Immigrazione. Nel Piano Mattei l’obbligo per i detenuti stranieri di scontare la pena nei paesi d’origine

Il vantaggio potrebbe essere di varia indole. Innanzitutto si risolverebbe il problema delle carceri, fenomeno drammatico non solo per i detenuti, ma per gli stessi agenti di custodia, sottoposti a un lavoro stressante e gravido di responsabilità

Giorgia Meloni

Leggo con sempre maggior frequenza articoli laudativi del “piano Mattei” per l’Africa perseguito da Giorgia Meloni. Anche Pasquale Ciaccio su questo sito ne ha parlato con serietà e competenza. Premetto di non nutrire molta simpatia nei confronti di Enrico Mattei (l’imprenditore, non l’omonimo grande direttore della “Nazione”, acerrimo nemico del centrosinistra, dai cui editoriali La Pira assimilai in tenera età la passione per il giornalismo). Chi dalla destra sovranista lo apprezza come una sorta di reincarnazione (lui partigiano cattolico) della Buonanima 1 (la Buonanima 2 ormai è Berlusconi) intento a brandire una pompa di benzina al posto della spada dell’Islam dimentica che il suo appoggio ai terroristi dell’Fln algerino fu ingeneroso nei confronti della Francia e che egli all’interno della politica italiana fu soprattutto un grande corruttore. È vero che qualche briciola delle plusvalenze dell’Eni andò anche al Msi (e ancora negli anni Settanta la stampa satirica del Pci faceva uscire nelle vignette una fiamma tricolore dalle fauci del cane a sei zampe). È vero che ebbe un buon rapporto col governo Tambroni, che in cambio abbassò il prezzo della benzina. Ma il quotidiano da lui fondato, “Il Giorno”, con faraonici benefit per i direttori, fu la mosca cocchiera del centrosinistra, tanto che nella Milano degli anni Sessanta e dei primi Settanta si diceva che “c’è una differenza come fra il Giorno e la Notte” alludendo al giornale dell’Eni da un lato, alla “Notte” del grande Nino Nutrizio dall’altra.
Detto questo, penso che sia doveroso occuparsi dell’Africa, perché se non ce ne occupiamo ora noi, sarà prima o poi l’Africa a occuparsi di noi. Anzi, più prima che poi, visto che con i sempre meno contrastati e purtroppo contrastabili flussi migratorio, il Sud del mondo sta entrando in casa nostra.
Detto questo, se avessi voce in capitolo, mi permetterei di suggerire alla Premier un codicillo da allegare agli accordi: non più la possibilità, ma l’obbligatorietà per i detenuti stranieri di scontare la pena nelle carceri della nazione d’origine, anche a costo di erogare alla nazione ospite una somma, ovviamente inferiore, visto il diverso costo della vita, a quanto dovremmo spendere per mantenerlo nelle nostre carceri.
Il vantaggio potrebbe essere di varia indole. Innanzitutto si risolverebbe il problema delle carceri, fenomeno drammatico non solo per i detenuti, ma per gli stessi agenti di custodia, sottoposti a un lavoro stressante e gravido di responsabilità. In secondo luogo, lo Stato risparmierebbe soldi che potrebbero essere utilizzati anche per ristrutturare l’edilizia penitenziaria e umanizzare i luoghi di detenzione. In terzo luogo, i detenuti stranieri smetterebbero di lamentarsi per le cattive condizioni di vita in cella, anche perché si renderebbero conto che le prigioni italiane, pur con tutti i loro difetti, sono molto migliori di quelle dei loro paesi di provenienza, e prima di spacciare droga, di violentare o molestare sessualmente, di scippare e magari di aggredire le forze dell’ordine e in particolare gli agenti di custodia, ci penserebbero venti volte.
So che ostacoli di indole giuridica si frappongono alla realizzazione di questo sogno, ma un pensierino io ce lo farei comunque, su questa modesta proposta per non morire.

@barbadilloit

Enrico Nistri

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