Ay Sudamerica! Presidenziali in Argentina, il peronismo risorge e va al ballottaggio da favorito

Sergio Massa recupera sull'ultradestra liberista di Javier Milei, si deciderà tutto il 19 novembre

«Clamoroso al Cibali!», si diceva negli anni Ottanta per enfatizzare un risultato inatteso (il Cibali è lo stadio del Catania, allora neopromosso in serie A). Oggi si potrebbe commentare «Clamoroso a Buenos Aires!» per sintetizzare il sorprendente risultato delle elezioni presidenziali in Argentina, dove il sempiterno peronismo era dato per morto, sepolto – anche – sotto il peso di un’inflazione che rasenta il 140% all’anno, e invece con un colpo di coda non solo andrà al ballottaggio con l’ultradestra liberista, aggressiva e un po’ caciarona, ma ci andrà anche in veste di favorito.

Se c’è un chiaro vincitore nelle elezioni di ieri in Argentina è infatti Sergio Massa (in foto), il candidato peronista dal pensiero moderato e dal comportamento calmo e ben poco “caudillesco” che nel giro di due mesi ha saputo recuperare quasi quindici punti percentuali sull’avversario Javier Milei e mettere definitivamente in un cassetto le aspirazioni di Patricia Bullrich, “falco” ultrasecuritario della coalizione di centrodestra Juntos por el Cambio, che nel 2015 riuscì a far eleggere presidente Mauricio Macri. La Bullrich è rimasta fuori dal ballottaggio e ora Massa e Milei si contenderanno le spoglie del suo 23,8% di preferenze.

Massa, portabandiera di Uniòn por la Patria ma anche ministro dell’Economia in carica, si è attestato al 36,6%, staccando nettamente il superfavorito Milei di La Libertad Avanza (29,9%), che aveva trionfato alle Primarie di agosto e nei sondaggi di settembre era dato vicino al 40% delle preferenze. Ora i due candidati presidenti sono attesi da un’accesa campagna elettorale che durerà un mese (il ballottaggio è fissato per il 19 novembre), ma le posizioni sono totalmente cambiate: l’esponente peronista è al centro del ring e gode dell’enorme vantaggio non solo di chi è in testa, ma anche di chi ha recuperato posizioni e quindi fruisce dell’inerzia della rincorsa; Milei invece è finito all’angolo e, continuando nella metafora boxistica, appare come un pugile suonato che cerca disperatamente di riconquistare punti.

Entrambi cercheranno voti nel bacino dei candidati sconfitti (oltre a Bullrich, il peronista “eretico” cordobese Juan Schiaretti, con il 6,7%; e la marxista Myriam Bregman, 2,7%) ma anche tra chi ha votato scheda bianca e fra gli astensionisti (circa il 26% degli aventi diritto). In questo senso il discorso fatto da Sergio Massa quando i risultati non erano ancora definitivi è stato molto chiaro: ha parlato già da presidente di tutti gli argentini, e non da capo di una coalizione, e ha promesso che se vince formerà un governo di unità nazionale nel quale troveranno posto non solo esponenti peronisti, ma anche i “migliori” soggetti delle altre forze politiche. Un’apertura esplicita a quella parte di Juntos por el Cambio poco convinta dalla candidatura di Patricia Bullrich e piuttosto lontana dalle posizioni oltranziste di Milei. E soprattutto un invito a Schiaretti, debole sul territorio nazionale ma fortissimo nella provincia-chiave di Cordoba, di cui è stato anche governatore. E in un’intervista prima delle elezioni, Schiaretti non si era sbilanciato ma aveva dichiarato che non avrebbe mai votato Milei.

Per il candidato libertario, invece, ieri non è stata una bella giornata. In campagna elettorale Javier Milei (in foto) aveva accarezzato l’idea di vincere già al primo turno (in Argentina può succedere se si ottiene il 45% oppure il 40% con dieci punti di distacco sul secondo), ora viceversa è costretto a inseguire. Secondo alcuni analisti politici, il suo programma estremista e il suo atteggiamento aggressivo hanno spaventato molti elettori. «Un conto è dargli il voto di protesta alle Primarie», sottolineava ieri sera un giornalista televisivo, «un altro è votarlo sapendo che la sua elezione avrà delle conseguenze concrete sul futuro del Paese». Così molti argentini hanno preferito scegliere il profilo più istituzionale di Massa e persino nelle alte sfere dell’economia e della finanza, ambienti da sempre distanti dal peronismo, c’era un certo timore per la deriva di La Libertad Avanza.

Una coalizione che usa parole d’ordine di facile presa sugli “arrabbiati” ma assai pericolose: privatizzare scuola e sanità, abolire la banca centrale, adottare il dollaro come moneta nazionale, privatizzare industria e risorse naturali del Paese (leggi cederle a società straniere), chiudere lo storico contenzioso con la Gran Bretagna per le isole Malvinas (cioè riconoscerle britanniche). Persino rendere libero il commercio di organi, perché si tratta di una compravendita come un’altra. Fino agli insulti a Papa Francesco, qualificato come «un imbecille» che «rappresenta il Maligno sulla Terra».

Adesso a Milei restano poche cartucce: se abbassa i toni del dibattito politico rischia di scontentare l’ala più dura dei suoi elettori, se invece continua ad alzare il tiro si gioca gli indecisi e la componente moderata di Juntos por el Cambio, alla quale sta puntando da ieri sera. Per farlo prova la carta della chiamata alle armi in nome dell’anti-kirchnerismo, cioè della frangia più di sinistra del peronismo impersonata dall’ex presidentessa Cristina Fernandez Kirchner, che negli ultimi anni ha perso smalto anche per gli scandali giudiziari in cui è stata coinvolta.

Un’arma che però appare spuntata, perché Sergio Massa è già andato ben al di là della Kirchner, imponendo al movimento una politica meno ideologica e radicale e tenendo l’ingombrante ex presidentessa al di fuori della campagna elettorale. Fra l’altro la vittoria peronista è stata confermata dalla rielezione al primo turno di Alex Kiciloff, presidente uscente della provincia di Buenos Aires, un territorio che dal punto di vista economico ed elettorale vale mezza Argentina; e anche dal ballottaggio conquistato dal giustizialista Santoro nell’elezione del governatore della città di Buenos Aires, da sempre feudo di Juntos por el Cambio (quattro anni fa il candidato di centrodestra aveva vinto la primo turno).

Giorgio Ballario

Giorgio Ballario su Barbadillo.it

Exit mobile version