Emmanuel Todd e l’Occidente che voleva stravincere (ma perde) 

La russofobia per l'antropologo, storico, demografo e sociologo francese  

Il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989 rimise in moto la storia, aprendo un vuoto globale e instaurando l’egemonia unipolare degli Stati Uniti, già in una latente crisi sin dal 1980.  L’Occidente consumava la sua identità proprio mentre si espandeva su La grande scacchiera mondiale, per citare il titolo del libro di Zbigniew Brzeziński.

L’erosione del protestantesimo portava l’America, per fasi, dal neoliberalismo al nichilismo. La Gran Bretagna, già colosso della finanza globale, perdeva influenza storica (e senso dell’umorismo). L’UE raggiungeva il grado zero della cultura religiosa, ma la Germania avrebbe potuto sottrarsi al suo destino subalterno, se avesse rinnovato l’asse con la Russia con decisione, anziché esitare…

Così tra 2016 e 2022 il nichilismo occidentale si è fuso con quello ucraino, nato dalla decomposizione della sfera sovietica. Insieme, Nato e Ucraina hanno scelto la rotta di collisione con una Russia stabilizzata, rinata grande potenza, ora conservatrice e quindi rassicurante per il resto del mondo, restio a seguire l’Occidente nella sua avventura caotica e nevrotica.

I capi russi hanno messo in discussione l’arroganza occidentale: sfidando la Nato, hanno invaso l’Ucraina che la Nato voleva inglobare violando accordi dell’era di Bush padre. L’Ucraina si era infatti illusa di sottrarsi alla sfera d’influenza russa proprio quando un suo ruolo di ponte ideale tra Russia e Occidente appariva un meno di una realtà, più di un’utopia.

Mobilitando le risorse di economia critica, sociologia religiosa e antropologia del profondo, il saggista francese Emmanuel Todd, nipote dello scrittore Paul Nizan, ci offre ora un giro del mondo reale, dalla Russia all’Ucraina, dalle ex “democrazie popolari” alla Germania alla Gran Bretagna, alla Scandinavia e agli Stati Uniti, senza dimenticare il resto del mondo, la cui scelta deciderà l’esito della guerra.

Todd suggerisce un’analisi basata su mappe e documenti originali ne La Défaite de l’Occident, titolo che capovolge il Défense de l’Occident della rivista di Maurice Bardèche, tra anni ‘50 e ‘80. Del resto è passato mezzo secolo. Il libro andrebbe letto da  politici, diplomatici, militari e giornalisti, almeno da quei rari che ancora sanno il francese. I suoi primi quattro capitoli sono notevoli per l’analisi della società russa, della società ucraina, dell’emergere della russofobia ambientale e della sua definizione dell’Occidente o meglio dei due Occidenti. Per Todd, Putin non è pazzo. Per Todd, la Russia non intende aggredire l’Europa: il suo quadro di riferimento non è russo, né ucraino. Non dà ragione a nessuno. Cerca di capire. Sa che i giudizi morali riempiono le pagine altrui, non spiegano le dinamiche geopolitiche.

I capitoli successivi del libro lasciano più spazio all’interpretazione, sebbene sostenuti da studi e statistiche. Todd si riallaccia alla realtà che ha sorpreso gli osservatori attenti di questa crisi: l’atteggiamento dei paesi nordici ed ex sovietici, quello della Germania, della Gran Bretagna… Per gli Stati Uniti nessuna sorpresa, ma i capitoli dall’ottavo al decimo gettano ancora una volta luce su situazione ed evoluzione del quadro economico, sociale e culturale, che si concretizzerà presto intorno all’elezione, nel prossimo novembre, del nuovo presidente americano.

Le spiegazioni di Todd utilizzano religione, filiazione, famiglia, tradizioni, cultura, economia, demografia. La sua conclusione  si concentra sul conduttore di questa crisi: gli Stati Uniti, con una proposta interessante e originale. Al lettore scoprirla.

*Emmanuel Todd, La Défaite de l’Occident, Gallimard, pp. 384, euro 22

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