccordo ad ampio raggio tra l’abitacolo ed il bagagliaio. Abbandonando i nomi di città laziali (ArdeaAprilia), la Lancia battezza la B10 “Aurelia”, un nome dal suono dolce che riflette il carattere della macchina piena di curve. Inizia la serie dei nomi corrispondenti alle vie consolari romane: la serie proseguirà con l’Appia (1953), una piccola Aurelia, e con la Flaminia (1957). In occasione del Salone di Torino del 1951, la Lancia espone per la prima volta al pubblico l’Aurelia B20, una coupé dalla attraente linea misurata, pulita.    (Da http://www.amicistoricalancia.it/?q=node/515; Wikipedia).

Lancia Aurelia B24 spider

L’Aurelia diventa l’auto di Ranieri di Monaco, Gary Cooper, Marilyn Monroe, dei Rich&Famous, ‘vestita’ e personalizzata dalle migliori carrozzerie d’Italia. A fine anno ‘54, inizia la produzione della spider B24 Pininfarina, come accennato, con volante a sinistra (poi denominata “America” in quanto pensata soprattutto mirando a quel mercato d’Oltreoceano, essendo i tradizionali clienti Lancia poco sensibili alla velocità). Poche unità prodotte (761 fino al 1958), e con alcune finiture giudicate non nello ‘stile Lancia’, spartane, nel marasma del complesso cambio di gestione e di strategie. L’America resterà irraggiungibile… Enzo Ferrari aveva già guardato a Lancia con ammirazione ed apprezzamento. Era talmente attratto dalla tecnologia della Casa che nel 1952 chiese personalmente a Torino di poter avere presto una Aurelia Coupé. Vanamente. Ferrari scriverà anni dopo, nel suo celebre Le mie gioie terribili:

‘La prima volta che parlai al figlio di Vincenzo Lancia, gli dissi l’amicizia, e soprattutto, l’ammirazione

che avevo portato e conservato per suo padre. Mi immalinconii, però, avvertendo come a lui interessasse di più condurre il discorso sulle ultime realizzazioni che non indugiare sulla grande eredità spirituale e tecnica. Questa impressione dovevo modificarla anni più tardi, quando Gianni Lancia venne a Maranello come cliente. Atletico, abbronzato, sorridente, mi raccontò della vita “fazendera” che conduceva in Brasile e non mi nascose la sua emozione per essere entrato in una fabbrica di automobili tanto tempo dopo aver lasciato la famosa industria che porta il suo nome. Fu una visita gradita, aveva con sé la giovane e bella signora che non esitò a lasciare l’abbagliante vita cinematografica per vivere in realistica serenità con lui, che alle vicissitudini aziendali aveva sommato rinunce affettive. Intuii che per rientrare in una fabbrica d’automobili aveva dovuto forzare il suo carattere’.

Il Mato Grosso costituisce l’ecosistema più ricco del pianeta per la biodiversità della flora e della fauna. La Taiemà, creata da Lancia, aveva un campo d’aviazione (l’aereo lo pilotava lui), una stazione radio e vari confort. Gianni si era innamorato della boscaglia sorvolandola.  A Cuiabà, capitale del Mato Grosso, aveva contrattato sulla mappa la zona dove intendeva stabilirsi. Si dedica all’inizio al commercio di prodotti alimentari in scatola, come il nonno paterno, il cavalier Giuseppe Lancia. Aperto uno spiazzo nella foresta, la sua prima casa fu un capanno. È stato nella fazenda di Taiemà che Gianni, l’ingegnere avventuroso, una sorta di anti-eroe alla Conrad, ha forse vissuto i mesi più caldi della sua storia d’amore con Jacqueline, conosciuta in Brasile.  Proprio in quella regione brasiliana dell’interno l’ingegnere approda, visionario incompreso, con le sue velleità sconfitte, ma con intatto vigore, e da quel momento è praticamente impossibile rintracciare nel web una sua foto, un’apparizione ad un evento sociale, tanto meno un’intervista, una confidenza. Nulla. Assolutamente nulla. Le poche righe di Enzo Ferrari, riferite al 1968 pare, e quelle di Pete Vack – uno scrittore, attore, regista statunitense che incontrò e fotografò da lontano Gianni Lancia nel Mato Grosso – in occasione del decesso, nel 2014:

‘In Brazil Gianni travelled by canoe into the green heart of the Mato Grosso, largely inaccessible by any other means in 1955 … He was no recluse, however, returning regularly to Europe where he still had business dealings, some of which landed him in court in the 1960s when a couple of British banks called in a surety he had provided to a pair of Englishmen involved in a sisal business in Kenya. Gianni got around. At the end of the decade he married again, this time to the French actress Jaqueline Sassard whom he met in Brazil’. (Pete Vack, Gianni Lancia.1924-2014, in https://www.velocetoday.com/gianni).

Un’orgogliosa fuga dal mondo, si potrebbe congetturare – torna in Italia periodicamente, visita la madre Adele, che si spegnerà ultranovantenne nel 1989 e, si suppone, i figli; sarà ancora visto, pluriottantenne, alla guida di una BMW x5 – ma sempre, fino alla propria morte a Torino, il 30 giugno 2014, a quasi 90 anni, tenacemente lontano da ogni luce della ribalta. 

Un giorno imprecisato, negli anni ’80, Gianni lascia il Brasile e va poi a stabilirsi a Saint-Jean-Cap-Ferrat, a 10 chilometri da Nizza. Tale scelta di pur relativa “fuga dal mondo” è stata condivisa, e non per una stagione, ma per la vita intera, dalla seconda moglie, la nota attrice francese, di Nizza, Jacqueline Sassard che, dopo l’ultima pellicola, Les Biches di Claude Chabrol, del 1968, interpretata da protagonista con Jean-Louis Trintignant e Stéphane Audran, fa perdere le tracce di sé. Era stata, tra l’altro, l’attrice protagonista di Guendalina, regia di Alberto Lattuada (1957), di Nata di marzo, di Antonio Pietrangeli (1958), del famoso Estate violenta, di Valerio Zurlini (1959). Quest’ultimo rimarrà innamorato della Sassard fino alla morte precoce, confesserà nelle pagine autobiografiche, Gli anni delle immagini perdute, uscite postume nel 1982. Pure lei, come il marito Gianni, riuscirà a sfuggire sempre gli obiettivi, a fare della sua vita un mistero. Una storia ancora tutta da scrivere, quella tra Gianni e Jacqueline, deceduta a Lugano, in Svizzera, nel 2021, a 81 anni, secondo quanto comunicato dal figlio Lorenzo Lancia.

Scrissi in quell’occasione, il 10.8.2021, un articolo per Barbadillo: ‘Jacqueline Sassard (la belle disparue) ha raggiunto il suo Gianni Lancia. Morte di una stella. A Lugano, il 17 luglio 2021. Cause del decesso non rivelate’.

Nel luglio 2023 il numero uno di Lancia, l’Amministratore Delegato Luca Napolitano, ha aperto le porte del canale di comunicazione dedicato on line. Il primo passo verso il rinascimento del marchio, deciso da Tavares, che nei prossimi anni dovrebbe accogliere (certo, si vedrà, ricordando i tanti Piani ‘fuffa’ di Marchionne…) nella sua gamma ben tre nuovi modelli: la nuova Lancia Ypsilon nel 2024 (l’ultima versione della Y ancora in vendita è l’ennesimo restyling di quella del 2003), la nuova Gamma nel 2026 e la nuova Delta nel 2028. Non saranno comunque ‘vere Lancia’, notano in molti, e non solo perchè partorite al di là di ogni tradizione Lancia, pensate dai vertici ‘globalizzati’ Stellantis, elettriche, secondo il mood prevalente. Forse l’ultima fu la Thema 1984, tempi già Fiat, creazione di Vittorio Ghidella, che a ragione sosteneva che le auto si guidano con il ‘culo’ non con la lingua, oltre a pensare che solo con la finanza (cara a Romiti) non se ne fanno di buone. La ‘nuova Lancia’ è ripartita portando la Y sulle vie di Torino e Milano, dove la piccola cinque porte è stata presentata al pubblico da Luca Napolitano. I teaser han mostrato anteriore e posteriore della nuova compatta Ypsilon, evidenziando linee ispirate ad un modello Lancia: la Stratos di Gandini, assurta a mito dei rallyes anni ’70. Il 14 febbraio c’è stata la sua formale presentazione a Milano (perchè poi Milano e non Torino?). Immagino per Cassina, Furniture and luxury interior Design, giacchè la prima ‘serie limitata’ è appunto la ‘Cassina’, di 1906 (anno nascita Lancia) unità. Si fabbricherà nello stabilimento spagnolo di Figueruelas, piattaforma Stellantis CMP. Seguirà la Y ibrida è stato detto.  Viva la pepa!

(Da https://www.autoblog.it/post/luca-napolitano-ha-aperto-le-porte-di-casa-lancia)

Carlos Tavares, CEO di Stellantis ed il presidente John Jacob Elkann, cercano, intanto, di (continuare a) spillare quattrini al Governo di Roma (i famigerati ‘incentivi’ o una quota capitale)  col solito ricatto della cassa integrazione (già eterna) o chiusura stabilimenti, perché l’auto elettrica, voluta dall’assurdo Accordo di Parigi sul Clima del 2015, poi dagli irresponsabili politici Ue di Bruxelles, forse in parte corrotti dai cinesi (grandi produttori di micidiali pile al litio), certo intortati da tanti petulanti ‘gretini’, ‘scienziati’, ambientalisti, fans della ‘mobilità compatibile’ ecc., ha da noi ben poco mercato per molte ragioni pratiche. Han preso una cantonata epica, non serve, e quasi nessuno compra l’auto elettrica. Ha scritto Riccardo Ruggeri su Zafferano del 10.2.2024:

‘Presidente Meloni, faccia star lontano i risparmi di noi cittadini dal mondo dell’auto. Oggi appare essere una trappola per topi. L’industria dell’auto per cent’anni è stato un business di alto profilo e nobiltà, con mitici personaggi di vertice. Oggi, invece, così come al vertice della politica occidentale, c’è un’alta concentrazione di inetti o di birbanti. Costoro hanno permesso alla Cina di Xi Jinping di diventare, con poche mosse strategiche, padrona assoluta del gioco. Hanno trasformato le nostre istituzioni statali e private o in belle statuine (Ursula von der Leyen) o in marionette (Politici-Azionisti-CEO-Sindacati)’…

Guardo le foto della Lancia Y, in realtà una Peugeot e-208, con un po’ di Citroën C3, un po’ di Opel Corsa ecc. gli altri astri di Stellantis, offerta a 40 mila Euro (!). Mi sento, ripensando alla B24 o alla Lancia D50 di Vittorio Jano e di Gianni – che bambino vidi vincere il GP del Valentino nel marzo 1955, al volante Alberto Ascari – che non sono un ‘inquinatore superato’, attaccato al rombo dei motori come ad un feticcio, ma un vecchio (purtroppo) dispiaciuto di lasciare il tempo ad una manica di sociopatici iperecologisti, animalisti e vegani idiotizzati contro il consumo di carne e combustibili fossili, aedi ‘scordati’ della crisi climatica: sognano bucoliche arcadie perdute, diffondono nuovi dogmi in un tempo senza fedi.

Che crisi non è, ma un cambio ciclico, antico e naturale come la Terra.

@barbadilloit

Gianni Marocco

Gianni Marocco su Barbadillo.it

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