Ucraina. Le bombe a grappolo (c’erano dal 2014) e il diritto internazionale umanitario

Siamo ora di fronte, con il caso delle bombe a grappolo, a un nuovo passo in direzione dello svuotamento del diritto internazionale, paragonabile per gravità e ipocrisia a quello del mandato d’arresto per Putin, ma di carattere ben più letale per la vita delle persone

Bombe a grappolo

Quel cadavere che l’anno scorso piantasti nel giardino,

ha cominciato a germogliare? Fiorirà quest’anno?

(Thomas Stearns Eliot, “La terra desolata”, trad.it., 1922)

“Durante un’indagine di una settimana nell’Ucraina orientale, Human Rights Watch ha documentato l’utilizzo diffuso di munizioni a grappolo nei combattimenti tra le forze governative e i ribelli filo-russi in più di una dozzina di località urbane e rurali. Mentre non è stato possibile determinare in modo definitivo la responsabilità di molti degli attacchi, le prove indicano la responsabilità delle forze governative ucraine per diversi attacchi con munizioni a grappolo su Donetsk. Un dipendente del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) è stato ucciso il 2 ottobre 2014 in un attacco a Donetsk che includeva l’uso di razzi con munizioni a grappolo”. Così un comunicato emesso il 20 ottobre 2014 da Human Rights Watch (HRW), autorevole ONG tutt’altro che filorussa.

Niente di troppo strano, a pensarci bene, se consideriamo che l’Ucraina non ha mai ratificato la Convenzione ONU contro le bombe a grappolo, armi terribili il cui effetto è la dispersione di centinaia o addirittura migliaia di submunizioni, che possono esplodere a terra o in aria, investendo persone, veicoli e strutture, oppure rimanere inesplose anche per anni, rappresentando una grave minaccia per i civili. La convenzione, adottata il 30 maggio 2008, è entrata in vigore il 1º agosto 2010; a luglio 2023 risulta ratificata da 111 Paesi tra cui l’Italia, ma Kiev si trova decisamente in buona compagnia se pensiamo che fra i “non ratificanti” vi sono Paesi come Cina, India, Israele, Pakistan, Brasile e, ça va sans dire, Russia e Stati Uniti. 

Anche durante il conflitto attualmente in corso, HRW ha denunciato un ampio uso di bombe a grappolo sia da parte ucraina che da parte russa, documentando attacchi a civili e infrastrutture non militari: anche se la deplorazione internazionale è stata riservata, com’era da aspettarsi, esclusivamente a Mosca. 

A sua volta Washington, nel decidere alcuni giorni fa di fornire nuove munizioni a grappolo a Kiev (che aveva evidentemente terminato le ampie scorte acquistate negli anni passati anche da vari Paesi “ratificanti”, come Francia e Germania), ha fatto presente, per bocca di Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza Nazionale, che “l’autorità morale degli Stati Uniti non è compromessa dalla fornitura di bombe a grappolo all’Ucraina, perché entrambi i Paesi non fanno parte del trattato che ne vieta l’utilizzo e gli Usa stanno aiutando l’Ucraina a difendersi”; mentre la Russia le ha usate “fin dal primo giorno di guerra”.

Insomma, secondo Sullivan non solo la decisione americana non procura alcun “vulnus” al diritto internazionale, dato che gli Usa e l’Ucraina non sono parte della convenzione citata; ma anzi Washington la considera un atto moralmente giustificato, in quanto finalizzato alla difesa di un Paese aggredito. Eppure, negli stessi Stati Uniti è in vigore una legge federale che vieta il commercio e la cessione di bombe a grappolo ad altri Paesi (ma il Presidente può superare il divieto optando per munizioni con una percentuale di “inesplosi” più bassa e dunque considerate, ironia della sorte, più sicure per i civili); né vi è dubbio che l’uso di bombe a grappolo sia del tutto contrario ai principi generali del diritto internazionale umanitario.

In realtà, niente di nuovo sotto il sole: Stati Uniti che, anche in questo caso più che dubbio, si ritengono non imputabili in quanto, nella loro visione eccezionalistica, “guida morale” del mondo intero; rimostranze di maniera espresse da alcuni Paesi occidentali fra cui l’Italia (la cui voce si è, a dire il vero, distinta per flebilità); e, soprattutto, perdurante “double standard” applicato dai governi e dai media occidentali nei confronti della, pur più che colpevole, Federazione Russa.

Abbiamo già commentato alcuni mesi fa, su queste pagine, il mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del Presidente della Federazione Russa per il crimine di deportazione illegale di minori. Un atto che ha aperto, per un osservatore intellettualmente onesto, una serie di gravi questioni sulla stessa credibilità della Corte, la quale ha incriminato il Capo di uno Stato, la Russia, che non ne ha mai ratificato lo Statuto, e per crimini che sarebbero stati commessi sul territorio di uno Stato, l’Ucraina, anch’esso estraneo alla Corte ma che ne ha incredibilmente accettato la giurisdizione limitatamente ai reati commessi dall’avversario. La decisione, poi, ha ricevuto il plauso, oltre che dell’intero sistema politico-mediatico occidentale, degli Stati Uniti, che non hanno però aderito alla Corte proprio per evitare che un organo giurisdizionale autonomo potesse avere autorità nei confronti dei loro militari e, naturalmente, del loro “Comandante in capo”.

Siamo ora di fronte, con il caso delle bombe a grappolo, a un nuovo passo in direzione dello svuotamento del diritto internazionale, paragonabile per gravità e ipocrisia a quello del mandato d’arresto per Putin, ma di carattere ben più letale per la vita delle persone. 

Per tornare al poema del grande anglo-statunitense Thomas Stearns Eliot con cui abbiamo voluto aprire questo breve articolo, crediamo purtroppo che, per molti decenni a venire, l’Ucraina resterà una “waste land” materiale e la Russia, quanto meno, una “waste land” umana e morale. Riguardo all’Occidente schierato dietro la bandiera a stelle e strisce, la sua triste volontà di potenza e l’applicazione incerta e selettiva del frusto concetto di “ordine basato sulle regole” (ne abbiamo mostrato due esempi, ma se ne potrebbero fare molti altri) rischiano di delegittimarlo sempre di più di fronte a quei due terzi del mondo che non si riconoscono nel suo “way of life”.

Terribili risultati di una guerra sciagurata, in cui le motivazioni ideali ricoprono, ancor più che in altre, e per entrambe le parti, la funzione di tragica e inutile foglia di fico.

@barbadilloit

Massimo Lavezzo

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