L’intervento. Con Marcello De Angelis e la ricerca della verità su Bologna

Dubbi sull'esito processuale delle inchieste sulla strage sono stati espressi da personalità estranee alla destra come Sergio d’Elia, Oliviero Toscani, Luigi Manconi, Giovanni Minoli, Marco Taradash, Sandro Curzi

Marcello De Angelis
Marcello De Angelis

No, non sempre si può stare in silenzio. Non sempre si può tendere al compromesso. Di fronte a una gogna mediatica di tale livello e dinanzi all’imperialismo culturale e morale, bisogna alzarsi in piedi e dire che no, non è tollerabile che ci siano attacchi di tale violenza per il semplice fatto di aver pronunciato una propria opinione.

Quello che ci sta arrogantemente passando sopra le teste – e che sta violentemente colpendo Marcello de Angelis – è un tentativo più che chiaro di livellare qualsiasi dibattito, eliminare lo spirito critico e azzerare la libertà di pensiero.

No, non sto esagerando. E sinceramente qualcuno penserà che non me lo faccia fare nessuno di prendere posizione riguardo a questa vicenda che tiene banco – del tutto indecentemente – da qualche giorno.

Perché sì, se da una parte è vero che non è necessario dire la propria su ogni argomento e su ogni caso del momento, dall’altra è, oggi più che mai, vero che non si può tacere di fronte a degli attacchi legittimati dalla presunta superiorità morale dei puri.

È assurdo che a oggi si possa anche solo pensare – non solo richiedere – che sia condannato alla morte politica, lavorativa e culturale chiunque esprima una determinata opinione.

Noi non siamo solo amministratori o burocrati di partito. Siamo, almeno nelle intenzioni, coloro che perseguono la metapolitica. Indagine, dialettica e processo analitico devono essere allo stesso tempo strumenti e fini dei soggetti costruttori di società nuove. E pensare di accettare in silenzio la limitazione del pensiero – si badi bene, che sia di sinistra o di destra non c’entra – e allo stesso tempo cianciare di metapolitica significa non aver capito bene quale percorso debba essere avviato.

C’è voluto del tempo per capire la portata di quanto stia accadendo. Non voglio entrare nel merito della questione: mi limito a ricordare che però, di fronte a un’ignobile semplificazione odierna – che fa del male a tutti, anche alla memoria – ci sono decenni di confronti, scontri, indagini, depistaggi, affermazioni e ritrattazioni. E mi sembra anche offensivo – ma devo farlo – dell’onestà intellettuale di chi sta a leggere questo post mettere in evidenza che, a firmare l’appello del comitato “E se fossero innocenti” negli anni ‘90 comparivano nomi quali – tra i tanti altri – Sergio d’Elia, Oliviero Toscani, Luigi Manconi, Giovanni Minoli, Marco Taradash, Sandro Curzi.

Questo per dire che ritenere che la semplificazione sia utile alla democrazia è una menzogna. Quanto sta accadendo non è per spirito di verità, ma per uso e consumo dello scontro partitico e politico.

Per essere chiari. Qualsiasi richiesta di dimissioni proveniente dal campo della destra sarebbe un errore storico. Sarebbe un male per la democrazia. Condannare l’opinione di una persona è roba da Stato totalitario. E a dire di quanto tutto questo sia pericoloso è stato anche Piero Sansonetti, direttore de L’Unità, in un coraggioso videomessaggio.

Dobbiamo alzarci in piedi e dire che no, a questo gioco non bisogna starci. E che sì, Marcello De Angelis deve rimanere al suo posto, deve continuare a raccontare per l’Italia il suo legittimo pensiero e che, altrettanto legittimamente, si potrà non essere d’accordo con lui.

Ma non si crei un precedente. Non si caschi nel gioco dello scandalo, prontamente gridato dai signori del moralismo con la scusa della solidarietà alla vittime.

Ecco, dovevamo e dobbiamo affermarlo. Va detto. È diritto di ognuno esprimere la propria opinione, anche se non ci piace, anche se è scomodo. È amore per la verità.

*consogliere comunale di Quartu Sant’Elena

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Michele Pisano

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