Il Gruppo 63:  il romanzo sperimentale,  la rivista Quindici.  E baruffe nel condominio letterario

Nel sodalizio guerrieri impotenti, sterilizzati delle doti reazionarie del romanziere. Amebe. Si salva solo Eco con la rosa e il pendolo

Gruppo 63

Nell’ottobre del 1963 a  Solanto, il  dito puntato al mare di Santa Flavia, nel corso di un convegno, nasce il Gruppo 63. Raggruppa alcuni giovani letterati che intendono battagliare gli asfittici alfieri degli anni cinquanta. Si vantano delle vesti nuove che indossano, inconsapevoli di essere  l’ultimo respiro, seppure stentoreo, del neorealismo. E in scia ci sarà l’intervento di  Alberto Asor Rosa che decreta la morte del populismo, imputati Cassola e Pasolini.  Afferma che nel populismo c’è il culto delle tradizioni reazionarie che impediscono il rinnovamento;   anche i democratici onorano la “tradizione nazionale” e si contagiano. L’affondo di Asor Rosa provoca le proteste de l’Unità: il neo realismo è l’unico antagonista alla cultura borghese. 

È necessario uno sguardo all’indietro.  La sconfitta della guerra impone  il pagamento di indennità, e le potenze vincitrici incassano da noi milioni di dollari; tra loro 125 alla Jugoslavia:  quelli delle foibe!  Oltre al risarcimento, i vittoriosi cercano di effettuare uno stupro culturale. L’America opera l’invasione con il bughi bughi, il jazz, la pittura astratta, l’Urss con Zdanov. Noi, eredi di Dante e Manzoni, malconci e abbagliati, subiamo queste irruzioni masticando il chewing gum.

Latore dello zdanovismo è Palmiro Togliatti al rientro dalla Russia; nel suo bagaglio figura anche l’assenso di Stalin alla svolta di Salerno,  primordiale inciucio.  Andrej Zadnov, presidente del Soviet Supremo e fautore del realismo socialista cosa dice?  Per Stalin lo scrittore è un ingegnere dell’anima, e Zdanov aggiunge il collare e il guinzaglio del partito per una narrazione manipolata e atta ad esaltare l’uomo nuovo. No, non quello nietzschiano, non facciamo confusione; è Stachanov, l’eroe del lavoro socialista.   

Nel guazzabuglio retrò, sponsorizzato dagli agitprop  delle cellule, c’è Lukacs che insiste sulla teoria del romanzo. Se non lo nomini non sei un compagno.  Lukacs: “il romanzo è un’epopea borghese”. Ebbene sì, grazie!  E c’è il controcanto di Bachtin: “il romanzo è un’esperienza della rivoluzione umana.” Ma attenzione, scrive Vittorio Strada, il mondo dell’avvenire potrebbe esigere l’estinzione del romanzo. 

Nel nostro Paese vige l’Egemonia Rossa. Quale la ragione della supremazia? Diciamolo, in parte i liberali sono perlopiù bottegai epicurei, affaccendati nei conti. I guardiani del dominio culturale decidono che cosa pubblicare o no. Esempio clamoroso di rifiuto è “Il Gattopardo”, e persino Cesare Pavese viene redarguito perché troppo pietoso con i morti di avversa fede.  Tra gli autori  respinti figurano anche dei disperati che si suicidano.

Gramsci, malgrado la carcerazione, scrive molto, si smarca da Zdanov e partorisce l’intellettuale organico. Erano dei paria, lui li inserisce in una classe intermedia. L’ isolamento obbligato del pensatore sardo è definito da Pasolini “leopardiano”. Dalle ceneri sorge la poesia dell’ideologia. Togliatti ha mitizzato Gramsci solo dopo la sua dipartita, come Stalin con Lenin, naturalmente nella misura adeguata. E si arriva allo scontro Vittorini – Togliatti. Il primo si ritiene libero di non suonare il piffero per la rivoluzione  e il Migliore  lo riprende duramente, lo scomunica. Teatro dello scontro il Politecnico e Rinascita. Gli intellettuali come prendono tutto questo interesse per loro? Abbozzano, fanno i progressisti ma temono che qualcuno metta loro la tuta. 

Italo Calvino nel 1957: la letteratura si divide in avanguardia e impegno. Questo è il gravoso engagement esportato da Sartre, che strozza gli scrittori condannando i lettori alla noia, alla nausea.   Un impegno che comporta lo sporcarsi le mani e giustifica tutto, anche la violenza insita nel comunismo rivoluzionario che Camus non accetta. 

Il Pedullà introduce il morbo di Basedow; la malattia che porta agitazione,  e che conduce allo sperpero, a una frenesia inane, pervade la neoavanguardia letteraria, questa la sua diagnosi. Un eccesso di fare che può tramutarsi in un non fare. Lo stesso disturbo di Ada, la cognata del tabagista Zeno di Svevo.

Tutto questo frulla nella testa dei componenti del Gruppo 63, che si ritengono gli eredi della tracotante sinistra, i nipotini prepotenti e capricciosi. Nel settembre del 1965 si riuniscono a Palermo a fare il bucato.  Poi stenderanno i loro panni nei giornali compiacenti. Si riuniscono in una banca e questo ahimè, per la loro matrice marxista  è un terribile errore freudiano.  È come se l’assemblea degli astemi avvenisse in una enoteca. Le relazioni sono tenute da Barrili e da Guglielmi, poi  il dibattito. Sanguineti in seguito: “l’avanguardia aspira a sottrarre il poeta dalla prostituzione del mercato…”

Nel Giugno del 1967 appare nelle edicole e nelle librerie la rivista Quindici. È un mensile diretto da A. Giuliani, costo 200 e poi 300 lire.  Collaboratori: Arbasino, Balestrini, Guglielmi, Manganelli, Pagliarani… È una rivista di rottura contro il provincialismo della cultura e i suoi estimatori. Nella redazione figurano i membri del Gruppo 63 che fanno, come definito da Eco, guerriglia semiologica. Una controinformazione politica, offrendo la palestra al surrealismo, alla letteratura maledetta, alle nuove esperienze artistiche. Sino a diventare uno strumento delle lotte studentesche, delle quali riportano le occupazioni, gli interventi polizieschi e i documenti. Alle elezioni la rivista si schiera con il Psiup. 

Nel primo numero i propositi: diffondere dubbi, essere un sano elemento di disordine. C’è l’articolo di Sanguineti “La letteratura della crudeltà” e come documento il testo di Novi Mir, rivista sovietica, contro la Neo-Avanguardia. Il numero 7 del febbraio 1968, Potere agli studenti, vanta una tiratura di 25mila copie. Quindici contiene anche inserti tipo: il manifesto a colori della battaglia di Valle Giulia, gli Studenti di Parigi, una foto enorme di Rudi Dutschke a bocca spalancata, il Literarni Listy cecoslovacco in lingua originale, la bandiera Vietcong. La copia del Telegram recapitato per la morte di un congiunto soldato, giocando sulla speculazione dell’emozione affettiva. Il  numero 5 è dedicato a Che Guevara, alla sua morte. E c’è la poesia di Gunter Grass sul Napalm. 

I titoli: Teologia della Rivoluzione, Forza Giap. L’ammonimento: “Chi acquista prodotti americani finanzia la guerra in Vietnam. Fate l’amore non la spesa”. Alle volte sembra che questi giovani professori si divertano a fare gli studenti con slogan grossolani, goliardici. Si erano ripromessi di essere parziali ma sono di una parzialità politica feroce. Quindici diventa la culla di un aristocratico zibaldone di sinistra alle volte anche illeggibile, come Moravia lamenta per certi libri. Lo sperimentalismo, con le parole poste a caso, è tramandato oggi a noi con la fallace scrittura automatica del telefonino.

Nel 1969 Quindici scompare forse per una crisi che non concede preavvisi. A discapito degli eccitanti orizzonti dati dalle avanguardie artistiche la società dei consumi ha il sopravvento, trionfa. Travolge partiti e sindacati. Al desiderio di rinunciare all’autoritarismo dei professori, e persino alla cultura si oppone la creazione di uno spazio nuovo, alternativo, che non giunge. Eco: “Non chiedermi com’è e cos’è. Non lo so.” È la resa criptica a una disfatta comprensibile. Impossibile resistere al formaggio posto nella trappola: tutti topi! Tra i topi ci sono gli hobos di Steinbeck a confermare l’avvenuta trasmigrazione invasiva.

I componenti del Gruppo 63 sono dei guerrieri impotenti, evirati dall’impegno politico, sterilizzati delle doti reazionarie del romanziere. Amebe. Si salva solo Eco con la rosa e il pendolo. 

Cerco un sorso d’acqua fresca e trovo Pratolini con la sua saga popolare. Le ragazze di San Frediano hanno attraversato i tempi senza il bisogno di abiure e anatemi.  E c’è un miscuglio di amore, odio… Insomma, con lui la vita è vita!

@barbadilloit  

Gianfranco Andorno

Gianfranco Andorno su Barbadillo.it

Exit mobile version