Draghi, Kalergi e l’Europa alla ricerca di unità

Il politico e filosofo austriaco in seguito naturalizzato francese, propose nel suo primo e più famoso libro, intitolato Paneuropa e pubblicato nel 1923, quella che possiamo considerare la prima idea moderna di Europa unita, incontrando il plauso di personaggi del calibro di Einstein, Freud, Thomas Mann

Mario Draghi

“Ritornando all’idea di una solidarietà europea, domandiamo al conte Coudenhove, su che piano egli crede che tale collaborazione sia necessaria”.

“Nei riguardi di tre principali unità: unità economica, unità di politica estera, nel senso di una politica unitaria delle nazioni europee nei confronti di quelle non europee, infine unità militare. Per un vero risanamento europeo non si saprebbe prescindere dall’intesa delle principali potenze europee su questi tre punti”.

(Da Julius Evola, Paneuropa e Fascismo: colloquio col Conte R.N. Coudenhove Kalergi, in Il Regime Fascista”, 14 maggio 1933).

Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi,politico e filosofo austriaco in seguito naturalizzato francese, propose nel suo primo e più famoso libro, intitolato Paneuropa e pubblicato nel 1923, quella che possiamo considerare la prima idea moderna di Europa unita, incontrando il plauso di personaggi del calibro di Einstein, Freud, Thomas Mann e R. M. Rilke e ispirando al Ministro degli Esteri francese Aristide Briand il progetto di unione federale europea presentatnel 1929 alla Società delle Nazioni con lo scopo dichiarato di impedire un nuovo conflitto mondiale, ma rimasto poi senza seguito. Nel frattempo Kalergi, nelnuovo libro “Idealismo pratico” (1925), aveva precisato la sua concezione di Europa come continente multiculturale e multietnico, riunito in una vera e propria federazione: gli Stati Uniti d’Europa.

Dovrebbe a questo punto essersi attenuata, nel lettore, la probabile sorpresa iniziale per aver visto accostato nel titolo di questo breve intervento – e con la mediazione giornalistica nientemeno che di Julius Evola – il nome di Mario Draghi, moderno campione dell’europeismo, a quello di Kalergi, personaggio a lungo dimenticato e assurto recentemente all’onore delle cronache soltanto a causa di un’interpretazione distorta di alcune sue teorie relative all’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni (cosiddetto “piano Kalergi”).

La visione del politico e filosofo austriaco

Il conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi

I punti centrali della Paneuropa di Kalergi erano i seguenti:

creazione di un’unione federale di tutte le nazioni europee, con un governo centralizzato e una politica estera e di difesa comune, al fine di garantire la pace e la sicurezza nel continente;

promozione dei principi di libertà e democrazia, che avrebbero dovuto essere garantiti a tutti i cittadini europei;

armonico sviluppo economico e sociale di tutte le nazioni del continente, anche attraverso la messa in comune delle loro principali risorse, a partire dal carbone e dall’acciaio di Germania e Francia.

Draghi sullEconomist

Scrive a sua volta Mario Draghi, in un articolo pubblicato lo scorso 6 settembre sull’ “Economist”:

Le strategie che hanno garantito la prosperità e la sicurezza dell’Europa in passato – la dipendenza dall’America per la sicurezza, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia – sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili (…) creare un’unione più stretta si rivelerà, in ultima analisi, l’unico modo per garantire la sicurezza e la prosperità tanto agognate dai cittadini europei”.

Dopo questa digressione geopolitica – peraltro non particolarmente originale – il nostro ex premier aggiunge: “(L’Europa) deve ora affrontare una serie di sfide sovranazionali che richiederanno ingenti investimenti in tempi brevi” ma “non dispone di una strategia federale per finanziarli, né le politiche nazionali possono assumerne il ruolo, poiché le norme europee in materia di bilancio e aiuti di Stato limitano la capacità dei Paesi di agire in modo indipendente”.

Draghi propone dunque una riforma del patto di stabilità e crescita, che attualmente limita la capacità degli Stati membri di spendere; e soprattutto il trasferimento di più poteri di spesa al livello federale, riforma che consentirebbe all’Unione di finanziare gli investimenti necessari per affrontare le sfide globali, fra cui cita, oltre alla digitalizzazione e all’onnipresente transizione ecologica, la difesa comune.

Il processo unitario dell’Ue

E’ passata molta, anzi moltissima acqua sotto i ponti dai tempi di Kalergi, ma – come si vede – i problemi dell’Europa restano sostanzialmente gli stessi. E’ vero, abbiamo fondato prima la Ceca (seguendo, come si è detto, un’intuizione proprio del pensatore franco-austriaco), poi la Cee e infine l’Unione Europea; mal’Europa (anzi Leuropa”, come la definisce ironicamente Lucio Caracciolo sulle pagine di “Limes”)non è oggi più concreta della Paneuropa immaginata negli anni Venti. O meglio, lo è soltanto nei mille lacci e impedimenti immaginati dalla sua onnipresente burocrazia, invariabilmente orientati dai soci di maggioranza.

Non si poteva ovviamente parlare, ai tempi di Kalergi, di ecologia o di informatica: ma la creazione di un vero governo federale, con poteri effettivi in politica estera e di difesa, era allora, come oggi, di estrema attualità. Con l’aggravante che chi ne parlava ai tempipoteva almeno essere definito un ispirato idealista, mentre oggi, dopo il subitaneo aborto della Comunità Europea di Difesa, dopo l’inutile creazione del cosiddetto “Alto Rappresentante” per la politica estera comune (carica che ha visto succedersi personaggi di ben dubbio appeal) e dopo quasi settant’anni di economicistiche schermaglie brussellesi, le parole diDraghi sembrano quasi cadere nel vuoto. E diciamo quasi per carità di patria.

Ci siamo illusi che la “vittoria” nella Guerra Fredda ottenuta per suicidio dell’Unione Sovietica e, comunque, non da noi europei ma semmai dal nostro “patron” americanoci avesse ormai traghettato verso la “fine della storia” predicata da Francis Fukuyama. La pandemia da Covid-19 e il progressivo riorientamento degli interessi di Washington verso l’Indo-Pacifico ci hanno dato un primo avvertimento; la guerra in Ucraina, non troppo importante per gli Stati Uniti ma tale certamente per noi europei, ha infine scoperchiato il vaso di Pandora, mostrandoci senza ombra di dubbio l’inanità della nostra convinzione di essere ormai approdati alle sponde kantiane della “pace perpetua”.

Avremmo forse bisogno di nuove tensioni ideali come quelle del tanto vituperato Kalergi: ma dobbiamo accontentarci della disillusa tecnocrazia dei Draghi di turno, comprendendo ormai che una vera Europa unita ben difficilmente potrà nascere, mentre nuove, gravi faglie politiche, economiche e sociali iniziano a prodursi nel corpo del nostro continente.

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Massimo Lavezzo

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