“Il lavoro della diplomazia vaticana per la pace in Ucraina”

Lo scrittore Fernando Adonia spiega le posizioni di Papa Francesco sulla guerra e la visione geopolitica del Vaticano

Il dramma di Caino e Abele, di Fernando Adonia

Fernando Adonia, si discute anche nel suo saggio –Il dramma di Caino e Abele. Papa Francesco e la guerra tra russi e ucraini”, edito da Algra – di Chiesa e contesto bellico. In passato che ruolo ha svolto la diplomazia vaticana?

“Dal punto di vista della Santa Sede, quanto accaduto il 24 febbraio dello scorso hanno è sì una tragedia, ma prevedibile. Nel senso che, ed è nero su bianco nei bollettini diffusi dalla sala stampa e consultabili facilmente in rete, ogni qualvolta Papa Francesco ha incontrato i leader russi e ucraini, ha chiesto loro il rispetto dei trattati di Minsk circa il conflitto in Donbass un chiaro impegno per la pace. Lo ha chiesto a Putin. Lo ha chiesto a Zelensky. Lo ha chiesto addirittura a Kirill II, il patriarca della Chiesa di Mosca”.

Quando?

“Durante lo storico incontro di L’Avana, nel 2016, nel firmare una dichiarazione comune dal valore particolarmente importante, entrambi hanno proclamato un chiaro desiderio di pace per la nazione Ucraina. Insomma, Papa Francesco, in tempi non sospetti, si è mosso come ha potuto per evitare che il conflitto esplodesse. E lo ha fatto con gli strumenti e le intenzioni della Chiesa del Ventesimo secolo, entità che «dall’inutile strage» di Benedetto XV ha deciso per una irrevocabile posizione di condanna al ricorso alle armi, confermata non soltanto dal Vaticano II, ma di rimando dalla quella proliferazione inquietante di armi scientifiche che ha messo l’interno mondo in pericolo”.   

Nell’attuale confronto ci sono state una serie di eventi che fotografano il ruolo diplomatico della Santa sede. Possiamo ricostruirne qualcuno, a partire dall’incontro tra Bergoglio e l’ambasciatore russo della Santa Sede?

“Sotto il profilo diplomatico, c’è sicuramente il gesto inedito di un papa che si presenta in una ambasciata a bordo di una Fiat 500. Mai era successo prima. Un gesto che lo stesso Francesco ha spiegato essere stato dettato dalla volontà di chiarire plasticamente il dolore per l’avvio delle ostilità. Al netto di ciò, dal febbraio 2022, il papa ha tentato di tenere aperti tutti i canali disponibili e con tutti gli attori di questo conflitto. Il recente incontro a Roma con il presidente ucraino, sebbene abbia marcato una distanza siderale nella strategie dei due per arrivare alla fine della guerra, rappresenta la volontà di non voler cedere alla rassegnazione. L’annunzio recentissimo di una missione a Kiev capitanata dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, va in una direzione interessante. Mi contente di aggiungere una cosa, però?”.

Prego…

“La diplomazia Vaticana è sempre al lavoro, nel frattempo però il Papa ha compiuto un gesto di portata epocale, consacrando Russia e Ucraina al cuore Immacolato di Maria. Un atto che non solo attiva il livello metafisico dell’intera vicenda, andando oltre al già complicato piano politico, ma segnala il profondo legame degli eventi in atto con i drammi che hanno attraversato l’intero Novecento”.

In una intervista il Papa ha anche criticato con una perifrasi forte il ruolo della Nato alle porte della Russia…

“Non una, bensì tre volte, il Bergoglio ha accennato all’«abbaiare della Nato ai confini della Russia». Un’uscita che, lo scorso maggio, ha fatto saltare dalla sedia quanti graniticamente non vedevano altra soluzione se non l’esclusivo invio di armi all’Ucraina. Evidentemente, l’allargamento a Est della Nato dagli anni Duemila in poi, ha messo in allarme la sicurezza russa fino agli eventi che drammaticamente stiamo vivendo. Dal punto di vista del Papa, dichiarare tanto, non si significa schierarsi con Putin. Significa accettare che una guerra, seppur ripugnante come Bergoglio ha ricordato, ha delle cause. Senza sondare le cause, non si può arrivare alla soluzione di un conflitto e all’instaurazione di una pace che sia nella giustizia”.

Qual è il punto d’equilibrio?

“Il vero dramma è che gli equilibri globali figli della Seconda guerra mondiale e, soprattutto, del collasso dell’Urss, non stanno più reggendo. Dal 2014, Bergoglio afferma che è in corso la Terza guerra mondiale a pezzi, con i tutti i conflitti in corso in certo qual modo connessi tra loro. La Guerra in Ucraina, all’interno di questo quadro, rappresenta la saldatura di tutte queste guerre. Non è dunque una guerra regionale. E neanche tra buoni contro cattivi. Altrimenti, non si spiegherebbe la postura del blocco euro-atlantico”.

A che punto e’ la diplomazia vaticana nel conflitto, obbligata alla equidistanza?

“Equidistanza ed equivicinza, sono state utilizzate entrambe queste due formule. Il Vaticano vuole la Pace. E per ottenerla sa che non può chiudere alcun canale di dialogo e non schierarsi che nessuno, se non per gli innocenti. In ogni occasione pubblica, Francesco chiede di pregare per la «martoriata ucraina». Al popolo ucraino ha dedicato una lettera dai toni accorati e drammatici, una lettera di sostegno. Allo stesso tempo, però, non ha fatto mancare le preghiere per le madri di quei soldati russi mandati al fronte. Benché capo di Stato, il Papa è un leader religioso e, nello specifico, un religioso, un gesuita. Un uomo con una chiara missione spirituale in testa, da mandare avanti anche al netto delle incomprensioni”.

I rapporti della chiesa cattolica con Kirill e con la chiesa autoctona Ucraina vicina al patriarca Bartolomeo?

“Ha ragione padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica,  quando dice che la tragedia ucraina è una tragedia cristiana. Da anni le chiese ucraine, mi riferisco all’Ortodossia, vivono una profonda lacerazione. Dal 2019, una parte della chiesa Ucraina non è più in Comunione con Mosca. Uno scisma riconosciuto da Costantinopoli, che ha accordato a Kiev l’autocefalia. È come se, anche le chiese, da tempo, siano divenute ingredienti di discordia politica. Il vero dramma è che Russia e Ucraina sono due nazioni sorelle, sorelle nella fede. Quanto accade genera pena. Davanti a ciò, la minoranza greco-cattolica, in comunione con Roma, non può fare che chiedere unità e sostenere Francesco nella sua missione. Missione che, ed è emerso più volte, i cattolici d’Ucraina spesso fanno fatica ad accettare”.

Il viaggio a Kiev e Mosca. Se ne parla…

“Il papa non vede altra soluzione. Andare contemporaneamente in entrambe le capitali europee. Optare per una sola di esse, significherebbe lasciare un messaggio di squilibrio, di adesione alle linee dell’uno o dell’altro governo. Un passo falso che il pontefice non vuole commettere, perché implicitamente significherebbe il prolungarsi delle sofferenze di tanti. Quando ci saranno le condizioni, il Papa partirà. E sarà un grande momento non solo per la storia di questo conflitto, per l’intera storia del Cristianesimo”.

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Eric Cantona

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