Alla fine Sergei Sobyanin, sindaco di Mosca in carica da tre anni e candidato del partito putiniano Russia Unita, l’ha spuntata senza bisogno del secondo turno: è arrivato al 51,3%, evitando il ballottaggio e precedendo il leader più in vista dell’opposizione, Alexei Navalny, col 27, 24%.
Va detto che se c’è una cosa di cui difficilmente ci si poteva accorgere girando per Mosca, in questo fine settimana, erano le imminenti elezioni municipali. Niente manifesti 6×3, niente volantinaggi, niente cartelloni, affissioni abusive e “santini” infilati sui banconi dei bar e nelle buche delle lettere, insomma niente che ricordi agli italiani l’orizzonte abituale della campagna elettorale. Le elezioni locali non hanno ancora un grande appeal in Russia, anche se non sono mancate le polemiche sia prima del voto (con accuse incrociate di scorrettezze) che dopo (con le consuete denunce di brogli da parte degli sconfitti).
Eppure la “battaglia di Mosca” aveva un’importanza vitale: non solo perché si trattava delle prime elezioni comunali dopo nove anni, ma perché il destino della Russia è da sempre legato a quello della sua capitale. I motivi di questo legame li ha ben elencati alcuni giorni fa l’economista ed ex advisor della campagna di Navalny, Sergei Guriev: Mosca è la più grande città d’Europa (12 milioni di abitanti, più della maggior parte degli Stati del continente), ha un budget equivalente a quello di New York e un reddito pro capite paragonabile a quello della Spagna o dell’Italia. A Mosca batte il cuore della Russia che cresce, e qui si trova anche il nerbo dell’opposizione, di quell’elettorato colto e giovane che tanto affascina i corrispondenti della stampa occidentale, incapacitati a figurarsi un “paese profondo” assai diverso dal panorama iperfuturistico e scintillante che tengono sotto gli occhi dai loro uffici del centro.
Il Cremlino sa che Mosca è troppo importante, per questo ha fatto di tutto per tenere in gioco Navalny dopo la condanna per frode che avrebbe potuto precluderne la candidatura e attirare pesanti sospetti a pochi mesi dal voto. E Navalny su Mosca ha puntato tutto, con una campagna che, secondo le cifre fornite da Guriev sul The Moscow Times, ha mobilitato 15 mila volontari e raccolto la cifra record di 1,5 milioni di dollari da 8 mila donatori diversi.
Molti analisti fanno notare che la percentuale raggiunta dal blogger 37enne è molto superiore a quella accreditata dai sondaggi, ed è probabile che a questa interpretazione si accoderanno gli osservatori stranieri perennemente alla ricerca del fatidico “inizio del declino” di Putin, indicato più o meno in ogni tornata elettorale negli ultimi dieci anni. Sta di fatto che il siberiano Sobyanin, un non moscovita, si trovava a gestire la complessa eredità di Yury Luzkhov (padre-padrone della metropoli nell’età post-sovietica per diciotto anni) più volte al centro di scandali di corruzione, che proprio della lotta alla corruzione Navalny ha fatto il suo cavallo di battaglia da sempre, e soprattutto che lo stesso Navalny si aspettava di più, tanto da dare appuntamento ai suoi supporters per il secondo turno dopo che i primi exit polls lo avevano annunciato al 36,6% contro il 46% del sindaco in carica.
Per certi versi fa più scalpore il rovescio subito da Russia Unita a Yekaterinburg, quarta città della Federazione, dove un attivista candidato per la Piattaforma Civica del miliardario Mikhail Prokhorov si è imposto sul partito di governo. La battaglia di Mosca, in ogni caso, è archiviata. E Vladimir Putin, nel mezzo del braccio di ferro mondiale sulla crisi siriana, non ne esce indebolito.
@barbadilloit