Ryusuke Hanaguchi è un buon regista, magari presuntuoso, che firma Il male non esiste, film a sfondo rurale, di un paese desolato che dovrebbe attrarre turisti dalla capitale solo perché un glamping (crasi tra glamour e camping) è in progetto.
La trama mostra un padre – forse celibe, forse vedovo – con una figlia sui dieci anni. I due vivono a contatto con la natura, ma non paiono allegri: lo diventano ancor meno quando due impiegati arrivano da Tokio per spiegare alla collettiività che il benessere incombe su di loro.
In campagna non sono nemmeno tutti scemi, come pensano in città. I rischi fognari, in primo luogo, vengono opposti ai malcapitati portavoce dei progettisti. I due impiegati, davanti a tanta fermezza, si vergognano…
Il finale non si racconta, soprattutto perché non è chiaro. Il regista, che ha un’idea di sé, non lo spiega né con le immagini, né – con le parole – a chi glielo chiede. Pazienza. Questo è un film notevole, che raffigura una realtà non solo giapponese. Chiedete, in Italia, a chi ha a che fare con gli impiegati della Snam, quando impone servitù di passaggio per i suoi tubi.
Il male non esiste di Ryusuke Hanaguchi, con Hitoshi Omika, Rio Nishikawa, Ryuji Koasak, Ayaka Shibutani, 106′